La
situazione in Medio Oriente si fa ogni giorno più complicata, gli
equilibri sono (e diventeranno) sempre più instabili e ci saranno
ripercussioni anche in Occidente, perchè siamo legati, ai Paesi di
quell'area, da motivi e, in alcuni casi, da accordi economici,
politici, militari.
La
Siria, ad esempio, non è così lontana dal nostro Paese e
dall'Unione Europea (che lo scorso anno ha ricevuto il Nobel per la
Pace per il lavoro svolto nella tutela dei diritti umani e per la
campagna contro le guerre), eppure - nonostante gli sforzi
internazionali - da quando il conflitto siriano è incominciato, nel
marzo 2011, le vittime sono state oltre 60mila.
E'
notizia di ieri che le violenze non si plachino: l'artiglieria ha
colpito un quartiere cristiano della capitale, Bab Tuma. A Damasco è
esplosa un'autobomba anche nel quartiere di Rokn Eddin e altri
combattimenti si sono verificati a nord del Paese, nella zona
dell'aeroporto di Aleppo.
L'Osservatorio
siriano per i diritti umani (Ondus), che ha sede a Londra, ha
contato, solo nella giornata di ieri, 57 vittime, di cui 25 civili.
Si
attende, intanto, il discorso di oggi del Presidente, Bashar al
Assad, il quale - secondo il quotidiano libanese filosiriano
Al-Akhbar – potrebbe offrire una soluzione al conflitto attraverso
un piano che si snoda in cinque punti, tra cui un “cessate il
fuoco” e l'ingresso di osservatori internazionali per monitorarlo.
Questa soluzione non gli precluderebbe la possibilità di
ricandidarsi per le elezioni presidenziali, al termine del suo
mandato, nel 2014.