In
occasione della giornata del Primo Marzo, che consacra lo sciopero
dei migranti lavoratori, vi proponiamo le parole di Maurizio
Ambrosini durante una conversazione che L'Associazione per i Diritti
Umani ha avuto in occasione del suo saggio dal titolo Non
passa lo straniero. Le politiche migratorie tra sovranità nazionale
e diritti umani, Cittadella editrice.
Più
tardi pubblicheremo gli interventi video della
manifestazione in Piazza Duomo, a Milano.
Ecco le
parole del Prof. Ambrosini che ringraziamo:
“La
società è sempre più variegata e plurale: matrimoni misti, classi
scolastiche multietniche, anziani assistiti da persone straniere, ma
questa integrazione nei fatti stenta a diventare un'integrazione
culturale e, ancora di più, politica.
Il
passaggio, che sta avvenendo con fatica e che ci è richiesto con
maggiore consapevolezza, è la visione multietnica dell'italianità:
un domani - che piaccia o no e pur mantenendo le leggi attuali –
avremo italiani con gli occhi a mandorla, italiani di pelle scura,
italiani di religione islamica. L'“essere italiani” si sta
sganciando da una vera o presunta omogeneità etnica e culturale per
diventare un fatto di convivenza e un fatto di scelta...
L'integrazione
degli immigrati e dei rifugiati è sempre locale: le persone si
integrano nel luogo dove vivono e lavorano, dove si sposano e mettono
al mondo i figli. Le istituzioni nazionali, quindi, hanno la
responsabilità di determinare i confini: sia quelli fisici (le
possibilità di accesso al territorio) sia quelli simbilici (come, ad
esempio, la cittadinanza). Superati questi ostacli, si tratta di
dotare di sufficeinti risorse gli enti locali e prevedere che tasse e
contributi – versati dagli immigrati – abbiano dei benefici
tangibili anche sulla finanza locale.
Oggi gli
immigrati, dal punto di vista fiscale e previdenziale, sono un buon
affare per lo Stato che incamera contributi sul loro lavoro. Gli
immigrati arrivano che sono già adulti, di solito, per cui non
comportano costi di socializzazione; non sono ancora anziani e
malati, per cui sono nella fascia attiva. Più di due milioni di
immigrati lavorano regolarmente e pagano le tasse, mentre i costi che
derivano dal loro inserimento nel territorio (scuole, asili nido,
sanità) rimangono a carico degli enti locali. Su questo bisognerebbe
fare una riflessione per riequilibrare, appunto, costi e benefici”.
IL
LIBRO:
Le
politiche migratorie sono salite di rango nell’agenda delle forze
politiche, dei governi e dei parlamenti, non solo in Italia ma anche
in Europa e nel mondo. Sono un tema caldo delle campagne elettorali,
e sono oggetto di aspre campagne da parte di nuovi attori politici
in diversi paesi.
Le politiche degli ingressi, il trattamento degli immigrati irregolari, l’accoglienza dei rifugiati, l’accesso alla cittadinanza, la riaffermazione dell’identità nazionale, la richiesta di adesione culturale agli immigrati, sono temi dibattuti e controversi in tutti i paesi sviluppati, e anche nei paesi emergenti. Spesso fra l’altro, in tempi di bassa passione ideologica, assumono uno spiccato rilievo simbolico: servono a definire le posizioni delle forze politiche e a contrapporsi ai concorrenti. Il sovraccarico ideologico produce una crescente divaricazione tra politiche dichiarate e politiche praticate: le sanatorie ne sono l’esempio più evidente. Questo vale nel caso italiano (7 in 25 anni), ma anche nel resto d’Europa, dove 22 paesi su 27 ne hanno attuate tra il 1996 e il 2008, regolarizzando da 5 a 6 milioni di immigrati.
Anche a livello locale, dove di solito prevalevano pragmatismo e ricerca di soluzioni ragionevoli, compaiono oggi politiche dichiarate di esclusione; spesso poi inattuate o contrastate da attori pro-immigrati e dalla magistratura, ma in ogni caso culturalmente e politicamente influenti.
Nello stesso tempo però gli immigrati acquistano ogni giorno legittimazione, voce e diritti, mediante diverse pratiche di cittadinanza dal basso. Se il multiculturalismo è oggi in declino, la diversità invece ottiene crescente consenso. Nelle politiche urbane, diversità e coesione sociale sono i nuovi termini che consentono di cercare soluzioni praticabili per la gestione di società sempre più eterogenee. Chiusura ed esclusione non sono univoche: le politiche migratorie sono piuttosto un campo di battaglia, in cui alle tendenze ostili agli immigrati si oppongono attori e pratiche sociali che promuovono l’inclusione.
Le politiche degli ingressi, il trattamento degli immigrati irregolari, l’accoglienza dei rifugiati, l’accesso alla cittadinanza, la riaffermazione dell’identità nazionale, la richiesta di adesione culturale agli immigrati, sono temi dibattuti e controversi in tutti i paesi sviluppati, e anche nei paesi emergenti. Spesso fra l’altro, in tempi di bassa passione ideologica, assumono uno spiccato rilievo simbolico: servono a definire le posizioni delle forze politiche e a contrapporsi ai concorrenti. Il sovraccarico ideologico produce una crescente divaricazione tra politiche dichiarate e politiche praticate: le sanatorie ne sono l’esempio più evidente. Questo vale nel caso italiano (7 in 25 anni), ma anche nel resto d’Europa, dove 22 paesi su 27 ne hanno attuate tra il 1996 e il 2008, regolarizzando da 5 a 6 milioni di immigrati.
Anche a livello locale, dove di solito prevalevano pragmatismo e ricerca di soluzioni ragionevoli, compaiono oggi politiche dichiarate di esclusione; spesso poi inattuate o contrastate da attori pro-immigrati e dalla magistratura, ma in ogni caso culturalmente e politicamente influenti.
Nello stesso tempo però gli immigrati acquistano ogni giorno legittimazione, voce e diritti, mediante diverse pratiche di cittadinanza dal basso. Se il multiculturalismo è oggi in declino, la diversità invece ottiene crescente consenso. Nelle politiche urbane, diversità e coesione sociale sono i nuovi termini che consentono di cercare soluzioni praticabili per la gestione di società sempre più eterogenee. Chiusura ed esclusione non sono univoche: le politiche migratorie sono piuttosto un campo di battaglia, in cui alle tendenze ostili agli immigrati si oppongono attori e pratiche sociali che promuovono l’inclusione.