Pablo
Larràin è un regista cileno: figlio dell' ex Presidente dell'Unione
Democratica Indipendente e di un ministro nel governo Piñera,
torna a parlare delle vicende politiche del suo Paese con il film NO!
I giorni dell'arcobaleno,
terza opera che compone una trilogia iniziata con
Tony Manero
e continuata con Post
mortem.
Siamo
nel 1988: sono trascorsi quindici anni dal colpo di stato militare
che ha deposto il governo socialista di Salvador Allende e
dall'insediamento della giunta di Augusto Pinochet. Il blocco
societico si è disfatto, non si avverte più la minaccia comunista
e, per Pinochet, forse, è giunto il momento di dare una parvenza di
costituzionalità al potere militare attraverso un referendum
regolare: ma le cose non vanno secondo i piani del regime. Il
referendum vede vincere l'opposizione con il 54,7% dei voti e, da
quel momento, il Cile comincia un percorso, tortuoso, verso la
democrazia.
Il
film di Pablo Lorràin racconta i giorni in cui si è svolta la
campagna referendaria, portata avanti con pochi mezzi, ma con idee
geniali, grazie alle intuizioni di Renè Saavedra, un giovane
copywriter formatosi negli Stati Uniti. Saavedra, infatti, dice “NO!”
, e con quella piccola parola lancia un messaggio: NO al ricordo
continuo della atrocità del regime, NO alla cultura della paura, NO
alla violenza. E questo per quanto riguarda il contenuto della
campagna. Per quanto riguarda, invece, lo stile di comunicazione
Saavedrà avrà un'altra intuizione felice: accosta il concetto di
“democrazia” ai codici della pubblicità commerciale.
E,
allora, anche Lorràin mescola il materiale di repertorio (gli spot
di un quarto d'ora realizzati dalle parti politiche avverse) al
racconto filmico, usando una cinepresa degli anni '80, ricreano le
ambientazioni dell'epoca, lavorando sui colori per immergere lo
spettatore nella cultura di allora, frivola e ammantata di ottimismo.
Interessante, ad esempio, lo scarto tra i seriosi comunicati del
regime incastrati tra le telenovelas e gli spot che inneggiano al
progresso...
Per
la distribuzione italiana al titolo originale del film è stato
aggiunto il sottotitolo che recita: “I giorni dell'arcobaleno”
per sottolineare la speranza nel passaggio dalla dittatura alla
democrazia: ma, osservando la situazione (in Italia come in altri
Paesi), il dubbio nasce spontaneo.
Intanto,
sempre dal Centro e Sudamerica, giungono altre notizie, purtroppo
negative: 16.000 corpi attendono di essere identificati. Ed è la
stessa cifra - svelata dal sottosegretario messicano per i Diritti
Umani, Lìa Lìmon – delle persone scomparse durante il genocidio
perpetrato dai militari argentini tra il 1976 e il 1983.
Si
tratta, oggi, dei desaparecidos della guerra ai narcos: sulle strade
del Messico diversi migranti sono scomparsi o sono stati
assassinati, proprio negli ultimi sei anni, da quando è cominciata
la guerra alla criminalità organizzata.
Ad
ottobre, è partita la “Carovana delle madri”, composta da
genitori di El salvador, Honduras, Nicaragua e Guatemala che,
percorrendo 14 Stati e circa 4.600 chilometri, chiedono notizie,
cercano indizi. Sono aiutati, in questo loro pellegrinaggio, da enti
locali, istituti di migrazione, università, sostenitori dei diritti
e l'iniziativa mira a richiamare l'attenzione sul trattamento che le
autorità messicane riserva agli immigrati centroamericani. Un
cartello recita, infatti, la scritta: “Tutto il Messico è un
cimitero di migranti”: e le madri chiedono anche l'esumazione dei
corpi che si trovano nelle fosse comuni.
Sono
da qualche parte, nube o tomba
cercandoci,
riordinando i loro sogni,
le
loro dimenticanze,
forse
convalescenti
dalla
loro morte privata
versi
tratti da “Desaparecidos” di Mario Benedetti