sabato 3 gennaio 2015

Reati multiculturali: leggi italiane e tradizioni

 
 
 
 
 
 

Un uomo, originario del Panjab, passeggia per le vie di Cremona portando, alla cintura, il kirpan, un oggetto che, nella tradizione sikh, simboleggia l'onore, la libertà di spirito e la non violenza, anche se si tratta di un pugnale. La polizia italiana lo ferma e lo fa condannare per porto abusivo di arma da taglio. I Rom, invece, fanno chiedere l'elemosina ai minori e questa pratica, nella loro cultura si chiama mangel.

I casi sopra riportati sono raccontati e analizzati nel saggio intitolato Culture alla sbarra. Una riflessione sui reati multiculturali, degli avvocati penalisti Fulvio Gianaria e Alberto Mittone, edito da Einaudi. La domanda centrale è: “ La cultura d'origine di una persona migrante può essere considerata attenuante o aggravante di un reato?” e, quindi, i due giuristi torinesi si pongono anche la questione di come conciliare le tradizioni, gli usi e i costumi con la legge italiana.

Ricordiamo, così come nel libro, un fatto di cronaca nera che sconvolse l'opinione pubbblica ma che, purtroppo, non fu l'unico: l'uccisione di Hina Saleem, ammazzata dal padre e da uno zio, nel 2006 a Brescia, perchè accusata di aver tradito i valori della famiglia e della cultura pakistana con atteggiamenti troppo occidentalizzati: indossava abiti considerati succinti, beveva alcol, amava un ragazzo italiano. La vicenda di Hina è diventata oggetto di studio proprio perchè, in primo grado, il tribunale considerò quell'assassinio come un “reato culturalmente motivato”, anche se , per fortuna, le sentenze successive non considerarono il valore culturale e attribuirono all'indole aggressiva e violenta del padre la responsabiloità del crimine.

Gli autori del saggio di cui vi stiamo parlando sostengono che, nel valutare la relazione tra cultura d'origine e delitto, bisognerebbe valutare anche alcune variabili, quali ad esempio: la durata del periodo di immigrazione, le opportunità di cambiamento offerte dal Paese di accoglienza, la qualità dei percorsi di inclusione. Gianaria e Mittone, inoltre, dichiarano che sarebbe meglio non mettere mano alle norme italiane, ma affidarsi, di volta in volta, alla giurisprudenza e al buon senso dei magistrati nell'analisi dei singoli casi.

Un saggio utile per riflettere sul tema della Giustizia in società multiculturali, soprattutto in Italia dove la questione è ancora spinosa, a differenza di altri Paesi in cui è garantità una certa neutralità laica a tutti i cittadini (Francia) oppure, come in Canada, dove è stato adottato il sentencing circle, ovvero sono state istituite camere di consiglio allargate al gruppo etnico dell'imputato che interagiscono con i giudici locali.