lunedì 5 ottobre 2015

Se Arianna: una madre e una figlia disabile


 


Un testo delicato, profondo, vero: Anna è la madre di una ragazza con un grave problema cerebrale. Arianna dipende in tutto dalla mamma e da altre persone e questa madre ha deciso di raccontare la quotidianità della figlia e di una famiglia “diversamente normale”. Ogni capitolo del libro intitolato Se Arianna (edito da Giunti) racconta un episodio, un aneddoto che vede protagonista la ragazza e i suoi familiari: difficoltà, gioie, ostacoli e conquiste. Quella di Arianna è una storia che appartiene a tanti, ma non tutti hanno il coraggio di raccontarla al pubblico, anche se hanno la forza di affrontarla.



L'Associazione per i Diritti Umani ha rivolto alcune domande ad Anna Visciani e la ringrazia moltissimo per questo suo contributo.



 

Può raccontarci come si è venuti a sapere del problema di Arianna e quali sono tate le prime reazioni dei suoi familiari?



Nostra figlia Arianna è nata alla 30° settimana, quindi con un’importante prematurità, ma nonostante il suo basso peso alla nascita respirava autonomamente.

In quarta giornata è subentrata un’emorragia cerebrale come spesso accade nei prematuri.

Abbiamo subito capito che ci sarebbero stati problemi se fosse sopravvissuta, ma dato che in questi bimbi le possibilità di recupero sono elevate, abbiamo sperato che il danno subìto dal suo cervello fosse compatibile con una vita parzialmente autonoma.

Ci siamo resi conto della sua gravità con il tempo, constatando che le tappe del normale sviluppo psicomotorio non venivano raggiunte (non riusciva a stare seduta, non gattonava, non faceva i versetti che tutti i piccoli fanno per comunicare).

I nostri famigliari, come noi, a lungo sono rimasti in attesa di qualche miglioramento, sospesi tra la speranza e la preoccupazione.

Con dolore è dunque arrivata la consapevolezza del suo stato di grave deficit ed è iniziato il processo di elaborazione e accettazione di questa nostra nuova condizione.



Come si svolge la comunicazione con Arianna?



La comunicazione con Arianna è molto difficile, perché non parla e ha un problema di distonia dello sguardo, per cui non riesce a fissare un oggetto stabilmente, ma solo per pochi secondi. Questo ha reso complicato qualunque tentativo di interagire con lei attraverso la vista.

I canali preferenziali che utilizziamo con lei sono perciò quello uditivo e quello tattile: con pazienza e modulazione della voce, cercando di attirare la sua attenzione, si cerca di farla partecipare a quello che avviene intorno a lei. Oltre alle stimolazioni sensitive più complesse (suoni e colori associati), coccole e carezze non mancano mai.

Arianna ama molto la musica (abbiamo dedicato un capitolo a questo argomento) che ha il potere di rilassarla e di renderla serena. Con piacere abbiamo scoperto che ha dei gusti musicali molto precisi!!!


La sua famiglia riceve aiuti da parte delle istituzioni? E si può parlare di “solidarietà” da parte, invece, della rete sociale?


Arianna ha un’invalidità del 100% per cui le sono riconosciute la pensione e l’indennità di accompagnamento, essendo impossibilitata a svolgere da sola qualunque attività quotidiana.

Fin da quando era piccola abbiamo sempre avuto una rete di persone per farci dare una mano (in particolare dopo la nascita dei gemelli), ma sono state sempre pagate da noi.

Saltuario l’intervento di soccorso da parte di parenti, amici e vicini e solo nei casi di emergenza.

Non abbiamo mai trovato “volontari” disponibili ad aiutarci, forse perché le persone si spaventano davanti alla grave disabilità di Arianna.

In realtà per quanto riguarda l’inserimento sociale di Arianna siamo stati molto fortunati: ha frequentato la scuola materna con l’ausilio di una persona di supporto esterna (pagata con un sussidio della Provincia di Milano) e poi la scuola elementare con un orario leggermente ridotto, ma affiancata da un insegnante di sostegno del Provveditorato (lo stesso per tutti e cinque gli anni) e nelle ore rimanenti da un assistente del Comune di Milano.

Alla fine di questo percorso è stata inserita nella scuola elementare “speciale” della Fondazione Don Gnocchi dove ha trovato insegnanti davvero preparate e amorevoli. Qui è rimasta fino al compimento dei 18 anni, quando è passata al Centro Diurno della stessa struttura: la figura dell’insegnante è stata sostituita da quella dell’educatore e il numero dei ragazzi accuditi è più alto, ma l’attenzione e la dedizione ricevute sono le stesse.

Arianna riconosce il suo ambiente abituale e dimostra piacere (la sua tranquillità e i suoi sorrisi ne sono la prova) a frequentare il centro, dove ritrova i suoi compagni e le sue persone di riferimento.



Nella presentazione del libro, parla anche di situazioni grottesche...ci può fare un esempio?



Quando abbiamo cominciato a scrivere il nostro libro ci siamo resi conto che qualche volta c’eravamo trovati in situazioni drammatiche parecchio lontane da quello che una persona normale può immaginare. Situazioni paradossali risolte in modo rocambolesco, che a distanza di tempo ci sembrano addirittura grottesche.

Gli episodio più buffi sono legati ai pasti di Arianna preparati al ristorante dell’albergo al mare dove facevamo le vacanze, quando la preparazione della sua pappa frullata passava attraverso molti tentativi ed errori prima di arrivare alla consistenza adeguata (il racconto è fatto dal fratello più piccolo).

Uno degli inconveniente più singolari invece risale a qualche anno fa quando, sempre in vacanza al mare, si staccò (nell’ascensore dell’albergo!) il poggiatesta della sedia a rotelle essendosi tranciate le viti che lo tenevano ancorato allo schienale. Momenti drammatici non solo perché Arianna non aveva modo di stare seduta, ma anche perché non sapevamo come e da chi far aggiustare la sua carrozzina.

Il racconto del papà ben evidenzia lo smarrimento e la sensazione di impotenza di quei momenti, finché non gli venne l’idea di portare la carrozzina dal ciclista del paese: “Mentre Anna continua a tenere in braccio Arianna, con Daniele vado al negozio di biciclette e pedalò in riva al mare: li vendono, li affittano e li riparano, ci sarà pure qualcuno in grado di trovare una soluzione, d’altra parte stiamo pur sempre parlando di un mezzo su ruote senza motore!”

Oggi ripensandoci possiamo persino riderci su.



Che significato ha la parola “dignità”?


Dignità è fornire a un individuo una vita rispettosa della persona, una vita in cui non solo sono soddisfatte le sue esigenze primarie di sopravvivenza, ma sono anche garantiti i diritti per la sua salvaguardia e per il suo inserimento nella società.