martedì 26 marzo 2013

Il diritto allo studio: quando non è scontato



Si chiama Malala Yousufzai ed è una ragazzina pakistana di 15 anni. Cinque mesi fa è stata aggredita dai talebani: le hanno sparato alla testa e al collo riducendola in fin di vita. Il fatto è accaduto nella valle di Swat, l'area tribale in cui Malala è nata. Perchè questa violenza? Perchè la ragazza promuoveva il diritto all'istruzione per le bambine. Alla fine del 2008 Malala viene incaricata di scrivere un blog per la BBC Urdu per raccontare l'impatto della dominazione talebana sulla vita quotidiana dei giovani del suo villaggio. Sotto lo pseudonimo di Gul Makai, la ragazzina scrive per dieci settimane e, tra le tante sue considerazioni, si può leggere: “Guardo la mia uniforme scolastica, lo zaino per i libri, l'astuccio e mi rattristo. Solo i maschi tornano a scuola domani”; “Mio fratello non ha fatto i compiti e teme di venire punito se va a scuola. La mamma dice che domani ci sarà il coprifuoco e lui si mette a ballare per la gioia”; “Mio padre ci ha detto che il governo proteggerà le scuole, ma la polizia non si vede da nessuna parte. Ogni giorno sentiamo notizie di soldati uccisi e tanti altri rapiti”. Malala è stata curata prima in Pakistan e poi in Gran Bretagna,a Birmingham dove è tuttora convalescente.
Durante la scorsa edizione del Film Festival Umanitario Internazionale, che si è tenuta a gennaio presso la Casa del cinema di Roma, a Malala Yousufzai è stata consegnata una borsa di studio che le permetterà di completare la sua formazione, oltre al conferimento della cittadinanza onoraria della città.
Il programma della manifestazione ha visto la realizzazione dell'evento speciale intitolato “Tutte a scuola”, un evento sostenuto dalla Commissione delle elette del Comune di Roma e organizzato da SENZA FRONTIERE/withoutborders: un momento di riflessione sul ruolo dell'educazione scolastica obbligatoria e della cultura all'interno di una nazione. Per l'occasione è stato proiettato il film Buddha collapsed out of Shame di Hana Makhmalbaf, vincitore dell'Orso d'Argento al Festival di Berlino 2007: si narra la storia di Bakthay, un'altra bambina che vive in una località montuosa ad est di Kabul. Vuole andare a scuola, ma le è difficile acquistare quaderni e matite e, soprattutto, sfidare il mondo degli adulti e dei suoi coetanei che giocano alla guerra e alla lapidazione. Cerca di perseguire il suo intento con determinazione e non ci sta ad essere apostrofata “piccolo insetto”, ma nel finale dice: “Bisogna morire per essere liberi”, lasciandosi cadere su un letto di fieno sotto i colpi di mitra-giocattolo imbracciati da altri bambini come lei. Il film ha stimolato un dibattito durante il quale la giornalista del Tg3 Lucia Goracci ha sostenuto che: “La battaglia per l'istruzione è quella che influenzerà anche l'esito delle Primavere arabe”. Comunque, in Iran - come in Pakistan e in Afghanistan - le fasce della popolazione più ignoranti ed affamate sono maggiormente preda dei Mullah; a questo si aggiungono lo sbarramento in accesso nelle università per le ragazze, il peso del cambio tra la moneta locale e il dollaro (a seguito, ad esempio, alle sanzioni comminate all'Iran) e, infine, l'impossibilità, per il ceto medio, di andare a studiare all'estero a causa del costo troppo elevato del viaggio.
Ma chiudiamo ancora con le parole di Malala, postate su Facebook poco prima di essere aggredita: “Anche se verranno a uccidermi dirò loro che sbagliano. L'istruzione è un nostro diritto fondamentale”.