Forse
la parola che più delle volte viene abbinata allo straniero è la
PAURA! Nell’abbordare il tema della paura, bisogna prescindere dal
seguente quesito: i confini culturali coincidono con i confini
geografici? Lo spostamento, lo sradicamento migratorio, non essendo
soltanto geografico, ma anche identitario e socioculturale, come
facciamo a capire dove finisce una cultura e dove comincia un’altra?
Oggi
il mondo, oltre a essere diviso e insicuro, è anche abitato sempre
più da culture diverse che entrano in contatto molto più
velocemente rispetto al passato. Queste altre culture generano ombre,
paura, intolleranza, inquietudine, proprio perché sono sconosciute,
perché portano mondi e modi diversi di vivere la quotidianità.
La
diversità culturale è diventato uno dei problemi maggiori con il
quale il mondo globalizzato si confronta. La diversità culturale non
produce necessariamente incompatibilità di convivere e di
comunicare. È l’immagine sbagliata che si crea attraverso
percezioni e stereotipi veicolati ripetutamente che ci fa credere che
l’altro, il nuovo arrivato, non è compatibile con il nostro modo
di vivere, e così, ogni tentativo di comunicazione viene frainteso,
e più delle volte il dibattito si trasforma in conflitto.
È
naturale chiedersi quali sono le cause della paura del diverso in
generale, e della diversità culturale che il diverso, l’altro,
porta con se. Si potrebbe attingere agli archetipi primordiali e non
saremo in errore, poiché la maggior parte delle paure che l’essere
umano sperimenta, hanno radici proprio negli archetipi primordiali.
Ma, se vogliamo una spiegazione più semplice e vicina ai giorni
nostri, possiamo rispondere cercando di capire come viene percepito e
giudicato oggi lo straniero: lo straniero, l’altro, viene giudicato
non per quello che è, ma per come viene definito dai mass media e
dalla politica. Di conseguenza, le comunità straniere appaiono agli
occhi della popolazione ospitante, non così come sono, ma come sono
definite.
In
realtà, la paura della diversità culturale in un mondo che
attraverso la globalizzazione si sta sempre più uniformizzando, è,
in un certo senso, un paradosso.
Un’altra
causa che contribuisce alla paura della diversità culturale è,
senza ombra di dubbio, la velocità, la rapidità delle mutazioni che
avvengono a livello planetario, ma anche la velocità con la quale
viaggiano le notizie. L’informatizzazione dei media, ma soprattutto
l’avvento dell’internet, ha fatto si che, praticamente, qualsiasi
notizia venga divulgata in tempo reale. Ma quello che influisce di
più sulla percezione delle notizie che riguardano il diverso, lo
straniero, è la filtrazione, l’alterazione di tali notizie da
parte dei mass media. Tante volte abbiamo visto come le notizie che
riguardano i stranieri vengono distorte. I giornalisti, purtroppo, si
lasciano influenzare dagli stessi stereotipi che, in realtà,
dovrebbero combattere. E, siccome oggi il mondo viene percepito
soprattutto attraverso i mass media, possiamo affermare che i mass
media hanno il ruolo principale per quello che riguarda la percezione
della diversità culturale.
Possiamo
dire che la cultura che ogni individuo sperimenta, è una cultura di
tipo stanziale, che non va oltre la conoscenza acquisita e le
esperienze vissute. Una cultura di tipo stanziale è anche una
cultura statica, che rischia di coinvolgere e influenzare anche le
altre sfere della società, inclusa quella economica. La crisi che
l’Italia attraversa è un esempio eloquente da questo punto di
vista.
Tra
le cause che contribuiscono alla paura dell’altro, non possiamo non
aggiungere le differenze religiose che separano i popoli. In questo
caso, il più delle volte, ci accorgiamo come la paura della
diversità culturale si trasforma in odio. Il diverso viene percepito
sempre più come l’ostile, l’avversario da combattere, il nemico
per eccellenza, perché non credendo nel nostro Dio, il diverso viene
percepito come amico del nostro Diavolo. Purtroppo questo è uno
degli stereotipi più diffusi e pericolosi, che da sempre genera
guerre e divisioni.
Come
fare per contrastare tali convinzioni? Quali mezzi, quali strumenti
dobbiamo o possiamo usare noi stranieri, per primi, per farci
conoscere per quello che siamo, per allontanare i sospetti, per far
sì che la diversità culturale sia percepita come ricchezza, e non
come fonte di paure, inquietudini, conflitti?
Per
contrastare tali stereotipi, bisogna comprendere e dialogare, questi
sono i principali pilastri dell’interculturalità: comprendere e
dialogare, ragionare insieme, condividere.
Innanzitutto
bisogna contrastare la stereotipizzazione mediatica della diversità
culturale, rispecchiata sia nei mass media che nei discorsi populisti
che ogni tanto si sentono nei periodi delle campagne elettorali.
Bisogna
svestire l’interculturalità tanto sbandierata nei ultimi tempi, e
renderla più visibile, più alla portata della società che la
circonda.
L’intreccio
di culture diverse non deve, per forza, amalgamare concetti e idee,
valori e verità: nessuna cultura ha l’esclusività della verità o
dei valori. L’intreccio di culture diverse può, e deve coesistere,
non contrastandosi a vicenda, ma generando magari nuovi valori, e
perché no, nuove società.
Volendo,
possiamo liberaci dagli stereotipi, possiamo non essere sempre
prigionieri della nostra cultura stanziale, o del nostro linguaggio,
o delle nostre tradizioni. Questo non significa rinunciare alla
nostra cultura, o ai nostri valori, o alla nostra lingua, o alle
nostre tradizioni, significa semplicemente coesistere e condividere,
e all’occorrenza tollerare.
La
paura della diversità culturale non riguarda soltanto il ricco
occidente, ma, con l’avvento della globalizzazione, agisce in modo
trasversale, e trasversale è anche l’angoscia e l’ansia che essa
genera. Di conseguenza, se vogliamo trovare un rimedio alla paura del
diverso e della diversità culturale, questo deve essere e deve agire
in modo trasversale. E non c'è niente di meglio in questo senso, de
la cultura, de la letteratura, de la musica, dell'arte in tutte le
sue forme.
Il
ricorso alla cultura per affermare la propria identità è
inevitabile, perché le comunità straniere diventano “visibili”
attraverso la “matrice” culturale che le caratterizza, che mette
in luce le loro abitudini e tradizioni, i loro valori.
La
definizione dell’altro attraverso i principi culturali, implica la
sua collocazione su una scala di valori materiali e spirituali
riconosciuta dalla comunità ospitante.
La
cultura favorisce la conoscenza in profondità dell’altro e, di
conseguenza, evidenzia i suoi lati fondamentali, oltre alle sue
abilità sociali.
Più
delle volte l’immigrato lascia il suo paese senza trovarne un
altro, senza capire dov’è e qual’è il suo vero posto nel mondo.
È anche per questo che l'arte, la musica e la letteratura di quelli
cher vivono in un paese che non è loro, non rispondono soltanto alle
ambizioni letterarie o musicali, ma hanno una motivazione
supplementare, sociale e politica. Così, per il pittore, per il
musicista, per lo scrittore migrante, i problemi sociali, le
ingiustizie, il continuo districarsi tra le varie leggi,
l’insicurezza, la lotta con se stesso per capire e farsi capire,
diventano parte della sua opera.
L’ingiustizia
e la sofferenza in special modo, chiedono di essere espresse, e gli
artisti e gli scrittori migranti si sentono obbligati a raccontare le
loro storie, ma anche a raccontare l’Italia dal loro punto di
vista.
Tutti
vogliono raccontare tutto, vogliono rappresentare in un certo senso i
loro compagni di viaggio, di sofferenze. Quasi si può dire che
l'arte e la letteratura dei migranti sono un fenomeno che si spiega
attraverso un processo di tramutare, di delegare a delle funzioni e
speranze dentro all’opera, la quale non soltanto gli rappresenta,
ma anche gli giustifica e difende.