Un testo
delicato, profondo, vero: Anna è la madre di una ragazza con un
grave problema cerebrale. Arianna dipende in tutto dalla mamma e da
altre persone e questa madre ha deciso di raccontare la quotidianità
della figlia e di una famiglia “diversamente normale”. Ogni
capitolo del libro intitolato Se
Arianna (edito da Giunti)
racconta un episodio, un aneddoto che vede protagonista la ragazza e
i suoi familiari: difficoltà, gioie, ostacoli e conquiste. Quella di
Arianna è una storia che appartiene a tanti, ma non tutti hanno il
coraggio di raccontarla al pubblico, anche se hanno la forza di
affrontarla.
L'Associazione
per i Diritti Umani ha rivolto alcune domande ad Anna Visciani e la
ringrazia moltissimo per questo suo contributo.
Può
raccontarci come si è venuti a sapere del problema di Arianna e
quali sono tate le prime reazioni dei suoi familiari?
Nostra
figlia Arianna è nata alla 30° settimana, quindi con un’importante
prematurità, ma nonostante il suo basso peso alla nascita respirava
autonomamente.
In
quarta giornata è subentrata un’emorragia cerebrale come spesso
accade nei prematuri.
Abbiamo
subito capito che ci sarebbero stati problemi se fosse sopravvissuta,
ma dato che in questi bimbi le possibilità di recupero sono elevate,
abbiamo sperato che il danno subìto dal suo cervello fosse
compatibile con una vita parzialmente autonoma.
Ci
siamo resi conto della sua gravità con il tempo, constatando che le
tappe del normale sviluppo psicomotorio non venivano raggiunte (non
riusciva a stare seduta, non gattonava, non faceva i versetti che
tutti i piccoli fanno per comunicare).
I
nostri famigliari, come noi, a lungo sono rimasti in attesa di
qualche miglioramento, sospesi tra la speranza e la preoccupazione.
Con
dolore è dunque arrivata la consapevolezza del suo stato di grave
deficit ed è iniziato il processo di elaborazione e accettazione di
questa nostra nuova condizione.
Come si
svolge la comunicazione con Arianna?
La
comunicazione con Arianna è molto difficile, perché non parla e ha
un problema di distonia dello sguardo, per cui non riesce a fissare
un oggetto stabilmente, ma solo per pochi secondi. Questo ha reso
complicato qualunque tentativo di interagire con lei attraverso la
vista.
I
canali preferenziali che utilizziamo con lei sono perciò quello
uditivo e quello tattile: con pazienza e modulazione della voce,
cercando di attirare la sua attenzione, si cerca di farla partecipare
a quello che avviene intorno a lei. Oltre alle stimolazioni sensitive
più complesse (suoni e colori associati), coccole e carezze non
mancano mai.
Arianna
ama molto la musica (abbiamo dedicato un capitolo a questo argomento)
che ha il potere di rilassarla e di renderla serena. Con piacere
abbiamo scoperto che ha dei gusti musicali molto precisi!!!
La sua
famiglia riceve aiuti da parte delle istituzioni? E si può parlare
di “solidarietà” da parte, invece, della rete sociale?
Arianna
ha un’invalidità del 100% per cui le sono riconosciute la pensione
e l’indennità di accompagnamento, essendo impossibilitata a
svolgere da sola qualunque attività quotidiana.
Fin
da quando era piccola abbiamo sempre avuto una rete di persone per
farci dare una mano (in particolare dopo la nascita dei gemelli), ma
sono state sempre pagate da noi.
Saltuario
l’intervento di soccorso da parte di parenti, amici e vicini e solo
nei casi di emergenza.
Non
abbiamo mai trovato “volontari” disponibili ad aiutarci, forse
perché le persone si spaventano davanti alla grave disabilità di
Arianna.
In
realtà per quanto riguarda l’inserimento sociale di Arianna siamo
stati molto fortunati: ha frequentato la scuola materna con l’ausilio
di una persona di supporto esterna (pagata con un sussidio della
Provincia di Milano) e poi la scuola elementare con un orario
leggermente ridotto, ma affiancata da un insegnante di sostegno del
Provveditorato (lo stesso per tutti e cinque gli anni) e nelle ore
rimanenti da un assistente del Comune di Milano.
Alla
fine di questo percorso è stata inserita nella scuola elementare
“speciale” della Fondazione Don Gnocchi dove ha trovato
insegnanti davvero preparate e amorevoli. Qui è rimasta fino al
compimento dei 18 anni, quando è passata al Centro Diurno della
stessa struttura: la figura dell’insegnante è stata sostituita da
quella dell’educatore e il numero dei ragazzi accuditi è più
alto, ma l’attenzione e la dedizione ricevute sono le stesse.
Arianna
riconosce il suo ambiente abituale e dimostra piacere (la sua
tranquillità e i suoi sorrisi ne sono la prova) a frequentare il
centro, dove ritrova i suoi compagni e le sue persone di riferimento.
Nella
presentazione del libro, parla anche di situazioni grottesche...ci
può fare un esempio?
Quando
abbiamo cominciato a scrivere il nostro libro ci siamo resi conto che
qualche volta c’eravamo trovati in situazioni drammatiche parecchio
lontane da quello che una persona normale può immaginare. Situazioni
paradossali risolte in modo rocambolesco, che a distanza di tempo ci
sembrano addirittura grottesche.
Gli
episodio più buffi sono legati ai pasti di Arianna preparati al
ristorante dell’albergo al mare dove facevamo le vacanze, quando la
preparazione della sua pappa frullata passava attraverso molti
tentativi ed errori prima di arrivare alla consistenza adeguata (il
racconto è fatto dal fratello più piccolo).
Uno
degli inconveniente più singolari invece risale a qualche anno fa
quando, sempre in vacanza al mare, si staccò (nell’ascensore
dell’albergo!) il poggiatesta della sedia a rotelle essendosi
tranciate le viti che lo tenevano ancorato allo schienale. Momenti
drammatici non solo perché Arianna non aveva modo di stare seduta,
ma anche perché non sapevamo come e da chi far aggiustare la sua
carrozzina.
Il
racconto del papà ben evidenzia lo smarrimento e la sensazione di
impotenza di quei momenti, finché non gli venne l’idea di portare
la carrozzina dal ciclista del paese: “Mentre
Anna continua a tenere in braccio Arianna, con Daniele vado al
negozio di biciclette e pedalò in riva al mare: li vendono, li
affittano e li riparano, ci sarà pure qualcuno in grado di trovare
una soluzione, d’altra parte stiamo pur sempre parlando di un mezzo
su ruote senza motore!”
Oggi
ripensandoci possiamo persino riderci su.
Che
significato ha la parola “dignità”?
Dignità
è fornire a un individuo una vita rispettosa della persona, una vita
in cui non solo sono soddisfatte le sue esigenze primarie di
sopravvivenza, ma sono anche garantiti i diritti per la sua
salvaguardia e per il suo inserimento nella società.