New
York, 1911. La Triangle Waistshirt Company (TWC) assume donne,
giovani e meno giovani: la paga è bassissima, lavorano molte ore al
giorno per confezionare camicette, hanno freddo e poca luce, mangiano
in fretta e devono sottostare alle molestie dei “boss”.
Ma non è
tutto. Un giorno come un altro, diventa Storia.
Un
giorno come un altro, alle 16.40, appena un quarto d'ora prima della
chiusura della fabbrica, scoppia un incendio; forse a causa di una
scintilla, forse dopo una lite.
La
scintilla appicca il fuoco che si impadronisce degli abiti, dei
rocchetti di filo, delle tende, dei capelli e della pelle delle
operaie. C'è chi tenta di fuggire dalla scala antincendio, ma questa
crolla sotto il peso delle persone; chi dal tetto ma, gettandosi, si
infrange sul selciato oppure sui teloni predisposti dai vigili del
fuoco; molte ragazze rimangono intrappolate nell'edificio perchè le
porte sono state chiuse dai proprietari per evitare che le
lavoratrici escano prima dell'orario stabilito.
Solo una
donna in scena: è la madre di due figlie (anche loro operaie nella
stessa ditta), è una moglie, è una persona che cerca di sbarcare il
lunario. Sì, perchè molte di quelle lavoratrici sono immigrate
dall' Europa, tante dall' Italia. Sono migrate “all'America” in
cerca di una qualità della vita migliore, hanno sogni e aspettative.
Sono povere, ingenue, non conoscono ancora bene la lingua inglese: ma
sanno cos'è il sacrificio e vogliono un futuro.
Quella
madre ha visto le figlie morire, quella madre porta con sé il dolore
e la colpa della sopravvivenza e del rimpianto. Quella madre riprende
a lavorare perchè non ha alternative.
Questo è
raccontato nello spettacolo intitolato Scintille,
in scena al teatro della Cooperativa di Milano e che, sicuramente,
sarà replicato nel capoluogo lombardo e in altre città italiane.
Testo e regia di Laura Sicignano, ricerca storica di Silvia Suriano e
la bravura dell'attrice Laura Curino.
Solo una
protagonista che si fa in tre, cambiando tono di voce e modulando le
espressioni: una madre che diventa figlia e viceversa. Una donna che
svolge anche il ruolo di moglie e di cittadina. La scenografia
semplice ei costumi dell'epoca evocano l'atmosfera di inizio secolo,
ma non la Belle Epoque, qui si parla del sottoproletariato migrante,
di diritti civili, di soprusi e di lotta per la dignità. L'orrore è
stato reale, ma la scelta stilistica è quella di non mostrarlo e di
non gridarlo: la Curino lo racconta, pacatamente. Lo evoca e lascia
che sia lo spettatore ad immaginare. Forse, così, è anche peggio.
Silenzio in sala. Partecipazione emotiva.
Uno
spettacolo che deve servire a mantenere viva la memoria storica, a
confrontare il Passato con il Presente e a dare coraggio alle donne
di oggi e di domani per il loro percorso di crescita, di affermazione
di sé e di tutela della propria esistenza.