Pubblichiamo,
con gioia, alcune recensioni realizzate dagli studenti della terza F
della Scuola Media statale “Carlo Porta” di Milano come
conclusione di un percorso in cui si sono affrontati, attraverso
opere cinematografiche (lungo e cortometraggi) i temi della
diversità, dell'intercultura e del diritto al futuro.
Da anni
svolgiamo questo tipo di attività nelle scuole, un'attività che si
inserisce nell'ambito della programmazione annuale e che affianca le
materie curricolari: il Cinema è un linguaggio che include
l'educazione all'immagine e l'uso della parola, scritta e parlata;
può, quindi, aiutare ad approfondire temi di attualità oppure
universali e, spesso, aiuta i ragazzi a scoprire potenzialità e
interessi e ad esprimere sentimenti e creatività.
I film
di cui i ragazzi hanno scritto le recensioni sono: il cortometraggio
Black sushi
di Dean Blunberg e il lungometraggio Un
giorno questo dolore ti sarà utile
di Roberto Faenza.
BLACK
SUSHI a cura di Caterina Esposito
Vittorie
a confronto.
Tutto
nelle sue mani. Uscito di prigione, Zama cerca lavoro e si imbatte in
un ristorante giapponese. Andando contro Mia, il suo superiore, Zama
prova e riprova l'arte del sushi. Il protagonista riesce nel suo
intento, andando anche contro gli amici che progettano rapine.
Film
quasi privo di dialoghi, ma ricco di immagini, accompagnato da
colonne sonore che sottolineano l'accostamento fra Zama e Mia, così
diversi culturalmente ma così vicini nella passione per la cucina.
E' un cortometraggio a finale aperto e un film che riesce a far
capire quanto due culture diverse possano avvicinarsi in un unico
simbolo, evidenziando e inquadrando diverse volte l'importanza
dell'uso delle mani, di come la passione si trasmetta dall'anima
all'arte pratica. E, come insegna il Maestro nel film: “Non sono le
mani a fare qualcuno, ma è il cuore a fare la differenza”.
BLACK
SUSHI a cura di Jacopo Bianchi
Si può
cambiare vita
Anche in
mezzo alle diversità e ai giudizi altrui, con l'impegno, si può
raggioungere i propri obiettivi.
Un
ragazzo sudafricano di nome Zama, con un passato difficile e da
dimenticare, può finalmente uscire di prigione e cercarsi un lavoro
onesto per migliorare la propria vita e rimediare ai propri errori.
Trova, dopo poco tempo, un posto in un ristorante di cucina
giapponese dove incomincia a lavorare come semplice inserviente.
Nasce, però, in lui la passione per questo lavoro e inizia, di
nascosto, a cucinare sushi al fine di arrivare, un giorno, al livello
del proprietario del ristorante.
Zama
vive assieme ad alcuni suoi amici e familiari che, però, continuano
la loro vecchia vita di ladri e malfattori. Attraverso mille
difficoltà, dopo aver convinto Mia - il proprietario e Maestro - ad
insegnarli a cucinare, può finalmente servire un pasto ai clienti
del ristorante che, contrariamente alle aspettative, lo accettano
come “discepolo” del Maestro.
In
questo cortometraggio è spesso presente ed importante, nelle scene
salienti, la colonna sonora che sottolinea i sentimenti e i pensieri
dei protagonisti. Il regista decide di affidare un posto molto
importante all'uso delle mani che rappresentano il duro lavoro,
l'impegno, la pazienza.
Questo
film suggerisce che, anche se è difficile, è possibile cambiare la
propria vita in meglio e rendere fiere di sé le persone che non
hanno il coraggio o la forza di fare lo stesso. Black
sushi non
è ricchissimo di dialoghi, ma è ricco di importanti significati,
spesso espressi soltanto attraverso le immagini, permettendo allo
spetttaore di riflettere.
Un
giorno questo dolore ti sarà utile a cura di Bianca Ferrante
Un
brindisi alla vita
Imparare
ad affrontare gli ostacoli: è questo che il protagonista non sa
fare.
Sì,
perchè James è un ragazzo che scappa e non affronta gli ostacoli
della vita, anzi non la sa proprio affrontare.
Il
film racconta di lui, un diciottenne che, una volta diplomato, non sa
se andare all'università oppure no. In realtà non vuole andarci, ma
ha una famiglia che vuole mandarlo a tutti i costi e che, allo stesso
tempo, crede che James sia un disadattato e, per questo motivo, lo
obbliga ad andare da una “life coach” che lo aiuterà durante il
suo percorso di crescita. In effetti, James, all'inizio, è un
ragazzo asociale, chiuso in se stesso e che pensa spesso alla morte.
Per fortuna c'è Nanette, sua nonna, che è un'amante della vita e
che lo aiuterà ad aprirsi al mondo e agli altri.
Questo
film si concentra sul protagonista: infatti, tutti i personaggi e
tutte le loro azioni sono in realzione a lui. Il regista, Roberto
Faenza, con questo racconto vuole esercitare una critica alla società
di oggi, rappresentandone una buona parte; la storia è ambientata a
New York e le inquadrature sono realizzate “dalla parte del
protagonista”, nel senso che è come se James girasse il film e noi
spettatori vediamo la realtà attraverso il suo punto di vista.
Il
film è bello e anche costruttivo perchè fa capire come guardarsi
dentro e anche riscoprirsi, ma soprattutto, come modificarsi. Il
titolo nasconde anche un altro significato: l'”utilità” del
dolore che, a volte, ci rende migliori.
C'era
una volta un futuro
Diciotto
anni, poche idee e confuse. Questa è la descrizione di james, un
ragazzo la cui unica certezza è la nonna Nanette. I genitori e gli
amici non riescono a capire James: nel corso del film gli assegnano
aggettivi come disadattato oppure asociale e così lo convincono di
avere un carattere di questo tipo.
James
si sente diverso perchè non gli piace stare in compagnia dei suoi
coetanei, perchè gli piace stare da solo, perchè tutti, a New York,
sembrano avere un proprio ritmo e hanno chiari i propri obiettivi.
Tutti, eccetto lui!
James,
infatti, non sa nemmeno quali siano i propri obiettivi. I genitori
vogliono che frequenti l'università, non importa quale, purchè
decida dove indirizzare il proprio futuro. Ma James ha solo una vaga
idea di fare l'artigiano: adora intagliare il legno. Il padre è un
ricco avvocato che cerca in tutti i modi, tra cui la chirurgia
plastica, di apparire più giovane. La madre, invece, gestisce una
galleria nella quale vende contenitori, simili a bidoni
dell'immondizia, che contengono dei meccanismi che producono suoni
differenti tra loro. James ha anche una sorella, Gillian, che vuole
scrivere un'autobiografia alla sola età di venitrè anni e ha un
fidanzato molto più grande di lei, con una moglie e un figlio.
La
nonna è l'unica persona che sembra capire James, aiutandolo ad agire
subito invece di riflettere senza realizzare nulla. Alla fine del
film Nanette morirà lasciando, però, a James bellissimi ricordi dei
loro numerosi brindisi “alla vita”.
La
madre di James lo convince ad andare, periodicamente, da una life
coach che dovrebbe aiutarlo a raggiungere i suoi obiettivi, questa,
però, cerca di metterlo a disagio, ambientando le visite in luoghi e
situazioni insoliti, come nella sua cucina o praticando jogging...Ma,
grazie a tutto questo, James arriverà alla conclusione che, in
fondo, nessuno è “normale” e tantomeno “perfetto”.
Questo
lungometraggio si rivolge a ognuno di noi poiché tutti, nella vita,
abbiamo avuto dei momenti in cui non abbiamo saputo rispondere alle
domande: “Chi sono?” o “Cosa vorrei dalla mia vita?” E,
tuttavia, proprio come James, siamo usciti brillantemente, rinforzati
da queste fasi di indecisione e di confusione.