sabato 13 giugno 2015

Un Presidente che non cede



di Veronica Tedeschi




Il 26 giugno sarà un giorno decisivo per il Burundi. Le elezioni presidenziali che stanno smuovendo tutto il paese e che hanno creato enormi proteste sono ormai vicine.

Le contestazioni continuano ad aumentare ma, nonostante questo, il Presidente Nkurunziza non cambia idea; 51 anni, molto popolare nelle zone rurali del paese, meno nella capitale Bujumbura, secondo i suoi avversari è spietato e corrotto e la sua decisione di candidarsi ad un terzo mandato, accettata il 5 maggio dalla Corte Costituzionale, ha scatenato nel paese una serie di rivolte che hanno portato a più di 30 morti.

Nessun leader ha mai vinto il braccio di ferro con il suo popolo e, anche nel caso in cui le posizioni tra governo e popolo risultino totalmente diverse, un bravo Presidente dovrebbe dar ascolto ai pensieri della sua gente, alle loro opinioni e necessità. Dopo aver fatto leva sulla questione etnica, sentita più che mai in questo territorio a causa delle rivalità tra hutu (81% della popolazione) e tutsi (16 % della popolazione), Nkurunziza ha esagerato ulteriormente, fondando una milizia (imbonerakure) con lo scopo di schierarla contro gli oppositori. Il Governo ha anche minacciato di usare l’esercito per ristabilire l’ordine senza tener conto della determinazione di un popolo stanco e oppresso, che vuole, ora più che mai, avere il controllo del suo territorio e ristabilire la pace.

Il 13 maggio, la notizia del colpo di stato di Godefroid Nyombare, ha fatto sussultare la popolazione; Nyombare 46 anni, fu il primo hutu ad essere nominato capo di stato maggiore dell’esercito del Burundi ed insieme a Pierre Nkurunziza faceva parte del Cndd-Fdd, fino a quando fu allontanato per aver consigliato al Presidente di non candidarsi ad un terzo mandato.

Sono felice, siamo riusciti a rimuovere un Presidente che aveva tentato di modificare la Costituzione, dopo tutti i conflitti del passato voleva anche un terzo mandato per punirci ma, grazie alla rivolta popolare, abbiamo vinto e non cederemo” dice un manifestante dopo essere venuto a conoscenza del colpo di stato dalle radio locali (le radio pubbliche non hanno passato la notizia). Il colpo di stato è, però, fallito e alla notizia si sono moltiplicati gli attacchi della polizia contro le redazioni e i mezzi d’informazione indipendenti, molti dei quali sono stati costretti a chiudere.

Gran parte dei responsabili del colpo di stato sono stati arrestati ma questo non ha messo fine alle manifestazioni contro Nkurunziza che, nonostante tutto, non ha rinunciato al proposito di ottenere un terzo mandato alle elezioni del 26 giugno. Effetto collaterale, strettamente connesso alle rivolte e alla violenza nel paese, è rappresentato dai 2500 civili che stanno scappando, trasformandosi in migranti spaventati e arrabbiati per dover lasciare il loro Pese. La determinazione di questa popolazione deriva anche dalla stanchezza per la lunga guerra civile subita in questi ultimi anni e delle rivalità tra le fazioni tribali, scoppiate immediatamente dopo il golpe con gli hutu che cercavano vendetta contro i tutsi per l'assassinio di Ndadaye ed i militari tutsi che uccidevano gli hutu nel tentativo di conservare il potere. L'entrata in scena di un Presidente come Pierre Nkurunziza nel 2005, poteva e doveva rappresentare una vera e propria possibilità per uscire dal conflitto ma, nella pratica, non lo è stata.

Le rivolte, per la prima volta in Burundi, non riguardano solamente le differenze etniche ma sono legate ad una lotta di potere nel partito del governo (formato da entrambe le entie) che non vuole mollare; per convincerlo a non candidarsi ad un terzo mandato, si sono alternati membri del Consiglio di Sicurezza dell'ONU, membri dell'Unione Africana e dell'UE, soprattutto per evitare effetti collaterali quali aumento delle morti e dei migranti. Le elezioni sono ormai vicine e il Presidente non sembra intenzionato a cambiare idea, possiamo solo restare in attesa, con la speranza che le elezioni si svolgano pacificamente e senza ulteriori violenze.