Gli
avvocati hanno affermato che: “I CIE sono dei luoghi di detenzione
a tutti gli effetti e privi di garanzie che sono proprie delle
carceri. Sebbene manchino le condizioni di sovraffollamento tipiche
degli istituti di pena e le stanze rimangano aperte, i reparti dove
vivono le persone trattenute sono chiusi a chiave e gli spazi
all'aperto loro riservati sono angusti. Inoltre, rispetto al carcere,
dove i detenuti sanno di cosa sono accusati e quanto dovranno
rimanere ristretti, all'interno dei CIE gli ospiti non sanno quando
usciranno; e li preoccupa constatare che dentro con loro ci sono
persone trattenute anche da un anno, in balia dell'incertezza ma
anche dell'ozio, visto che nella struttura non ci sono biblioteche,
né corsi di alfabetizzazione o attrezzature sportive. Ne deriva
un'atmosfera di spaesamento che si traduce in molteplici, quanto
generiche, domande di aiuto che il trattenuto rivolge al visitatore”.
“Se si
aggiungono”, hanno continuato gli avvocati, “ che per due terzi
si tratta di ex detenuti che sono passati direttamente dal carcere al
CIE, vedendosi così negare non solo la libertà che avevano atteso
contando i giorni, ma anche l'assistenza sanitaria di cui godevano in
carcere, allora si capisce come il tasso di afflizione di questi
centri sia addirittura maggiore del carcere. Nel CIE si rimane per lo
più in attesa di “identificazione” e, considerato che al 95% gli
ospiti sono stati ristretti in un carcere, quindi sono stati
certamente identificati da varie amministrazioni dello Stato, appare
evidente come la struttura non serva a risolvere, ma semmai
costituisca essa stessa un problema. Un problema che, peraltro, detto
per i duri di cuore, ha un notevole costo economico per le pubbliche
finanze”.
Il
Presidente della Camera Penale di Milano, l'avvocato Salvatore Scuto,
ha aggiunto: “Ai detenuti è assicurata l'assistenza sanitaria solo
per le cure urgenti, ma non hanno diritto ad altre prestazioni del
servizio sanitario nazionale. Quindi, quando si fanno male, vengono
portati al Pronto Soccorso per le prime cure, ma se dopo qualche
tempo, per un controllo, serve la risonanza magnetica, è un
problema”.
Infine:
le norme europee contemplano l'esistenza di questi centri e anche il
trattenimento delle persone fino a 18 mesi, ma come ricorda ancora
Scuto: “Solo come extrema ratio. Prima di arrivare a questo punto
devono essere messe in campo molte altre ipotesi, come ad esempio
l'obbligo di firma. Tra l'altro la gestione è molto complessa e
dispendiosa. Vengono impiegate molte risorse, ma il bilancio tra
benefici e costi è decisamente negativo”. Poi tutti hanno concluso
col dire: “Vogliamo accendere un faro...Noi chiediamo che si
affronti il problema in maniera più intelligente, senza arrivare a
una limitazione della libertà così pesante”.