di
Veronica Tedeschi
Il
continente africano ha un proprio sistema di protezione dei diritti
umani grazie all'adozione, avvenuta il 27 giugno 1981, della Carta
Africana dei diritti dell'uomo e dei popoli,
entrata in vigore nel 1986. Questa istituisce una Commissione
africana dei diritti dell'uomo e dei popoli, composta da 11
commissari, che vi siedono a titolo individuale e a tempo parziale,
con il compito di promuovere il rispetto dei diritti umani in Africa
ed esaminare i rapporti periodici redatti dagli Stati parte alla
Carta. La Commissione si trova a Banjul, in Zambia; dal momento che
essa può adottare soltanto rapporti sprovvisti di efficacia
vincolante, è stata favorita e voluta una Corte
Africana dei diritti dell’uomo e dei popoli
(che ha sede in Tanzania) la quale, a sua differenza, potrà emettere
sentenze con efficacia vincolante su ricorsi statali eD individuali.
La
prima pronuncia “Michelot
Yogogombaye vs Senegal”,
risale al 2009 ed è una decisione di scarso valore con la quale la
Corte ha dichiarato difetto di giurisdizione, limitandosi ad
argomentare che il Senegal non avesse effettuato la dichiarazione
volta ad accettare la competenza della Corte a pronunciarsi sui
ricorsi individuali.
L’operato
della Corte è sicuramente partito con il piede sbagliato e possiamo
affermare che ha continuato nella stessa direzione; le sue successive
pronunce si basano infatti, su rinvii all’attenzione della
Commissione africana, secondo quanto previsto ex articolo 6,
paragrafo 3, del Protocollo di Ouagadougou.
Il
sistema regionale africano di protezione dei diritti umani è ben
strutturato e costruito, ma solo su carta; uno dei pochi interventi
della Corte effettivamente rilevanti lo troviamo nel 2011 quando
quest’ultima viene interpellata dalla Commissione per le ripetute
violazioni della Carta Africana dei diritti dell’uomo e dei popoli
in conseguenza della violenta repressione messa in atto dal Governo
di Tripoli per contenere le proteste popolari contro il regime del
colonnello Muammar Gheddafi. La Corte non poteva permettersi di non
intervenire in una situazione così tanto violenta e cosi tanto
popolare in Occidente, nè tanto meno poteva rinviare il tutto alla
Commissione. Nel caso di specie la Corte adottò misure cautelari
dopo aver rilevato prima
facie
l'esistenza della propria giurisdizione nel merito, e adottando
l'ordinanza in esame inaudita
altera parte
e senza addurre eccessive motivazioni.
Riassumendo, fino ad oggi la Corte ha emesso quasi solo sentenze di inammissibilità, non sfruttando a pieno i poteri a lei conferiti.
Riassumendo, fino ad oggi la Corte ha emesso quasi solo sentenze di inammissibilità, non sfruttando a pieno i poteri a lei conferiti.
Un
altro aspetto degno di nota riguarda la possibilità che anche uno
Stato che non abbia accettato la competenza della Corte africana,
debba comunque convenire dinanzi alla Corte per ricorsi proposti da
individui o Ong. Ed è proprio questo il punto di forza di tutti i
sistemi regionali di protezione di diritti umani, dai più
funzionanti come quello europeo (Corte europea dei diritti umani) ai
meno operativi, come quello africano: garantire protezione e
possibilità di ricorso a persone/Ong/Stati contro Stati che
commettano gravi violazioni dei diritti umani e contemporaneamente
non accettino la competenza di suddette Corti. Nel continente
africano in esame, come possiamo immaginare, non tutti gli Stati
hanno accettato la competenza della Corte e, senza l’applicazione
di questo principio, i suddetti Stati non potrebbero essere giudicati
per le violazioni da loro commesse.
La
creazione dei sistemi regionali di protezione di diritti umani ha
segnato, nei continenti nei quali questi sono presenti (Africa,
Europa, America), una svolta importante per la lotta alle violazioni
dei diritti umani commesse dagli Stati; naturalmente è necessario
contestualizzare il lavoro di tali Corti: la Tanzania riceverà
ricorsi diversi da quelli che riceverà Strasburgo, ma la cosa
fondamentale da far passare in ogni contesto, è la consapevolezza e
la spinta all’utilizzo di tali mezzi di supporto.
In
un qualsiasi Stato europeo, per esempio, sarà difficile che un
cittadino padroneggi il suo diritto di adire la Corte europea dei
diritti umani qualora ritenga che i suoi diritti fondamentali siano
stati violati e, allo stesso modo, probabilmente in maniera più
accentuata, il cittadino di uno Stato africano che subirà violazioni
ancora più gravi e inabilitanti non sarà incline ad un viaggio in
Tanzania per denunciare i sopprusi commessi dal suo Stato o, in
maniera ancora più accentuata, non saprà di poterlo fare.