giovedì 11 aprile 2013

Scintille: teatro, donne, lavoro



New York, 1911. La Triangle Waistshirt Company (TWC) assume donne, giovani e meno giovani: la paga è bassissima, lavorano molte ore al giorno per confezionare camicette, hanno freddo e poca luce, mangiano in fretta e devono sottostare alle molestie dei “boss”.
Ma non è tutto. Un giorno come un altro, diventa Storia.
Un giorno come un altro, alle 16.40, appena un quarto d'ora prima della chiusura della fabbrica, scoppia un incendio; forse a causa di una scintilla, forse dopo una lite.
La scintilla appicca il fuoco che si impadronisce degli abiti, dei rocchetti di filo, delle tende, dei capelli e della pelle delle operaie. C'è chi tenta di fuggire dalla scala antincendio, ma questa crolla sotto il peso delle persone; chi dal tetto ma, gettandosi, si infrange sul selciato oppure sui teloni predisposti dai vigili del fuoco; molte ragazze rimangono intrappolate nell'edificio perchè le porte sono state chiuse dai proprietari per evitare che le lavoratrici escano prima dell'orario stabilito.
Solo una donna in scena: è la madre di due figlie (anche loro operaie nella stessa ditta), è una moglie, è una persona che cerca di sbarcare il lunario. Sì, perchè molte di quelle lavoratrici sono immigrate dall' Europa, tante dall' Italia. Sono migrate “all'America” in cerca di una qualità della vita migliore, hanno sogni e aspettative. Sono povere, ingenue, non conoscono ancora bene la lingua inglese: ma sanno cos'è il sacrificio e vogliono un futuro.
Quella madre ha visto le figlie morire, quella madre porta con sé il dolore e la colpa della sopravvivenza e del rimpianto. Quella madre riprende a lavorare perchè non ha alternative.
Questo è raccontato nello spettacolo intitolato Scintille, in scena al teatro della Cooperativa di Milano e che, sicuramente, sarà replicato nel capoluogo lombardo e in altre città italiane. Testo e regia di Laura Sicignano, ricerca storica di Silvia Suriano e la bravura dell'attrice Laura Curino.
Solo una protagonista che si fa in tre, cambiando tono di voce e modulando le espressioni: una madre che diventa figlia e viceversa. Una donna che svolge anche il ruolo di moglie e di cittadina. La scenografia semplice ei costumi dell'epoca evocano l'atmosfera di inizio secolo, ma non la Belle Epoque, qui si parla del sottoproletariato migrante, di diritti civili, di soprusi e di lotta per la dignità. L'orrore è stato reale, ma la scelta stilistica è quella di non mostrarlo e di non gridarlo: la Curino lo racconta, pacatamente. Lo evoca e lascia che sia lo spettatore ad immaginare. Forse, così, è anche peggio. Silenzio in sala. Partecipazione emotiva.
Uno spettacolo che deve servire a mantenere viva la memoria storica, a confrontare il Passato con il Presente e a dare coraggio alle donne di oggi e di domani per il loro percorso di crescita, di affermazione di sé e di tutela della propria esistenza.