Molti i
cognomi italiani in Argentina, come abbiamo già ricordato
nell'articolo intitolato “Italiani d'altrove: parole di poeti che
scrivono in altre lingue, ma continuano a sentire in italiano”:
Piazzolla, De Caro, Pugliese. Molti gli italiani emigrati in
Argentina, in passato, che - a Buenos Aires, Cordoba, Mendoza - hanno
costruito associazioni, e industrie e hanno prodotto arte. Ma si
parla per lo più di uomini.
Tantissime,
invece, anche le donne che, dal Bel Paese, sono andate a vivere in
Argentina oppure che dal Paese sudamericano hanno deciso di venire in
Italia. Il problema, però, è che molti argentini hanno la doppia
cittadinanza, arrivano qui con il passaporto italiano senza avere
contatti con il Consolato di appartenenza per cui il Consolato stesso
ha solo una stima del 50% delle persone che arrivano in Italia.
L'esposizione
romana si concentra sulla vitale presenza delle donne argentine: si
tratta della vita e dell'operato di ballerine, scrittrici, musiciste,
attrici e di una videomaker che portano nelle vie e nelle piazze
italiane, ad esempio, il murga
- una
forma di teatro di strada che unisce danza, canto e musica - e, con
esso, la propria cultura. Anche il linguaggio delle immagini e delle
poesia cattura istanti di bellezza e veicola la riflessione sul
mondo, sulla realtà: una realtà in continua trasformazione.
Anche
l'allestimento del percorso espositivo è interessante: le tre
curatrici (Inés Grion, giornalista; Marina Rivera, designer; Leticia
Marrone, sociologa, tutte e tre italo-argentine) hanno creato -
attraverso la tecnica del reportage - una mostra multimediale. La
scenografia è costituita dal soggiorno di un'abitazione, uno spazio
intimo che permette di raccontare e di raccontarsi, prendendo in
considerazione i temi della Memoria, dell'immaginazione, della
quotidianità e delle aspettative per il Futuro. E Le donne
argentine, che visitano la mostra, possono inserire le loro
fotografie all'interno delle cornici - rimaste ancora vuote - nel
salotto “artistico”: in questo modo non saranno solamente
spettatrici, ma diventeranno, simbolicamente, anche loro protagoniste
di un lavoro che parla di immigrazione e creatività, declinate al
femminile.