di Monica Macchi
Per la festa dell’Eid el Adaa di quest’anno il presidente egiziano Abd al-Fattah al-Sisi ha graziato molti detenuti politici tra cui alcuni giornalisti di Al Jazeera e pochi giorni fa in un’intervista con Wolf Blitzer alla CNN ha detto “Non voglio esagerare, ma vi assicuro che l'Egitto gode di una libertà senza precedenti nei media”.
In realtà Bassem Youssef si è visto cancellare il suo spettacolo “Al-Barnamig” dopo un episodio sulle elezioni presidenziali con annessa una multa di 50 milioni di ghinee. Ora vive all'estero e non è tornato in Egitto neppure per il funerale del padre per paura di essere arrestato…e nel frattempo continua a essere denigrato come “traditore”. E molti altri giornalisti come Reem Magued, Yosri Fouda e Dina Abdel Rahman sono stati licenziati con l’accusa nemmeno tanto velata di aver criticato il governo mentre nell’ultimo anno numerosi giornali tra cui Al-Watan, Al-Masry Al-Youm, Sawt Al-Oma e Al-Sabah sono stati confiscati dalle autorità. Secondo le cifre fornite dal Sindacato dei giornalisti ci sono 32 giornalisti ancora in carcere, tra cui il fotogiornalista Shawkan di cui ci siamo già occupati qui. (http://peridirittiumani.blogspot.it/2015/01/mahmoud-abou-zeid-alias-shawkan-un.html).
Ma anche la tv è nel mirino: la serie “Il popolo di Alessandria” è stata cancellata, perché critica la polizia egiziana prima della rivoluzione del 25 gennaio. E non sono solo i giornalisti e gli scrittori (Belal Fadl su tutti) ad essere sotto controllo... Ahmed El-Merghany, è stato cacciato dalla sua squadra Wadi Degla per aver criticato Sisi sulla sua pagina di Facebook…ebbene ha dovuto pubblicamente chiedere scusa per tornare a giocare perché tutti i calciatori egiziani hanno attuato una sorta di boicottaggio rifiutandosi di averlo in squadra.
Ma
ci sono anche sparizioni misteriose come quella di Mostafa Massouny,
un video-maker scomparso dal 26 giugno dal centro del Cairo. I suoi
familiari e amici non sono riusciti a trovarlo da nessuna parte,
negli ospedali, negli obitori, nelle carceri e nelle stazioni di
polizia ma hanno saputo che è stato “oggetto di indagine” da
parte del NSA (Agenzia di Sicurezza Nazionale) presso la sede di
Lazoghly
Square. Il
Ministero degli Interni nega qualsiasi coinvolgimento ma dice che
“stanno indagando”.
L’associazione
Freedom for the Brave ha iniziato una campagna per far luce sul caso
di Massouny sotto l’hashtag “Dov’è Massouny?” (# ماصوني_فين)
documentando almeno 163 casi di sparizioni forzate e detenzione
illegale da parte delle forze di sicurezza solo negli ultimi due
mesi.