domenica 18 gennaio 2015

Tareke Brhane, migrante e poi attivista




Tareke Brhane, Presidente del Comitato Tre Ottobre, è stato premiato, lo scorso dicembre, al summit dei Nobel per la pace. Il Comitato è nato proprio il 3 ottobre 2013, a seguito della strage che ha visto morire nel Mediterraneo centinaia di migranti.


 
 


Tareke è nato in Eritrea, dove studiava e lavorava per mantenere la madre. La maggior parte della sua vita l’ha passata tra un campo per rifugiati e l’altro in Sudan, dove poi sua madre è morta. Ha deciso di lasciare l’Eritrea perché era impossibile rimanere lì: il servizio militare è a vita e i soprusi e le intimidazioni sono infinite.
Per Tareke lasciare il proprio Paese non è stata una scelta facile: ha vissuto per quattro anni tra il Sudan e la Libia, è stato incarcerato nelle prigioni di Gheddafi, ha attarversato il Mediterraneo ed è stato respinto più volte. Alle fine del 2005, finalmente, è riuscito ad approdare in Sicilia. Oggi Tareke vive a Roma dove assiste i richiedenti asilo.
Si è sempre impegnato per aiutare chi, come lui, fuggiva da situazioni indicibili ed è stato mediatore culturale a Lampedusa per Save The Children e Medici Senza Frontiere.



In occasione, oggi 18 gennaio 2015, della Giornata internazionale del migrante e del rifugiato, l'Associazione per i Diritti Umani ha rivolto alcune domande a Tareke Brhane, che ringrazia molto.




Qual'è la procedura in atto per il riconoscimento delle salme dei migranti deceduti nel Mediterraneo?



Il protocollo, secondo quanto stabilito dal Ministero dell'Interno, prevede la visione, da parte dei familiari delle vittime, del materiale documentale con i dati post mortem delle salme, già allestito in un archivio, da confrontare con gli eventuali dati ante mortem acquisiti dagli stessi. Nel caso il confronto porti ad un 'sospetto di identità' saranno effettuati appositi riscontri con metodologia scientifica, individuata caso per caso. Cioè, vengono analizzate, ad esempio, le fotografie per vedere di trovare segni di riconoscimento (un tatuaggio, una cicatrice, etc.); se non si trovano tali segni, si procede al test del DNA.



Quali sono le modalità che potrebbero migliorare il sistema di accoglienza in Italia?



Si potrebbe adeguare il sistema italiano a quello di altri Paesi europei, come la Germania o la Francia ad esempio. Si tratta di elaborare un progetto a lungo termine e non di considerare, invece, l'emergenza di volta in volta. Utilizzare solo le risorse dei bandi garantisce una bassa offerta di servizi, sarebbe necessario utilizzare maggiori risorse per garantire, invece, un'alta qualità dei servizi stessi e nel lungo periodo. In Italia manca una legge organica in tema di accoglienza.



Siete riusciti ad ottenere il riconoscimento della Giornata della Memoria e dell'Accoglienza?



Lo scorso 17 dicembre 2014 quattro Commissioni (costituzionale, di lancio, cultura e sociale) hanno dato parere favorevole e adesso la proposta dovrebbe andare in Assemblea parlamentare per essere discussa e approvata, probabilmente dopo l'elezione del nuovo Presidente della Repubblica.