giovedì 20 giugno 2013

Giornata mondiale del rifugiato (1)



Tanti i problemi per i rifugiati; difficile e tortuoso l'iter burocratico per ottenere, da parte delle commissioni preposte, una risposta positiva alla richiesta di asilo politico. Ma la questione è ancora più delicata per i minori stranieri non accompagnati: la politica migratoria degli altri Stati europei procede in maniera confusa quando, invece, sarebbe fondamentale sapere chi sono realmente i richiedenti asilo, la loro età, la loro vera identità. Come si legge nel rapporto - pubblicato lo scorso 17 maggio da Coram Children’s Legal Centre, associazione che si occupa di fornire assistenza legale ai minori - centinaia di bambini richiedenti asilo nel Regno Unito sono stati messi in pericolo dagli operatori sociali che non credono alle loro versioni. Il rapporto, dal titolo Buon compleanno? Dispute sull’età dei bambini nel sistema immigrazione, denuncia, infatti, che molti bambini sono stati erroneamente classificati come adulti con il risultato che centinaia di questi piccoli richiedenti asilo sono stati lasciati senza casa, senza diritto all'istruzione e, soprattutto, sono stati rinchiusi nei centri di detenzione per adulti dove hanno subìto anche abusi. Una delle “ragioni” a sostegno di queste pratiche è che il pugno di ferro contro gli immigrati, paga...dal punto di vista elettorale. Questo accade in Inghilterra, ma in Italia?
Secondo il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, al 30 settembre 2012, i minori non accompagnati sono per lo più maschi e 1757 di loro, dopo essere stati in contatto con le autorità, risultano oggi irreperibili; 1170 di loro hanno un’età compresa fra 0 e 15 anni; di tutti i minori segnalati, solo 719, il 9,8%, sono stati accolti da una famiglia.
Tanti di questi minori sono particolarmente vulnerabili e spesso possono essere coinvolti in fenomeni di sfruttamento nonché inglobati nei circuiti dell'illegalità. Inoltre, ad essi bisogna aggiungere quei bambini e adolescenti che apparentemente hanno genitori o familiari i quali, tuttavia, non sono spesso in condizioni di costituire un valido punto di riferimento. Per prevenirne la devianza e orientarli sarebbero necessarie forme di intervento che prevedano un rafforzamento del dialogo inter-istituzionale e con i soggetti privati del no profit anche attraverso l'impiego di operatori ed educatori qualificati.