Invisibili?
Donne latinoamericane contro il Neoliberismo,
di Laura Fano Morrissey edito da Ediesse, è un lavoro molto
originale e di grande attualità: parla e racconta le storie di donne
del Sudamerica approdate a Roma in cerca di un futuro migliore con le
guerriere dell’acqua di Cochabamba, le indigene zapatiste o le
Madres de Plaza de Mayo? Cosa lega la migrazione ai grandi movimenti
sociali sviluppatisi in America Latina nel nuovo secolo?
Entrambi sono una reazione al neoliberismo spietato che a partire dagli anni ’80 ha stravolto le società e le economie di un intero continente, entrambi sono fenomeni caratterizzati da un forte protagonismo femminile.
Le testimonianze delle migranti e i saggi su quattro eventi emblematici della lotta al neoliberismo in America Latina, contenuti in questo libro, sono accomunati dal fatto che le protagoniste sono spesso donne ordinarie e invisibili, impegnate in modi diversi in una lotta quotidiana contro un sistema economico che le sfrutta in patria e all’estero, ma anche contro il maschilismo e il patriarcato, l’esclusione e la marginalità.
Entrambi sono una reazione al neoliberismo spietato che a partire dagli anni ’80 ha stravolto le società e le economie di un intero continente, entrambi sono fenomeni caratterizzati da un forte protagonismo femminile.
Le testimonianze delle migranti e i saggi su quattro eventi emblematici della lotta al neoliberismo in America Latina, contenuti in questo libro, sono accomunati dal fatto che le protagoniste sono spesso donne ordinarie e invisibili, impegnate in modi diversi in una lotta quotidiana contro un sistema economico che le sfrutta in patria e all’estero, ma anche contro il maschilismo e il patriarcato, l’esclusione e la marginalità.
L'Associazione
per i Diritti Umani ha rivolto, per voi, alcune domande a Laura Fano
Morrissey e la ringrazia molto.
Maria,
marcela, Rosa, Yanet e altre: sono le donne-protagoniste del suo
lavoro. Come si è svolta la ricerca e quali sono le criticità
evidenziate nel loro percorso di migrazione?
Le donne
protagoniste del libro sono tutte donne che per i più svariati
motivi già facevano parte della mia vita. Come spiego nel libro,
sono state e loro e l’idea stessa della pubblicazione a presentarsi
a me. Mettendo in relazione le loro storie, molto diverse ma con
qualche elemento affine, ho avuto l’intuizione di costruirvi
intorno una narrazione. Si tratta di sei donne, dunque non vi è mai
stata alcuna pretesa da parte mia di voler realizzare
un’investigazione dettagliata e rappresentativa del fenomeno
migratorio femminile latinoamericano. L’idea iniziale era
semplicemente di fornire dei ritratti di sei donne, da cui poi
potessero emergere, indirettamente, anche dei ritratti dei loro paesi
di origine. Tuttavia, nel dipingere questi ritratti, mi sono poi resa
conto che vi erano molte caratteristiche che accomunavano queste
donne: le difficoltà incontrate appena giunte in Italia, sia
economiche che di integrazione, i rapporti molto ambivalenti con le
comunità di connazionali qui a Roma, il quasi rigetto nel
trasmettere la propria lingua e le proprie tradizioni alle loro
famiglie, per paura che anche loro potessero essere discriminate.
Quali
sono i motivi che hanno spinto queste donne a lasciare il proprio
Paese? Ci può anticipare una delle loro storie?
Le sei
protagoniste hanno lasciato il proprio paese per motivi diversi.
Beatriz scappa dalla dittatura argentina, Yanet lascia Cuba per
sposare un italiano, Rose è costretta ad abbandonare il Brasile in
seguito a gravi episodi di violenza, Marcela vuole lasciarsi alle
spalle una delusione amorosa, Rosa viene portata in Italia con
l’inganno, Maria vuole assicurare un futuro migliore alle proprie
figlie. Tuttavia, con l’eccezione di Beatriz, tutte fanno in
qualche modo parte della categoria dei migranti economici. In
particolare la migrazione femminile, per quanto riguarda l’America
Latina, rappresenta la maggior parte del numero totale dei migranti.
Le protagoniste affrontano dunque situazioni molto difficili, non
solo in quanto migranti, ma anche come donne. Tutte hanno sulle loro
spalle la responsabilità di inviare i soldi a casa per mantenere
famiglie spesso numerose, molte di loro sono state costrette a
lasciare i propri figli, portandosi dietro rimorsi, sensi di colpa e
famiglie problematiche. Quasi nessuna ha avuto accanto una figura
maschile forte in questo percorso doloroso. Rosa, che venendo a Roma
dal Nicaragua, ha dovuto abbandonare le sue cinque figlie, di cui una
molto piccola, dice che se potesse tornare indietro, non lascerebbe
il suo paese e piuttosto vivrebbe di pane e acqua. “Ho sofferto
così tanto che per me la prigione sarebbe stata meglio. In carcere
almeno ogni quindici giorni puoi vedere i tuoi familiari.”
Nel
titolo si parla di “neoliberismo”: in che modo, questo sistema
economico, non risulta favorevole per le/i migranti ?
Il
nocciolo della questione non è tanto se il neoliberismo sia o meno
favorevole alle migranti, bensì esso rappresenta la causa stessa
della loro migrazione. Tagli ai sistemi basici quali scuola e sanità,
privatizzazioni, mancanza di qualsiasi assistenza da parte dello
Stato, dominio delle multinazionali, tutto ciò ha spinto una fetta
enorme della popolazione latinoamericana ad emigrare. Tuttavia, il
neoliberismo, applicato in America Latina già dagli anni 80, sta poi
rendendo la vita difficile a queste donne anche qui in Europa, dove
assistiamo ad una replica acritica di ciò che era stato sperimentato
in altre regioni con conseguenze disastrose.
Mentre
le sei donne, e tante come loro, sono emigrate come conseguenza di
queste politiche, molte altre invece le hanno combattute aspramente
sul territorio. Ed è qui che si inseriscono i quattro casi studio
che si alternano alle storie personali delle protagoniste: la lotta
zapatista in Messico, la guerra dell’acqua in Bolivia, la reazione
alla crisi argentina del 2001 e la difesa di Chavez in Venezuela
durante il tentativo di colpo di stato nel 2002.
In
Europa si parla poco del continente latinoamericano: perchè, secondo
lei, c'è questo vuoto di informazione?
Purtroppo
in Europa e dunque anche in Italia c’è una profonda mancanza di
informazione su quanto avviene in America Latina, e, ancor peggio,
una mala informazione dovuta a preconcetti e ad una visione
eurocentrica e neocoloniale. Il senso di superiorità europeo porta
da una parte a giudicare i processi in atto nella regione
latinoamericana con categorie nostre, assolutamente inadatte ad
interpretare una realtà molto diversa. Inoltre questo senso di
superiorità non permette di cogliere le lezioni che vengono da
quella parte di mondo che invece potrebbero risultarci molto utili,
soprattutto in questa fase di crisi profonda che stiamo
attraversando. Tutto ciò porta a guardare con supponenza o a
condannare i grandi processi di cambiamento avvenuti a Cuba e in
Venezuela, così come quelli portati avanti dagli importantissimi
movimenti sociali che con innovazione e creatività mettono in
discussione il sistema economico e politico dominante.
Cosa
significa, per le donne da lei incontrate, la parola “casa” ?
La
migrazione porta con sé dei processi di emancipazione molto
ambivalenti, in cui le identità si rompono e si ricreano. La casa
non è più una. Tutte queste donne vorrebbero tornare nei loro paesi
di origine, ma poi sono in qualche modo legate strettamente alla
realtà che, con difficoltà, si sono costruite qui. Il paese di
origine è spesso mitizzato, le cose negative spesso rimosse.
Tuttavia, quando queste donne vi si recano, provano nostalgia
dell’Italia e non si sentono completamente a casa. Ormai hanno
un’identità multipla che le rende straniere ovunque.