All'inizio
del mese di marzo è accaduto un fatto tragico, passato in sordina
tra le notizie di cronaca: due uomini marocchini e una donna tunisina
sono stati trovati morti carbonizzati in un casolare alla periferia
di Cosenza, in Calabria.
Cercavano
di vivere nell'edificio abbandonato, ormai da tempo utilizzato dai
senzatetto e la causa del loro decesso è stata un allacciamento
abusivo alla rete elettrica per far funzionare due piccole stufe con
cui cercavano di riscaldarsi.
Viene
subito da pensare anche a quei 13mila profughi del piano “Emergenza
Nord Africa” che sono stati richiusi, per due anni, in alloggi
privati senza alcun tipo di assistenza e che ora, alla fine del
“piano”, sono stati liquidati con 500 euro e rischiano di
ritrovarsi nelle stesse condizioni degli immigrati che hanno perso la
vita a Cosenza.
Molte
associazioni, operatori del volontariato e attivisti hanno
organizzato un Sit-in di solidarietà verso queste persone che vivono
in condizioni di estrema povertà, sventolando uno striscione con
scritto: “ Milioni di euro per l'accoglienza agli immigrati e
ancora si muore nelle case abbandonate. Vergogna.”
Il
sindaco di Cosenza, Mario Occhiuto, per l'occasione, ha parlato di
“un momento di rispettosa riflessione e di insegnamento collettivo
su quanto il senso di solidarietà debba avere per ognuno di noi una
valenza di rilevante responsabilità individuale”, ma più incisive
sono state le parole di un altro sindaco, quello di Acquaformosa,
Giovanni Manoccio: “ ...Da anni conosciamo storie di pura
disperazione di uomini, donne e bambini che hanno attraversato il
deserto e poi il Mediterraneo con le zattere della morte alla mercè
di uomini e di organizzazioni criminali disposte a tutto; abbiamo
conosciuto le storie personali di tanti nostri fratelli africani, i
loro sogni e le speranze dei loro bambini, la loro fragilità
economica e sociale. E' difficile oggi, in presenza di una storia di
povertà ed emarginazione, fare analisi politiche e sociali. E'
difficile spiegare che la donna perita a Cosenza assieme a due uomini
non è una profuga dell'emergenza Nord Africa della primavera 2012,
bensì una donna che, assieme ai suoi figli, da circa 20 anni viveva
nella precarietà più assoluta, con i figli anch'essi vittime della
povertà e dell'emarginazione. Tutto ciò è una sconfitta di tutti
noi. E' la sconfitta di una società che non riesce ad uscire fuori
dalle paure e dagli egoismi, di una società che non include ma
esclude chi sia povero o diverso o extracomunitario e che si accorge
della sofferenza solo ed esclusivamente in questi momenti per poi
rimuovere il tutto in poche ore. Quante parole si spenderanno in
questi giorni?”.
E
concludiamo con la frase di un immigrato senegalese, fermo davanti al
casolare: “In Italia c'è chi perde tempo e chi muore”.