In Iran
qualcosa sta cambiando. Nella giornata di venerdì 14 giungo sono
state aperte le urne per votare il nuovo presidente che, in realtà,
ha un potere relativo in un Paese in cui il vero capo è la Guida
suprema. Ma ci sono un paio di segnali positivi.
Innanzitutto,
l'affluenza è stata del 70%: un buon risultato, ottenuto grazie
anche ai ripetuti appelli che i sei candidati hanno fatto ai
cittadini per incitarli a recarsi a votare e, probabilmente, grazie
anche al fatto che gli elettori hanno potuto esprimere la loro
preferenza anche all'estero (i seggi sono stati allestiti a Dubai, a
Londra e negli Stati Uniti; e si deve considerare che l'Iran non
autorizza la presenza di osservatori esterni).
In
secondo luogo, sembra essere in testa, nei risultati parziali, il
candidato moderato-riformista Hassan Rohani, 64 anni, l'unico
religioso fra gli altri candidati laici, che veramente laici non
sono. Rohani avrebbe superato la soglia assoluta, con il 50,4, al
termine dello scrutinio in più di un quinto dei seggi: questo è ciò
che emerge dai dati diffusi dalle reti della Tv di Stato iraniana.
Interessante
ricordare che, il fulcro tematico su cui si è svolta la campagna
elettorale, riguarda il nucleare e le possibili sanzioni e che, anche
su questo punto, la popolazione ha epresso chiaramente la propria
posizione: il nuovo presidente e il suo establishment dovranno
cambiare politica.
Le code
ai seggi nelle principali città, in particolare a Teheran e a
Mashad, e il primo risultato elettorale fanno sperare in una
rinascita del movimento riformista, a distanza di quattro anni dall'
“onda verde” sulla quale il governo attuò una durissima
repressione.