giovedì 22 gennaio 2015

Egitto la rivoluzione tradita e la fine delle ideologie islamiche





Il libro di Vincenzo Mattei, Egitto, la rivoluzione tradita e la fine delle ideologie islamiche (per Poiesis edizioni), è un’interessante e documentata analisi del contesto egiziano dal giugno 2012 fino ad oggi ed esamina le linee politico-strategiche dei Fratelli Musulmani e soprattutto le inadeguatezze e gli errori di Mursi: dalle azioni imperniate sull’esclusione dell’opposizione alla concezione di una democrazia solo formale, dal tradimento della rivoluzione alla dichiarazione costituzionale del novembre 2012 in cui si arroga tutti i poteri fino alla sottovalutazione del regime che per decenni li ha perseguitati. Un intero capitolo è infatti dedicato ai “Fuloul” (cioè gli appartenenti al vecchio regime) il cui potere nelle strutture dell’apparato statale era rimasto inalterato e che continuavano a costituire l’asse portante dell’economia. La tesi fondamentale e per certi versi innovativa di questo testo è la strumentalizzazione proprio da parte dei Fuloul del movimento dei Tamarrud che ha portato in piazza più di 30 milioni di egiziani per chiedere le dimissioni di Mursi, strumentalizzazione di cui ha approfittato il generale Sisi che è riuscito a farsi passare come il garante del processo democratico e della volontà del popolo sceso in piazza. Ha preso così avvio una campagna denigratoria contro i Fratelli Musulmani definiti “terroristi” con moltissimi morti ed arresti più volte denunciati sia da Amnesty International che da Human Right Watch ma anche contro giornalisti e gli stessi Shebab i ragazzi di Piazza Tahrir a cui una legge liberticida ha tolto la possibilità di riunirsi in luoghi pubblici. E come ha sottolineato la giornalista Sara Carr la (ri)appropriazione dello spazio pubblico è stata forse la conquista più importante della rivoluzione e ridurne l’accesso significa ridurre l’area dell’azione anti-governativa e quindi riportare indietro l’intero processo democratico. Sembrerebbe che l’esercito “salvatore della patria” abbia schiacciato e fiaccato lo “spirito di Tahrir” ma secondo l’autore non è così perché “la rivoluzione ha messo in atto un movimento per il rispetto dei diritti umani e più in generale una spinta sotterranea che attraverso la letteratura, il cinema, la fotografia, i graffiti continuerà a parlare e denunciare i potenti di turno”.






Abbiamo rivolto alcune domande a Vincenzo Mattei e lo ringraziamo per la sua disponibilità.


Dal 25 gennaio 2011 ad oggi quali sono i problemi che permangono nel Paese, soprattutto riguardo i diritti umani e civili?



Con l’avvento di Al Sisi i diritti umani e civili sono quasi completamente soppressi. Le libertà di stampa e di opinione sono a loro volta ristrette per i fini del nuovo regime. I continui attentati terroristici che avvengono nel paese e soprattutto nel Sinai vengono usati dal regime per reprimere ogni dissenso. L’ancien régime, o meglio, la nomenclatura del vecchio regime di Mubarak è tornata a governare il paese come e più di prima. Inoltre la legge sul Terrorismo approvata a dicembre del 2014 include tutti quei casi che possono “attentare all’unità nazionale del paese”, tale definizione è molto vaga e lascia piena discrezione all’autorità giurisdizionale di stabilire di volta in volta i casi rientranti nei dettami di questa legge ... un’autorità giurisdizionale laché di quella governativa. La legge sulle Proteste del novembre del 2013 inibisce qualsiasi manifestazione pubblica.



Che tipo di politica è quella di Al Sisi e in cosa si differenzia da quella di Morsi?



La politica di Al Sisi rispecchia la visione della vecchia nomenclatura, a differenza di Morsi che doveva battersi in ogni campo per mettere i suoi uomini nei posti chiave dell’amministrazione, per Al Sisi il problema non sussiste, perché fa parte dell’istituzione dell’esercito che è quella che effettivamente governa il paese dal 1952.



L'Islam politico. Anche in Egitto, come in altri Paesi arabo-musulmani, l'ideologia religiosa è strettamente collegata alla politica: con quali conseguenze?

Non conosco perfettamente tutti i casi del panorama arabo-musulmano, credo che in Marocco e in Giordania l’ideologia religiosa non entra in politica così profondamente come in altri stati, anche in Tunisia sotto molti aspetti è così. Il problema è già spiegato nella domanda, cioè, se si parla di qualsiasi ideologia, quindi estremizzazione della teoria, il dialogo con le altri parti o partiti è quasi nullo, perché esiste una sola visione che diventa unica e infallibile. La sfida dell’islam politico è quella di divenire forza in grado di discutere e dialogare con le altre componenti politiche. Sono gli stessi errori che hanno commeso i Fratelli Musulmani in Egitto e che analizzo bene nel mio libro (La fine delle ideologie islamiche, ed. Poiesis), confinarsi sulla proprie posizioni e non preferire il dialogo con il Fronte (laico) Nazionale di Salvezza ha compromesso la loro permanenza al governo alienandosi le già poche simpatie che la popolazione nutriva per loro.

Fintanto che questa visione non cambia, ogni partito islamico, o d’ispirazione islamista, penserà sempre che vincere le elezioni significa poter fare e disfare lo Stato a proprio piacimento, come se veramente tutta la nazione avesse votato per il partito (come è stato il caso dei FM in Egitto). La democrazia prevede il rispetto delle minoranze e dell’opposizione politica, prevede un confronto con gli altri partiti che non sono al governo, altrimenti derive dittatoriali di stampo islamista saranno sempre dietro l’angolo.



Quali sono gli aspetti all'avanguardia della nuova Costituzione (sancita dai militari nel gennaio 2014) e quali, invece, gli aspetti reazionari?



Secondo un’intervista al pittore Mohamed Abla (uscita su Alias de Il Manifesto, 1 feb 2014, http://vincenzomattei.com/2014/02/03/la-nuova-costituzione-egiziana-alias-1-feb-2014/#more-3162) ci sono molti punti che avvicinano la Costituzione egiziana a quelle di altre democrazie mature. È previsto l’impeachment contro il Presidente della Repubblica, la garanzia del salario minimo, percentuali altissime del Pil dedicate all’educazione, alla sanità … la parità di genere, la rappresentanza rosa garantita in parlamento, la protezione della donna da qualsiasi discriminazione e violenza … la religione non è fonte del diritto statale come invece era il testo che avrebbero voluto i FM nel novembre del 2012. Ci sono moltissimi punti interessanti e all’avanguardia nel panorama arabo-musulmano, ma il problema rimane indissolubilmente uno: metterli in pratica e non lasciarli solo sulla carta. Fino ad ora tutte le libertà contemplate dalla nuova Costituzione egiziana sono state più represse che garantite, soprattutto dopo l’approvazione della legge sulla manifestazioni (novembre 2013) che prevede pene detentive e pecunarie pesantissie e che può essere usata a discrezione dal governo per mettere in carcere persone “scomode” come gli attivisti, i giornalisti o qualsiasi dissidente politico.



In che modo i giovani lottano per una “vera” democrazia?

I giovani attivisti hanno lottato dall’inizio della rivoluzione (25 gennaio 2011) fino all’approvazione della legge sulle manifestazioni, da allora molti sono in prigione, come a loro volta molti giornalisti. Dal massacro dei FM a Rabaa Al Adawayya (agosto del 2013), si calcola che in Egitto ci sono dai 20000 ai 30000 prigionieri politici, per l’80% FM. Il processo democratico al momento è bloccato, la popolazione ha voluto il ritorno alla stabilità politica ed economica (ancora da raggiungere) e ha visto in Al Sisi l’uomo giusto per ritornare alla normalità dopo la disastrosa parentesi di Morsi e dei FM. Momentaneamente sembra che la maggioranza della popolazione non abbia interesse a continuare manifestazioni e proteste (a parte il bacino del Delta del Nilo dove i sindacati sono più forti) che hanno portato negli ultimi tre anni a tumulti e disordini in tutto il paese. La popolazione sembra stanca di continuare con agitazioni che hanno portato solo ad instabilità politica, inasprimento della crisi economica, a disordini di carattere pubblico con intere città e province sottoposte a coprifuoco per diversi mesi del 2012-3 (Suez, Ismailiyya, Port Said). In questo contesto l’attuale lotta dei giovani per una “vera” democrazia si è spostata di nuovo nell’ambito pre-rivoluzionario: nel web, mentre le piazze, le agorà della rivoluzione (in primis Tahrir), sono state di nuovo interdette all’assembramento di gruppi o di proteste, perché la conquista dello spazio pubblico è il primo passo per il sovvertimento dell’ordine dittatoriale od autoritario.