Partiamo
dall' ISEE. Di cosa si tratta? Dell'Indicatore della situazione
economica equivalente: la sua revisione rischia di sfavorire, in
particolare, le persone affette da grave disabilità. La
dichiarazione Isee è indispensabile per l’accesso a prestazioni
sociali
agevolate e aiuti per le situazioni di bisogno. Le novità sono entrate in vigore solo a inizio 2015, dopo che a novembre un decreto del ministero del Lavoro ha predisposto i nuovi modelli per la dichiarazione sostitutiva unica (Dsu) a fine Isee e tali novità sono state inserite per evitare elusioni
e abusi,
ma
diverse associazioni hanno presentato tre ricorsi
al Tar,
la cui sentenza è attesa a breve.
Gli
aspetti della riforma dell'ISEE più criticati riguardano, prima di
tutto, i contributi:
sebbene
il decreto del 2013 prevedesse di prendere in considerazione tutti i
trattamenti
pensionistici,
le indennità
e gli assegni
percepiti, il modello approvato a dicembre indica, invece, solo gli
aiuti erogati dall’Inps, come le pensioni
di invalidità
e le indennità di accompagnamento. Rimangono, così, esclusi nel
computo del reddito i contributi erogati dagli enti locali, come per
esempio quelli per la rimozione delle barriere
architettoniche,
per i progetti di vita indipendente, per il trasporto o la
social card, tutti cambiamenti che andrebbero nella direzione del
miglioramento della qualità della vita delle persone disabili.
“E’
assurdo dal punto di vista giuridico che tali entrate vengano
equiparate al reddito da lavoro – sostiene Silvana
Giovannini,
referente del coordinamento Disabili
Isee No Grazie
-. Disabilità e lavoro sono la stessa cosa?”.
Altro
punto critico riguarda il tetto da 5mila euro per le spese che si
possono detrarre nel calcolo dell’Isee, come quelle mediche o per
l’acquisto di cani
guida.
“Anche questa è una illegittimità palese – continua la Sig.ra
Giovannini: “Una persona disabile di solito è costretta dalle sue
condizioni a cure particolari e costose”. Per la richiesta di
prestazioni sociosanitarie il nuovo Isee dà poi la possibilità ai
disabili maggiorenni,
senza coniuge e senza figli, che vivano con i genitori, di indicare
un nucleo familiare ristretto, composto dalla sola persona con
disabilità senza i genitori. Un vantaggio che non hanno, invece, i
disabili minorenni e quelli anziani, che nel calcolo del loro reddito
devono considerare anche quello di coniugi e figli non conviventi.
“Se parliamo di non autosufficienza – sostiene Giovannini – non
fa differenza essere minorenni o meno. Perché un disabile minorenne
o anziano devono essere penalizzati? Non si possono considerare in
modo diverso stati di disabilità identici”.
Le
associazioni che si sono rivolte al Tar si battono anche per
l’innalzamento delle soglie di accesso alle prestazioni sociali
agevolate presso gli enti locali altrimenti si rischia l’esclusione
dai servizi essenziali di persone in uno stato di povertà e con
disabilità gravi.