In
questo periodo sta girando nelle sale italiane un film interessante,
che riporta al centro della memoria e della riflessione la città di
Sarajevo e quell'area balcanica di cui poco si parla, ma che è stata
ed è ancora al centro della Storia europea e non solo.
I
ponti di Sarajevo
è un'opera collettiva che ha visto al lavoro molti registi italiani
e stranieri: Aida Becìc con il suo “Album”; Leonardo di Costanzo
e “ L'avamposto”; Jean Luc Godard ha diretto “ Les ponts des
souspirs”; Kamen Kalev di “Ma chére nuit”; Isild Le Besco con
“Little boy”; Sergei Loznistsa e “Reflexions”; Vincenzo Marra
regista de “Il ponte”; Ursula Meier di “ Silence mujo”;
Vladimir Perisic con “Our Shadows will”; Cristi Puiu con
“”Revellion”; Angela Schanelec regista di “Princip, Texte”;
Marc Recha che ha diretto “Zan's journey”; e Teresa Villaverde
con il suo “Sara et sa mére”.
I
tredici autori, coordinati dal giornalista e storico del cinema
Michel Frodon, accompagnano gli spettatori nella città dove, il 28
giugno 1914, fu assassinato l'arciduca Francesco Ferdinando, erede
dell'impero austro-ungarico: l'episodio è considerato la causa
scatenante della Prima Guerra Mondiale. Questo momento del Passato
apre la narrazione con il cortometraggio di Kalev e con la parte
intitolata L'avamposto
di
Di Costanzo in
cui viene denunciata la follia della guerra e l'ingiustizia della
logica militaresca; l'unica regista della Bosnia Erzegovina, Aida
Begìc, sfoglia l'album della città nell'arco di quei cento anni che
separano la Grande Guerra e il Presente; un lungo piano sequenza,
anche dalle tinte leggere, caratterizza l'opera di Cristi Puiu che,
spostandosi con la cinepresa da un albero di Natale verso la camera
da letto di due anziani coniugi, affronta il tema della xenofobia.
Questi
solo alcuni esempi dei registri e della sensibilità con cui gli
autori, partendo dalla stessa città, hanno creato un ponte tra
Europa occidentale ed Europa orientale. Gli episodi cinematografici
sono legati dai disegni di Francois Schuiten che, poeticamente,
raffigurano mani intrecciate. I ponti – fisici e mentali – si
possono costruire ed abbattere; le mani accarezzano o usano violenza.
L'intento di questo film è quello di ricostruire speranza,
collettività, rispetto sulle macerie di quella parte del nostro
continente ancora ferita.
Dedichiamo
questo
post ai cittadini di Srebrenica, ricordando che quest'anno ricorre il
20mo anniversario del massacro di Srebrenica che è stato, a tutti
gli effetti, un atto di genocidio
e crimine
di guerra
avvenuto durante la guerra
in Bosnia ed Erzegovina.
Migliaia di musulmani
bosniaci
furono uccisi l'11 luglio 1995
da parte delle truppe serbo-bosniache guidate dal generale Ratko
Mladić,
con l'appoggio dei gruppi paramilitari
guidati da Željko
Ražnatović[5],
nella zona protetta di Srebrenica
che si trovava al momento sotto la tutela delle Nazioni
Unite.