venerdì 22 febbraio 2013

STRANIERI: un titolo semplice per uno spettacolo incisivo


Sette persone: quattro donne e tre uomini, chiusi nello scantinato di una qualsiasi città europea e imprigionati nella loro condizione di “clandestini”.
Una ragazza laureata costretta a chiedere l'elemosina; una donna araba, privata della maternità, un'altra, russa, costretta a prostituirsi e Alina che spera di diventare una modella. E poi: l' uomo che viene dalla Libia e sogna di aprire un ristornate, un altro che vuole imparare la lingua e comprarsi una bella, grande casa; e il ragazzo aggressivo, dall'Est, ma dal cuore tenero.
Questi sono i protagonisti di Stranieri, uno spettacolo teatrale - vincitore del Premio Scintille all'ultima edizione del Festival Asti Teatro - e presentato, qualche giorno fa, al Tieffe Teatro Menotti di Milano, davanti ad un pubblico gremito di giovani.
Sì, sono straniere le persone di cui si vuole parlare, ma sono soprattutto uomini e donne che hanno affrontato viaggi pericolosi, in barche instabili o nascosti nei camion; uomini e donne che non conoscono bene la lingua del Paese che dovrebbe accoglierli; che non hanno un lavoro né stabile né dignitoso; che sognano e sperano; che tengono duro anche quando la vita è sempre più faticosa.
Sono gli immigrati, quelli irregolari che non hanno ancora ottenuto il permesso di soggiorno e sono quelli che chiedono asilo perchè nei loro Paesi c'è la guerra o sono discriminati per le proprie idee religiose o politiche; e sono appesi ad un foglio di carta e alla burocrazia, in eterna attesa di una risposta e di un riconoscimento.
Sono gli “invisibili”, quelli che non hanno amici e non sono gli amanti di nessuno, come recita la poesia che chiude lo spettacolo.
La scrittura, la regia e la messa in scena di Stranieri è a cura della Compagnia Zwischentraum Theatre, un'esperienza di lavoro nata alla fine del 2011, in Svizzera. Gli attori, e registi, hanno nazionalità diverse (Germania, Italia, Canada e Belgio),ma hanno condiviso la stessa formazione artistica presso la Scuola Teatro Dimitri. La loro scelta è quella del teatro “fisico”, di comunicare attraverso il linguaggio del corpo: con la danza, con l'acrobatica e con la pantomima. E, a questo, si aggiungono la musica e le parole per emozionare, ma anche riflettere sui temi di attualità.

Abbiamo rivolto alcune domande agli attori e alle attrici del collettivo Zwischentraum Theatre:


Cosa vuol dire lavorare in un “collettivo”?

Lavorare in un collettivo vuol dire portare, ognuno, il proprio punto di vista, le proprie paure, i propri desideri. Non è facile, a volte ci si scontra perchè ognuno ha le proprie idee e anche forti e formare un pensiero teatrale diventa complicato, ma alla fine, si trova il filo rosso, ciò che che ci tiene insieme.

Come vi siete documentati per preparare lo spettacolo ?

Ognuno di noi ha svolto una ricerca su quello che sarebbe diventato il suo personaggio e, insieme, ci siamo dati stimoli a vicenda, consigliandoci libri, film o discutendo dei fatti di cui abbiamo sentito parlare. Alcune fonti – letterarie e cinematografiche – sono state, ad esempio, Bilal di Fabrizio Gatti o Nel mare non ci sono coccodrilli di Fabio Geda, come testi scritti; oppure, come film, Illegal, Hotel Rwanda, Il viaggio della speranza e molti altri ancora.
La costruzione dello spettacolo è stata molto lunga: il nucleo esiste da un anno e mezzo, ma ci abbiamo lavorato a tranche di 20 giorni e, nel frattempo, abbiamo avuto modo di studiare, di prepararci

Qual è il significato della scenografia che avete scelto per Stranieri?

E' ancora un punto di discussione. Per adesso vuole ricreare l'idea di un'unica stanza e la difficoltà di vivere in tanti, insieme, in quello spazio. Abbiamo cercato di separare gli uomini dalle donne per sottolineare la promiscuità di generi che gli immigrati devono accettare per forza, come anche il fatto di condividere lo stesso letto...
La scenografia è essenziale e simbolica - non legata al realismo della situazione – ma vuole rendere la claustrofobia e la mancanza di privacy

Perchè avete scelto di recitare, principalmente, con il corpo?

Noi non siamo attori di prosa, ma ci basiamo sull'espressione del corpo che ha tantissimi colori: può essere poetica e rude, evocativa e concreta, ma mai didascalica.