Si
chiama Isabel, ha 22 anni ed è gia madre, ma è incinta di un altro
figlio. Isabel vive a El Salvador - un piccolo Stato di un milione di
persone, in Centro america - ed è molto malata: è affetta da Lupus
eritematoso sistemico, una malattia del sistema immunitario, e da
insufficienza renale. La gravidanza peggiora le sue condizioni di
salute, tanto da mettere in pericolo la sua vita.
I
medici, inoltre, sostengono che il figlio che porta in grembo nascerà
morto in quanto è anencefalico - ovvero privo di cervello - per cui
Isabel avrebbe deciso di abortire. Ma nel suo Paese l'interruzione di
gravidanza è severamente vietata e la pena prevista sarebbe di otto
anni di detenzione.
L'opinione
pubblica di El Salvador è divisa in due: da una parte i rigidi
sostenitori della legge e, dall'altra, i cittadini che vorrebbero
vedere salva la vita di Isabel.
Il
rappresentante dell'Onu a El salvador, Roberto Valent e il Ministro
della salute, Marìa Isabel Rodrìguez, appoggiano la disperata
richiesta della ragazza, mentre il Vescovo, Josè Luis Escobar, ha
affermato che: “Sembra uno stratagemma per conseguire la
legalizzazione dell'aborto. Chiedo all'Alta Corte di ricordare che,
per la Costituzione, una persona umana è tale dal concepimento”. E
Isabel si è rivolta proprio al Tribunale Supremo che sta valutando
il suo caso mentre Amnesty International parla di “norme crudeli e
disumane” e di “omicidio di Stato”.
Il
dibattito è aperto anche in Cile, nella Repubblica Dominicana, in
Honduras e Nicaragua. Ma la storia di Isabel riguarda uomini e donne
di tutte le nazionalità,perchè pone al centro della riflessione un
dibattito etico e morale di carattere universale.