Si è
conclusa, a Milano, la 23ma edizione del Festival del cinema
africano, d'Asia e America latina che si conferma attento ai temi di
geopolitica e di attualità.
Tra le
tante proposte culturali, che hanno arricchito il programma delle
proiezioni, il pubblico ha potuto anche assistere ad una mostra e ad
un dibattito molto interessanti sulla situazione siriana e su come vivono le persone che sono rimaste nel Paese.
Creative
Syria è
il titolo dell'allestimento, a cura di Donatella Della Ratta, in cui
sono state esposte opere grafiche, pittoriche e multimediali di
artisti famosi e di persone comuni, testimonianza della creatività
del popolo che - attraverso immagini suggestive, parole
poetiche, musica evocativa e slogan efficaci - esprime il proprio sentimento e il proprio pensiero in una situazione di guerra e di paura,
di attesa e di speranza.
Presso la Casa del Pane, luogo in cui è
stata allestita la mostra, il 7 maggio scorso, si è tenuto un
dibattito con alcuni artisti. L'incontro è stato aperto dallo
scrittore e attivista per i diritti umani, Shady Hamadi che ha letto
un brano tratto dal suo lavoro intitolato “ La felicità araba.
Storia della mia famiglia e della rivoluzione siriana” in cui
l'autore mescola indagine e poesia nel raccontare la situazione del
proprio Paese negli ultimi due anni: un Paese in cui prima vivevano
armonicamente drusi, cristiani, sunniti, sciiti, curdi e alawiti e in
cui ora regnano il caos e la violenza. Ma, come sostiene Hamadi, il
dolore è destinato a finire, perchè nulla può essere eterno.
L'artista
Tammam Azzam avvicina, nei suoi pannelli di grandi dimensioni, figure
tratte da dipinti di pittori celebri , e perlopiù occidentali (Goya,
Klimt, Leonardo, Gauguin), ad immagini di distruzione, di case
diroccate, di strade bombardate: una provocazione che sottende la
domanda: “Perchè la comunità internazionale è attenta all'Arte,
alla Bellezza, ma quando si tratta di tragedie umane rimane
indifferente?”.
Kevork
Mourad, visual artist, fa accompagnare il gesto del disegnare alle
note di un clarinetto: la sua mano crea forme evanescenti e concrete
allo stesso tempo, linee delicate che raccontano guerra e violenza,
uomini-donne-bambini che meritano attenzione e ascolto. Mourad è
armeno, ma dice di lavorare per tutti i siriani: ricostruire la Siria
significa eliminare la dittatura e poi assumere il punto di vista di ogni individuo, non solo quello personale.
A
Nord del Paese alcuni bambini hanno trovato delle piccole monete e le
hanno consegnate al Museo di Archeologia per avere in cambio
caramelle: questo significa che la popolazione è consapevole che
quella è la propria terra e vogliono proteggerla e farla rinascere.
E anche se, giorno dopo giorno, il cammino si fa più difficile, le
persone che sono rimaste in Siria continuano a mettere in atto la
loro forma di resistenza tenace per vedere riaffermati i valori
della giustizia e della libertà.
Shady Hamadi |