"Devo
dire grazie a tutte le belle persone che ho conosciuto in occasione
di questo film all'intero gruppo di lavoro che lo ha reso possibile,
a Rai Cinema; con loro condivido la gioia di ricevere questo premio.
Ringrazio la città di Barletta, i familiari delle donne che non ci
sono più e Mariella Fasanella, che con la sua testimonianza ha
illuminato la strada del racconto. A tutti loro, e ai tanti che ogni
giorno cercano di migliorare lo stato delle cose, dedico questo
premio": queste le parole di Costanza Quatriglio, regista
palermitana che con Triangle ha vinto il Nastro d'Argento 2015 per il
miglior documentario nella categoria cinema del reale, assegnato dal
Sindacato nazionale giornalisti cinematografici italiani.
L'Associazione
per i Diritti Umani ha intervistato per voi Costanza Quatriglio. La
ringraziamo molto per la sua disponibilità.
Il
passaggio da New York a Barletta è stato dato da un'intuizione:
quella di poter collegare - da un punto di vista drammaturgico –
due eventi, distanti tra loro di un secolo, ovvero l'incendio della
fabbrica “Triangle” nel 1911 a New York in cui a morire furono
146 delle operaie che lavoravano sotto padrone in un'epoca in cui si
stavano stabilendo le nuove regole dell'oppressione sociale, e poi il
crollo della palazzina di Barletta, nel 2011, in cui le operaie morte
furono cinque donne che facevano lo stesso lavoro di cento anni
prima, in un buco e al nero, cioè senza alcun contratto tutelativo.
Attraverso
questo racconto parallelo ho raccontato la crisi di un sistema: da un
lato abbiamo la promessa di un nuovo secolo, della modernità con la
grande città che si erge in verticale fino a toccare il cielo e il
dio denato, dall'altra parte abbiamo una palazzina che si sgretola e
con quel palazzo crolla un sistema intero.
Come
si è documentata per questo lavoro?
Ho
lavorato tantissimo in termini di studio e ho capito di avere di
fronte una strada molto importante. Mi sono documentata sulle regole
del lavoro e ho capito, per esempio, quanto la metrica del lavoro di
ieri e di oggi non siano tanto distanti: la donna operaia che lavora
oggi a Barletta sulla macchina deve sottostare alle stesse regole di
un secolo fa. Le regole sulla macchina sono le stesse e quello che
cambia è il contesto: prima la schiavitù degli operai diventava
nutrimento per una lotta di classe, mentre oggi la schiavitù è
talmente interiorizzata che è nutrimento di se stessa.
Oggi,
inoltre, la filiera è frammentata per cui non c'è il conflitto di
classe: il datore di lavoro diretto delle persone che sono morte
sotto le macerie di Barletta è una persona che subisce, a sua volta,
la frammentazione per cui condivide, con gli operai, la condizione
disperata.
La
sua, quindi, è un'analisi e una critica della post-globalizzazione?
Si
tratta di un'analisi della condizione esistenziale e materiale degli
esseri umani in epoca post-globalizzazione. E' come se si fosse
smarrito l'essere umano e questo suo smarrimento deriva anche dal
fatto che non si ha più percezione dei propri diritti. Questa
mancanza va insieme alla mancanza di percezione dei propri bisogni:
se non mi rendo conto della possibilità di vivere diversamente, io
non lotterò mai per proteggere i miei diritti.
E
vorrei fare una distinzione tra bisogni e diritti perchè: il diritto
lo riconoscono gli altri (l'ordinamento, le istituzioni), mentre il
bisogno è qualcosa di profondamente individuale e collettivo,
appartiene all'essere umano in quanto tale.
Nel
film fai anche riferimento ad alcune lotte che sono state fatte per
la sicurezza sul lavoro: ce ne puoi parlare?
In
realtà si tratta di quegli episodi che si sono succeduti a New York
dopo l'incendio alla “Triangle” perchè il movimento operaio si è
molto galvanizzato e ha ottenuto alcune conquiste come, ad esempio,
le fireproof, le porte antincendio. Cose semplici, ma importanti
anche perchè le donne erano chiuse a chiave dai datori di
lavoro...Tutto questo, però, è arrivato molto lentamente.
Il
tema del lavoro è un argomento a lei molto caro...
Ho
messo a fuoco, negli ultimi tempi, che il tema del lavoro è stato
uno dei miei temi-cardine fin dall'inizio, solo che adesso è
macroscopico.
Anche
ne L'isola, in
fondo, i due protagonisti sono due ragazzini (soprattutto il maschio)
che cercano l'identità attraverso il lavoro.
Ho
sempre considerato il lavoro come un'espressione e un veicolo per
costruire il Sè, quindi anche dove sembra che il tema sia un altro,
quello del lavoro torna sempre, ma declinato a seconda delle fasi
della vita. Con Triangle
credo di aver chiuso un cerchio.