“Mi
hanno rotto un braccio e mi hanno pure detto che ero fortunato che
non fosse il destro. Mi hanno spento sigarette sul collo mentre in
due o tre mi tenevano fermo”; “Un professore mi ha detto che la
colpa dei miei problemi era mia: perchè non dicevo ai miei compagni
che ero etero?”: queste sono alcune frasi di Davide, che racconta
la sua vicenda nel saggio intitolato Bullismo
omofobico. Conoscerlo per combatterlo
di Ian Rivers, edito in Italia da il Saggiatore (per l'edizione
italiana è stato scritto con Vittorio Lingiardi).
Rivers è
docente presso la Brunel University di Londra e da vent'anni conduce
ricerche sul bullismo omofobico. Ma di cosa si tratta ? Esso consiste
in azioni deliberate con la finalità di emarginare, deridere o
denigrare compagni di scuola, perchè omosessuali o presunti tali per
un atteggiamento troppo effemminato oppure troppo mascolino. Il
bullismo omofobico si esprime attraverso parolacce e insulti, ma
troppo spesso attraverso minacce e violenza fisica.
Il libro
di Rivers raccoglie tante storie di ragazze e ragazzi vittime di
questo fenomeno, raccontate in prima persona, ma non si limita a fare
un quadro della situazione: propone, infatti, anche delle schede e
dei percorsi didattici che possano aiutare gli insegnanti (e gli
adulti tutti) a contrastare questo grave problema. Contrastare il
bullismo e l'omofobia, infatti, “è una sfida comune” come ha
dichiarato il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-Moon “
Abbiamo tutti un ruolo in quanto genitori, familiari, insegnanti,
vicini di casa, dirigenti di comunità, giornalisti, figure religiose
o funzionari pubblici”; così come ha sottolineato anche il
Presidente degli Stati Uniti, che ha affermato: “ Dobbiamo sfatare
il mito che il bullismo sia semplicemente un rito di passaggio, una
componente inevitabile del processo di crescita e formazione. Non è
così. Abbiamo l'obbligo di garantire che le nostre scuole siano
sicure per tutti i nostri figli”.
E' stato
accertato scientificamente che le conseguenze del bullismo
(soprattutto omofobico, ma di ogni tipologia) siano molto serie sulle
vittime: può causare, infatti, disturbi post-traumatici da stress
anche a lungo termine, ansia, problemi di socializzazione e anche
tendenze suicide, quest'ultime molto più frequenti di quanto si
sappia. Importantissimo, quindi, il ruolo delle famiglie e
dell'ambiente scolastico per non far sentire isolati questi giovani
che, con un percorso di consapevolezza e di fiducia in se stessi e
negli altri, possono sentirsi liberi di fare coming out.
In
Italia stanno nascendo alcune associazioni che si occupano di questo
tema: citiamo, ad esempio, il progetto Lecosecambiano@Roma,
promosso da Roma Capitale in collaborazione con la Sapienza che, lo
scorso anno, ha visto la partecipazione di 24 istituti scolastici
della città.
Sarà
possibile incontrare Ian Rivers il prossimo 9 luglio, a Milano, in
occasone del ciclo di incontri “Alimentare la mente” organizzato
dall'Ordine degli psicologi della Lombardia.