In
occasione di un incontro con gli studenti dei licei di Padova, il
Ministro per l'integrazione, Cècile Kyenge, ha parlato dello Ius
soli. “E' il Paese che deve dare delle risposte alla nuova
fotografia. L'Italia è oggi un Paese meticcio dove convivono persone
che vengono da tanti paesi. La forma di ius soli che si troverà darà
una risposta a questa nuova fotografia dell'Italia”, ha affermato
il Ministro e, a proposito delle scritte ingiuriose nei suoi
confronti, ha dichiarato: “ ...Credo si debba cambiare l'ottica di
come vengono percepite queste offese, questi insulti. Non sono
indirizzati soltanto alla sottoscritta, ma a ogni persona. I giovani
ce lo stanno dimostrando, mostrandoci la faccia dell'Italia
migliore”.
Intanto
il politologo e professore universitario, Giovanni Sartori, sul
Corriere della Sera scrive un editoriale - che, però, viene
pubblicato sulla destra della pagina - dal titolo: “Ius soli,
integrazione e una catena di equivoci” in cui si legge, in
riferimento a Cècile Kyenge e al suo ministero: “ Nata in Congo,
si è laureata in Italia in medicina e si è specializzata in
oculistica. Cosa ne sa di integrazione, ius soli e correlativamente
di ius sanguinis?”. Il professore ha, poi, continuato, dicendo: “
La brava ministra ha scoperto che il nostro Paese è meticcio. Se lo
Stato italiano le dà i soldi, compri pure un dizionarietto e
scoprirà che meticcio significa persona nata da genitore di razze
(etnie) diverse. Per esempio, il Brasile è un Paese molto meticcio,
ma l'Italia proprio no”.
La
“ministra”, come viene spesso chiamata Cècile Kyenge, risponderà
a breve a queste affermazioni.
L'
associazione nazionale universitaria degli antropolgi culturali
(Anuac) ha, invece, espresso solidarietà e sostegno al progetto di
integrazione dei cittadini migranti e della loro prole, sostenenedo
che, dai processi migratori e dallo scambio planetario delle merci,
scaturiscono forme nuove di moltiplicazione della diversità che
arricchisce tutti, dal punto di vista culturale. Ma gli antropologi
ricordano che possono scaturire anche pratiche di esclusione e di
discriminazione. E' necessario, quindi - oltre a una modifica delle
norme vigenti per l'acquisizione della cittadinanza italiana da parte
dei figli dei migranti - accompagnare il cambiamento con una lotta
continua al pregiudizio, al razzismo e alla disuguaglianza sociale.