A meno di quattro mesi dalle elezioni presidenziali, in Iran arriva una "retata" ai danni di almeno quaranta giornalisti, tra cui l'umorista Pouria Alami.
Agenti in borghese, appartenenti ai servizi di sicurezza iraniani, hanno messo in atto un vero e proprio blitz, perquisendo - nello scorso week end - le sedi di alcuni giornali riformisti, a Teheran: ovvero, le redazioni dei quotidiani "Sharg", "Bahar", "Etemad" e "Arman", di un settimanale e dell'agenzia semi-ufficiale Ilna.
Le persone arrestate sono sette uomini e quattro donne, accusate di aver scritto articoli critici nei confronti del regime e, quindi, di essere vicini all'opposizione. Alcuni giorni fa, infatti, il portavoce del Ministero della Giustizia, Gholam-Hossein Mohseni Ejei, aveva dichiarato: "Secondo informazioni certe, purtroppo, alcuni giornalisti cooperano con i media occidentali ostili e con gli antirivoluzionari".
Ancora una volta la dittatura iraniana mette in atto una "caccia alle streghe", accusando i mezzi di informazione e i loro professionisti di spionaggio e collaborazionismo. Molti giornalisti e reporters avevano già trascorso lunghi periodi a Evin - il carcere di massima sicurezza più famoso della capitale iraniana - per gli articoli antiregime, come detto, ma anche per quelli in difesa delle donne.
Dal 2000 ad oggi si contano 120 testate chiuse e decine di giornalisti imprigionati: per aver espresso le proprie opinioni e per aver scritto la verità.
Agenti in borghese, appartenenti ai servizi di sicurezza iraniani, hanno messo in atto un vero e proprio blitz, perquisendo - nello scorso week end - le sedi di alcuni giornali riformisti, a Teheran: ovvero, le redazioni dei quotidiani "Sharg", "Bahar", "Etemad" e "Arman", di un settimanale e dell'agenzia semi-ufficiale Ilna.
Le persone arrestate sono sette uomini e quattro donne, accusate di aver scritto articoli critici nei confronti del regime e, quindi, di essere vicini all'opposizione. Alcuni giorni fa, infatti, il portavoce del Ministero della Giustizia, Gholam-Hossein Mohseni Ejei, aveva dichiarato: "Secondo informazioni certe, purtroppo, alcuni giornalisti cooperano con i media occidentali ostili e con gli antirivoluzionari".
Ancora una volta la dittatura iraniana mette in atto una "caccia alle streghe", accusando i mezzi di informazione e i loro professionisti di spionaggio e collaborazionismo. Molti giornalisti e reporters avevano già trascorso lunghi periodi a Evin - il carcere di massima sicurezza più famoso della capitale iraniana - per gli articoli antiregime, come detto, ma anche per quelli in difesa delle donne.
Dal 2000 ad oggi si contano 120 testate chiuse e decine di giornalisti imprigionati: per aver espresso le proprie opinioni e per aver scritto la verità.