lunedì 25 febbraio 2013

William Kentridge: riflettere sulla contemporaneità




Sudafricano di Johannesburg, classe 1955, William Kentridge è un artista completo, eclettico e profondo. Disegnatore, incisore, cineasta crea installazioni oniriche e visionarie, film animati contaminati dalla musica e dalla danza, dalla poesia e dal teatro: per esplorare la contemporaneità.
La sua Arte è in mostra al MAXXI (Museo nazionale delle arti del XXI secolo) di Roma, fino al 3 marzo 2013 con un'esposizione intitolata William Kentridge. Vertical Thinking, a cura di Giulia Ferracci. Il nucleo della mostra è dato dall'installazione “The refusal of Time” ed è, come racconta la curatrice: “Un'istallazione colossale, un'esplosione di musica, immagini, ombre cinesi con, al centro dello spazio, una scultura lignea che ricorda le macchine di Leonardo Da Vinci”. Si tratta, infatti, di una riflessione sul tempo standardizzato dalle convenzioni globali.
Ma Kentridge, oltre a proporre riflessioni metafisiche, sa anche calarsi nella realtà, intrecciando, ad esempio, gli avvenimenti del suo Paese d'origine (il Sudafrica) con i lavori dei grandi maestri del Passato e marchiando le opere con il proprio stile, uno stile che mescola acqueforti e intagli, disegni e materiali di archivio, video e fumetto. L'argomento che gli sta più a cuore è il tema dell'apartheid, la “roccia”, come lui ama definire la segregazione razziale, quella roccia, quel macigno contro cui anche l'arte è destinata a scontrarsi. Come molti altri artisti, anche suoi connazionali (quali, ad esempio, la Gordimer e Coetzee), Kentridge non affronta spesso l'apartheid in maniera diretta e frontale, ma lo fa attraverso artifici artistici che restituiscono agli spettatori sensazioni e vertigini, che suggeriscono associazioni di idee, che costringono ad andare oltre l'apparenza per scoprire il significato nascosto della sua analisi e della sua riflessione. Ecco, quindi, che, in “Zeno Writing”, la vicenda del protagonista del romanzo “La coscienza di Zeno” di Italo Svevo diventa metafora della società sudafricana contemporanea; oppure in “Flagellant”, liberamente tratto da “Ubu Roi” di Alfred Jarry, torna il tema della segregazione; oppure nel grande arazzo “North Pole Map” viene evocato l'attraversamento dei confini.
Uno sguardo sul Presente, quello dell'artista sudafricano, sensibile e raffinato, per un giudizio implacabile.