Gli USA annunciano la morte di un
connazionale, così come la Francia. Morti o dispersi cinque
britannici: il bilancio dell'ultimo blitz in Algeria conta
l'uccisione di 23 ostaggi e di 32 terroristi, secondo ciò che viene
riportato dalle autorità algerine.
I miliziani, visto l'esito negativo del
loro attacco, hanno giustiziato gli ultimi 7 ostaggi; altri sedici,
per fortuna, di cui non si conosce la nazionalità, sono stati
trovati vivi in quanto si sono nascosti nei macchinari degli impianti
di estrazione. Mentre un lavoratore filippino sopravvissuto – il
primo a rilasciare una testimonianza – ha detto che gli ostaggi
erano stati costretti ad indossare collane fatte di esplosivo e
salire su un camion-bomba che non è esploso.
L'altro ieri il Consiglio di Sicurezza
dell'ONU aveva condannato l'attacco, da parte dei terroristi, come
“un attacco atroce” contro il complesso di In Amenas. Nella nota
si esprime anche “la più profonda solidarietà e sincere
condoglianze alle vittime e alle loro famiglie” e si chiede che “
i responsabili, gli organizzatori, i finanziatori vengano portati
davanti alla giustizia; e che le misure prese per combattere il
terrorismo rispettino gli obblighi imposti dal diritto
internazionale, in particolare per quanto riguarda i diritti umani,
quelli umanitari e dei profughi”.
E' stato, intanto, accertato che il
gruppo terrorista provenga dal Niger e il segretario della difesa
americano, Leon Panetta, ha dichiarato che gli Stati Uniti
“prenderanno tutte le misure necessarie per proteggere la
popolazione” dalla minaccia terroristica in Africa (e negli Stati
che si affacciano sul Mediterraneo).
A proposito di profughi: una piccola
storia di una grande ragazzina siriana
“Ero alla finestra e guardavo i jet
sopra di noi. La mia famiglia è scappata via, ma io volevo prima
bere un po' d'acqua e poi scappare”. Sono le parole di Sharifa, una
bambina, profuga siriana che vive nel campo rifugiati di Bab al
Salam, perchè quel bombardamento ha fatto crollare il soffitto
dell'appartamento dello zio in cui viveva e le ha tranciato una
gamba.
Sharifa racconta la sua difficoltà a
muoversi, soprattutto all'interno del campo, che è vasto e dove
tutto per lei è lontano, ad esempio i sevizi igienici; le braccia le
fanno male quando usa troppo le stampelle. “Vorrei solo camminare
ancora, non giocare, solo camminare”, dice la ragazzina. E ha un
sogno: poter tornare nel suo villaggio, completare gli studi e
diventare maestra.