martedì 16 aprile 2013

I disorientati: l'ultimo romanzo di Amin Maalouf




Autobiografia e finzione; Passato e Presente; Oriente e Occidente; vita e morte; storia individuale e riflessione universale: tutto questo ne I disorientati, l'ultimo lavoro editoriale di Amin Maalouf, pubblicato da Bompiani.
Il Libano non viene mai chiamato così, ma si parla, nel testo, di “Levante”, e dal Levante prende l'avvio la storia di Adam, fuggito dalla guerra e ora insegnante di Storia a Parigi. All'annuncio della morte dell'ex amico Mourad, Adam è costretto a ritornare nel proprio Paese d'origine dove tutto è rimasto uguale e dove il tempo sembra essersi fermato. Sembra: è rimasto, forse, il Circolo dei Bizantini, quel gruppo di ragazzi che voleva cambiare il mondo, ma a cambiare sono stati proprio loro. Il conflitto li ha separati e spinti verso strade diverse; c'è chi è andato all'estero, chi è rimasto in patria, imbrigliato nelle maglie corrotte della politica e chi ha deciso di partecipare alla guerra civile. Adam cerca di radunare i sopravvissuti: emergono, così, i rancori sopiti e le verità non dette, ma il confronto, sincero anche se difficile, cambierà il presente del protagonista.
Amin Maalouf è uno scrittore libanese, illuminista arabo che, nel 2011, ha ricevuto la spada di Accademico sulla cui lama ha fatto incidere i simboli della sua doppia identità: la Marianna della Rèpublique e il cedro del Libano. Quel riconoscimento è stato, per lo scrittore, importantissimo perchè ha sancito il suo ingresso nell'istituzione fondata dal cardinal Richelieu per codificare e salvaguardare la lingua francese. Libanese e francese, mediorientale ed europeo: Adam è l'alter ego di Maalouf che, narrando la propria vicenda in prima persona, riporta il clima intellettuale della giovinezza dell'autore, le sue aspirazioni e le speranze dei suoi coetanei in un momento di grande fervento storico e politico. Ma la guerra, durata dal 1975 al 1990, ha distrutto ogni possibilità di cambiamento. In un'intervista a Famiglia Cristiana, Maalouf racconta: “ La guerra è iniziata il 13 aprile del 1975, di domenica, con due massacri. Uno, la sparatoria contro l'autobus dei militari palestinesi in un quartiere di Beirut, è avvenuto sotto la finestra di casa mia, a trenta metri. Ero un giornalista appena tornato dal Vietnam, ma ricordo con terrore quella decina di secondi, appoggiato al muro per proteggermi, che causarono oltre venti morti. Non volevo far crescere i miei figli in un posto dove, a 14 anni, si può prendere il fucile per ammazzare una persona”. Infatti, lo scrittore, allo scoppio della guerra, scappa dal Libano e ora vive a Parigi. Ma per circa una trentina d'anni non ha voluto parlare o scrivere della propria esperienza e fare i conti con la Memoria individuale. Lo fa ora, con questo romanzo. Perchè adesso è in grado di affrontare il senso di colpa causato dal fatto di essere andato via, di aver scelto la strada più facile. Ritornano, nel libro, i temi a lui più cari: l'esilio, appunto, l'incontro tra due culture differenti, il confronto religioso, la ricerca della propria identità. Ma, in questo suo ultimo lavoro, lo scrittore aggiunge un argomento importante: dalla cultura greca classica, dall'Occidente, riprende la riflessione sul “nostos”, sul ritorno. Il ritorno alle proprie radici, alla propria Terra, per guardarsi in faccia e ammettere che, forse, anche lui stesso è un dis-orientato.
Amin Maalouf