sabato 2 marzo 2013

Un film e uno spettacolo teatrale per non dimenticare i BALCANI



Da poco uscito nelle sale cinematografiche italiane (recuperabile nelle rassegne, su Internet e in dvd) , Buon anno Sarajevo Djeca-Children of Sarajevo, questo il titolo originale - è l'opera seconda della regista bosniaca Aida Begić che, per questo film, ha ricevuto una menzione speciale nella sezione “Un certain regard” all'ultimo festival di Cannes.
Un'opera molto diversa dalla precedente, Neve in italiano, ambientata nella periferia -cupa e fredda - della città in cui vivono due fratelli, Rahima, 23 anni e Nedim, 14. Il ricordo della madre uccisa da un cecchino durante la guerra è ancora molto vivo negli occhi e nell'anima dei due ragazzi: ma, mentre Rahima ha trovato conforto (forse) nella religione islamica e nell'indossare il velo a protezione delle sue ferite, il fratello minore subisce la discriminazione per essere orfano in una società che non è ancora riuscita a trovare se stessa.
Un giorno Nedim danneggia l'I-phone di un compagno di scuola che è anche il figlio di un ministro e la scuola ingiunge a Rahima di rifondere il danno. Non riuscendo a trovare i soldi necessari, la ragazza danneggia l'auto del ministro in un parcheggio e da qui in poi i due protagonisti conosceranno, sempre più da vicino, la protervia e la corruzione dei ricchi e dei forti.
Rahima, da sempre coraggiosa nel far valere i propri diritti e nel proteggere il fratello, scoprirà anche alcuni lati della vita di Nedim che non conosceva e questo porta lo spettatore a intravedere nella quotidianità, nelle scelte e nei comportamenti di molti le tracce di una guerra che, a distanza di vent'anni, non è ancora finita; i segni di una mentalità criminale e di un malcostume che si è, ormai, infiltrato negli individui ...Ma il film lascia un piccolo spazio alla speranza di un miglioramento.



Ma non solo Cinema. Anche il Teatro vuole essere strumento di Memoria e di analisi. In tour, in Italia, lo spettacolo Balkan Burger – E' la storia di Razna che visse più volte, di Stefano Massini, un monologo affidato alla voce e all'interpretazione di Luisa Cattaneo, con il commento musicale dal vivo di Enrico Fink, sul palco con l'attrice.
Una molteplicità di voci che si intrecciano e di lingue (a partire dal titolo). Sì, perchè Razna è, in realtà, Roze figlia di un rabbino che imparerà litanie ortodosse, frequenterà un Pope, reciterà preghiere cattoliche e si confronterà con un imam.
Contaminazioni di generi – si ride e si piange durante lo spettacolo – e contaminazioni di religioni e di alfabeti al ritmo di una ballata kletzmer per un personaggio simbolico che cambia e che cerca la propria identità, in una Ex Jugoslavia ancora in cerca di equilibrio.

Balkan Burger è un magnifico pezzo di narrazione. E' una storia di morti e resurrezioni che si reitano nella vita di una singolare bambina segnata da un destino di paradossale santità, malgrado sé, il tutto raccontato con uno stile narrativo magistrale, tenuto su un registro ironico che mi sembra abbeverarsi allo humor della migliore letteratura yiddish e russa. ...Balkan Burger può essere letto come una parabola che denuncia la cieca ottusità del fanatismo travestito da religione...”

(Moni Ovadia, introduzione a Balkan Burge in “Quattro storie” di Stefano Massini, ed. Titvillus)