mercoledì 5 giugno 2013

Parlare di intercultura, diversità e diritto al futuro: a scuola e con il Cinema



Pubblichiamo, con gioia, alcune recensioni realizzate dagli studenti della terza F della Scuola Media statale “Carlo Porta” di Milano come conclusione di un percorso in cui si sono affrontati, attraverso opere cinematografiche (lungo e cortometraggi) i temi della diversità, dell'intercultura e del diritto al futuro.
Da anni svolgiamo questo tipo di attività nelle scuole, un'attività che si inserisce nell'ambito della programmazione annuale e che affianca le materie curricolari: il Cinema è un linguaggio che include l'educazione all'immagine e l'uso della parola, scritta e parlata; può, quindi, aiutare ad approfondire temi di attualità oppure universali e, spesso, aiuta i ragazzi a scoprire potenzialità e interessi e ad esprimere sentimenti e creatività.
I film di cui i ragazzi hanno scritto le recensioni sono: il cortometraggio Black sushi di Dean Blunberg e il lungometraggio Un giorno questo dolore ti sarà utile di Roberto Faenza. 
 




BLACK SUSHI a cura di Caterina Esposito

Vittorie a confronto.
Tutto nelle sue mani. Uscito di prigione, Zama cerca lavoro e si imbatte in un ristorante giapponese. Andando contro Mia, il suo superiore, Zama prova e riprova l'arte del sushi. Il protagonista riesce nel suo intento, andando anche contro gli amici che progettano rapine.
Film quasi privo di dialoghi, ma ricco di immagini, accompagnato da colonne sonore che sottolineano l'accostamento fra Zama e Mia, così diversi culturalmente ma così vicini nella passione per la cucina. E' un cortometraggio a finale aperto e un film che riesce a far capire quanto due culture diverse possano avvicinarsi in un unico simbolo, evidenziando e inquadrando diverse volte l'importanza dell'uso delle mani, di come la passione si trasmetta dall'anima all'arte pratica. E, come insegna il Maestro nel film: “Non sono le mani a fare qualcuno, ma è il cuore a fare la differenza”.



BLACK SUSHI a cura di Jacopo Bianchi

Si può cambiare vita

Anche in mezzo alle diversità e ai giudizi altrui, con l'impegno, si può raggioungere i propri obiettivi.
Un ragazzo sudafricano di nome Zama, con un passato difficile e da dimenticare, può finalmente uscire di prigione e cercarsi un lavoro onesto per migliorare la propria vita e rimediare ai propri errori. Trova, dopo poco tempo, un posto in un ristorante di cucina giapponese dove incomincia a lavorare come semplice inserviente. Nasce, però, in lui la passione per questo lavoro e inizia, di nascosto, a cucinare sushi al fine di arrivare, un giorno, al livello del proprietario del ristorante.
Zama vive assieme ad alcuni suoi amici e familiari che, però, continuano la loro vecchia vita di ladri e malfattori. Attraverso mille difficoltà, dopo aver convinto Mia - il proprietario e Maestro - ad insegnarli a cucinare, può finalmente servire un pasto ai clienti del ristorante che, contrariamente alle aspettative, lo accettano come “discepolo” del Maestro.
In questo cortometraggio è spesso presente ed importante, nelle scene salienti, la colonna sonora che sottolinea i sentimenti e i pensieri dei protagonisti. Il regista decide di affidare un posto molto importante all'uso delle mani che rappresentano il duro lavoro, l'impegno, la pazienza.
Questo film suggerisce che, anche se è difficile, è possibile cambiare la propria vita in meglio e rendere fiere di sé le persone che non hanno il coraggio o la forza di fare lo stesso. Black sushi non è ricchissimo di dialoghi, ma è ricco di importanti significati, spesso espressi soltanto attraverso le immagini, permettendo allo spetttaore di riflettere.





Un giorno questo dolore ti sarà utile a cura di Bianca Ferrante

Un brindisi alla vita

Imparare ad affrontare gli ostacoli: è questo che il protagonista non sa fare.
Sì, perchè James è un ragazzo che scappa e non affronta gli ostacoli della vita, anzi non la sa proprio affrontare.
Il film racconta di lui, un diciottenne che, una volta diplomato, non sa se andare all'università oppure no. In realtà non vuole andarci, ma ha una famiglia che vuole mandarlo a tutti i costi e che, allo stesso tempo, crede che James sia un disadattato e, per questo motivo, lo obbliga ad andare da una “life coach” che lo aiuterà durante il suo percorso di crescita. In effetti, James, all'inizio, è un ragazzo asociale, chiuso in se stesso e che pensa spesso alla morte. Per fortuna c'è Nanette, sua nonna, che è un'amante della vita e che lo aiuterà ad aprirsi al mondo e agli altri.
Questo film si concentra sul protagonista: infatti, tutti i personaggi e tutte le loro azioni sono in realzione a lui. Il regista, Roberto Faenza, con questo racconto vuole esercitare una critica alla società di oggi, rappresentandone una buona parte; la storia è ambientata a New York e le inquadrature sono realizzate “dalla parte del protagonista”, nel senso che è come se James girasse il film e noi spettatori vediamo la realtà attraverso il suo punto di vista.
Il film è bello e anche costruttivo perchè fa capire come guardarsi dentro e anche riscoprirsi, ma soprattutto, come modificarsi. Il titolo nasconde anche un altro significato: l'”utilità” del dolore che, a volte, ci rende migliori.


Un giorno questo dolore ti sarà utile a cura di Virginia Attisani

C'era una volta un futuro

Diciotto anni, poche idee e confuse. Questa è la descrizione di james, un ragazzo la cui unica certezza è la nonna Nanette. I genitori e gli amici non riescono a capire James: nel corso del film gli assegnano aggettivi come disadattato oppure asociale e così lo convincono di avere un carattere di questo tipo.
James si sente diverso perchè non gli piace stare in compagnia dei suoi coetanei, perchè gli piace stare da solo, perchè tutti, a New York, sembrano avere un proprio ritmo e hanno chiari i propri obiettivi. Tutti, eccetto lui!
James, infatti, non sa nemmeno quali siano i propri obiettivi. I genitori vogliono che frequenti l'università, non importa quale, purchè decida dove indirizzare il proprio futuro. Ma James ha solo una vaga idea di fare l'artigiano: adora intagliare il legno. Il padre è un ricco avvocato che cerca in tutti i modi, tra cui la chirurgia plastica, di apparire più giovane. La madre, invece, gestisce una galleria nella quale vende contenitori, simili a bidoni dell'immondizia, che contengono dei meccanismi che producono suoni differenti tra loro. James ha anche una sorella, Gillian, che vuole scrivere un'autobiografia alla sola età di venitrè anni e ha un fidanzato molto più grande di lei, con una moglie e un figlio.
La nonna è l'unica persona che sembra capire James, aiutandolo ad agire subito invece di riflettere senza realizzare nulla. Alla fine del film Nanette morirà lasciando, però, a James bellissimi ricordi dei loro numerosi brindisi “alla vita”.
La madre di James lo convince ad andare, periodicamente, da una life coach che dovrebbe aiutarlo a raggiungere i suoi obiettivi, questa, però, cerca di metterlo a disagio, ambientando le visite in luoghi e situazioni insoliti, come nella sua cucina o praticando jogging...Ma, grazie a tutto questo, James arriverà alla conclusione che, in fondo, nessuno è “normale” e tantomeno “perfetto”.
Questo lungometraggio si rivolge a ognuno di noi poiché tutti, nella vita, abbiamo avuto dei momenti in cui non abbiamo saputo rispondere alle domande: “Chi sono?” o “Cosa vorrei dalla mia vita?” E, tuttavia, proprio come James, siamo usciti brillantemente, rinforzati da queste fasi di indecisione e di confusione.