Dal film "O mon corps!" |
Venerdì
10 maggio si è conclusa, a Milano, l'ultima edizione del Festival
del cinema africano, d'Asia e America latina che - attraverso le
mostre fotografiche, le installazioni artistiche, i dibattiti e, in
particolare, il programma dei film - ha portato nel capoluogo
lombardo informazioni, notizie e approfondimenti sull'attualità
geopolitica, sulla Storia contemporanea e sulla nostra realtà
quotidiana.
Il
concorso lungometraggi “Finestre sul mondo” è stato vinto dal
regista pechinese Peng Tao con il suo
The cremator:
La Cina narrata non è la potenza industriale che conosciamo in
Occidente né il Paese lacerato dalle contraddizioni economiche e
sociali, ma è la Cina rurale, in cui sopravvivono antiche tradizioni
e forte umanità.
Cao
è il protagonista del racconto: vive in un villaggio e lavora in un
impianto di cremazione. Secondo la tradizione, la cremazione è
riservata solamente ai corpi non riconosciuti e gli uomini che
muoiono prima di sposarsi hanno diritto a una “sposa fantasma”,
una donna nubile, che li accompagni nel loro viaggio nell'aldilà.
Cao non è più giovane ed è malato: decide, quindi, di prendere in
moglie una “sposa fantasma”, ma la sua non è necrofilia, è
espressione di una profonda solitudine e di una capacità di amare
incondizionatamente. L'arrivo della sorella della defunta, cambierà
il destino di Cao e lo riconcilierà con la vita. Un film delicato e
poetico; una storia raccontata con i ritmi lenti dei gesti e degli
sguardi, avvolta da un silenzio pieno di significato per descrivere
la solitudine e il bisogno di affetto di anime sensibili.
Si
parla di solitudine e di straniamento anche in Coming
forth by day, ambientato
a Il Cairo e vincitore come Miglior film africano. Soad vive con i
genitori: la madre lavora in un ospedale e, al rientro a casa, non ha
altre energie da spendere e il padre è un infermo, costretto a
letto. Soad si prende cura di loro e della casa: la cinepresa segue i
suoi movimenti, la sua frustrazione, ma anche la sua tenerezza. Solo
di sera Soad si concede di uscire dall'appartamento e di vagare nella
notte, ma oramai, è la sua ombra a camminare. Al suo debutto
cinematografico, Hala Lofty riesce a rendere sullo schermo anche
l'odore della vecchiaia e della malattia, mentre il caos della grande
città - con i suoi cambiamenti - rimane fuori, trapelando solo dalle
persiane socchiuse. La regia e la fotografia restituiscono un bel
gioco di chiaro-scuro, di interno ed esterno per parlare di vita
privata e vita sociale, di chi fa la rivoluzione pensando al Futuro e
di chi sopravvive quotidinamanente, arrancando nel Presente.
Sempre
in Nord Africa, ad Algeri, lavorano il coreografo Abou Lagraa e sua
moglie, la ballerina Nawal Lagraa: il loro sogno è quello di riunire
le culture del Mediterraneo in una grande accademia di danza
contemporanea. Per la performance di apertura, che si terrà al
Teatro Nazionale, i due artisti scelgono dieci ballerini di strada
non professionisti. Il film, intitolato Ô
MON CORPS!
di Laurent Aït Benalla e vincitore del concorso documentari,
registra le emozioni, le paure, le aspettative dei ragazzi e lo
sviluppo del progetto culturale. Un mosaico di personalità che
testimonia l'Algeria di oggi e l'importanza dell'Arte nel
rinnovamento del Paese.
Damola
Adelaja, dopo aver conseguito un master in Giornalismo televisivo, è
ora scrittore, produttore e regista cinematografico: con il suo primo
lavoro, da lui diretto e intepretato, Fela-Sidy,
ha
ottenuto il primo premio nella competizione cortometraggi,
raccontando la storia di un uomo chiuso nel suo appartamento di
lusso, mentre le notizie drammatiche dei violenti scioperi che
infiammano la Nigeria gli arrivano o in sogno oppure attraverso i
mass-media. Ascoltando le note e le parole delle canzoni di Fela
Kuti, l'uomo ritroverà il senso di appartenenza al suo popolo.
I
film vincitori confermano le parole scritte nel catalogo della
manifestazione dall'Assessore alla Cultura del Comune di Milano,
Filippo Del Corno: “ E' tempo di comprendere che la nostra identità
non può che essere valorizzata dalla conoscenza di altre realtà e
di altri popoli, tradizioni, modi di vivere, per essere cittadini
partecipanti di una società sempre più globalizzata e di un
Presente così complesso e in cambiamento”.
Damola Adelaja |
Dal film "The cremator" |