sabato 25 maggio 2013

Notizie e storie dal Centroamerica: quando Presente e Passato si intrecciano




Pablo Larràin è un regista cileno: figlio dell' ex Presidente dell'Unione Democratica Indipendente e di un ministro nel governo Piñera, torna a parlare delle vicende politiche del suo Paese con il film NO! I giorni dell'arcobaleno, terza opera che compone una trilogia iniziata con Tony Manero e continuata con Post mortem.
Siamo nel 1988: sono trascorsi quindici anni dal colpo di stato militare che ha deposto il governo socialista di Salvador Allende e dall'insediamento della giunta di Augusto Pinochet. Il blocco societico si è disfatto, non si avverte più la minaccia comunista e, per Pinochet, forse, è giunto il momento di dare una parvenza di costituzionalità al potere militare attraverso un referendum regolare: ma le cose non vanno secondo i piani del regime. Il referendum vede vincere l'opposizione con il 54,7% dei voti e, da quel momento, il Cile comincia un percorso, tortuoso, verso la democrazia.
Il film di Pablo Lorràin racconta i giorni in cui si è svolta la campagna referendaria, portata avanti con pochi mezzi, ma con idee geniali, grazie alle intuizioni di Renè Saavedra, un giovane copywriter formatosi negli Stati Uniti. Saavedra, infatti, dice “NO!” , e con quella piccola parola lancia un messaggio: NO al ricordo continuo della atrocità del regime, NO alla cultura della paura, NO alla violenza. E questo per quanto riguarda il contenuto della campagna. Per quanto riguarda, invece, lo stile di comunicazione Saavedrà avrà un'altra intuizione felice: accosta il concetto di “democrazia” ai codici della pubblicità commerciale.
E, allora, anche Lorràin mescola il materiale di repertorio (gli spot di un quarto d'ora realizzati dalle parti politiche avverse) al racconto filmico, usando una cinepresa degli anni '80, ricreano le ambientazioni dell'epoca, lavorando sui colori per immergere lo spettatore nella cultura di allora, frivola e ammantata di ottimismo. Interessante, ad esempio, lo scarto tra i seriosi comunicati del regime incastrati tra le telenovelas e gli spot che inneggiano al progresso...
Per la distribuzione italiana al titolo originale del film è stato aggiunto il sottotitolo che recita: “I giorni dell'arcobaleno” per sottolineare la speranza nel passaggio dalla dittatura alla democrazia: ma, osservando la situazione (in Italia come in altri Paesi), il dubbio nasce spontaneo.



Intanto, sempre dal Centro e Sudamerica, giungono altre notizie, purtroppo negative: 16.000 corpi attendono di essere identificati. Ed è la stessa cifra - svelata dal sottosegretario messicano per i Diritti Umani, Lìa Lìmon – delle persone scomparse durante il genocidio perpetrato dai militari argentini tra il 1976 e il 1983.
Si tratta, oggi, dei desaparecidos della guerra ai narcos: sulle strade del Messico diversi migranti sono scomparsi o sono stati assassinati, proprio negli ultimi sei anni, da quando è cominciata la guerra alla criminalità organizzata.
Ad ottobre, è partita la “Carovana delle madri”, composta da genitori di El salvador, Honduras, Nicaragua e Guatemala che, percorrendo 14 Stati e circa 4.600 chilometri, chiedono notizie, cercano indizi. Sono aiutati, in questo loro pellegrinaggio, da enti locali, istituti di migrazione, università, sostenitori dei diritti e l'iniziativa mira a richiamare l'attenzione sul trattamento che le autorità messicane riserva agli immigrati centroamericani. Un cartello recita, infatti, la scritta: “Tutto il Messico è un cimitero di migranti”: e le madri chiedono anche l'esumazione dei corpi che si trovano nelle fosse comuni.




Sono da qualche parte, nube o tomba
cercandoci, riordinando i loro sogni,
le loro dimenticanze,
forse convalescenti
dalla loro morte privata

versi tratti da “Desaparecidos” di Mario Benedetti