Un gruppo terroristico vicino ad Al Quaeda, tre giorni fa, ha assaltato un centro petrolifero della Bp, vicino ad Amenas, nel sud est del Paese, non lontano dal confine con la Libia.
Come molti organi di stampa hanno riportato (anche se, in Italia, la politica estera non è presa mai abbastanza in considerazione), all'interno dell'impianto per l'estrazione del gas erano stati presi, come ostaggi, cittadini di varie nazionalità: belgi, norvegesi, giapponesi, americani, francesi e britannici.
Il blitz operato dall'esercito algerino, che ha bombardato l'area, ha avuto come conseguenza l'uccisione di trentacinque ostaggi stranieri e di quindici rapitori, tra cui il capo del commando jihadista. L'intervento dell'esercito sarebbe avvenuto mentre i terroristi stavano spostando le persone rapite in un altro luogo, usandole come scudi umani.
Secondo gli esperti, l'attacco all'impianto petrolifero sarebbe stato una rappresaglia del terrorismo islamico per l'intervento militare francese in Mali e per l'umiliazione degli algerini, che si sono trovati costretti a cedere lo spazio aereo ai velivoli francesi.
Intanto, anche in Italia si discute se intervenire nella "guerra umanitaria", dando appoggio logistico alle operazioni militari in corso.
Le forze diplomatiche delle comunità internazionali, per risolvere al più presto la situazione, dovrebbero iniziare a capire quali siano i reali interessi delle popolazioni maliane (al di là delle questioni ideologico-religiose), lavorare - a livello locale - per un arricchimento culturale e civile, nel rispetto dei diritti umani e con l'impegno di coinvolgere, in questa direzione di crescita e di cambiamento, le risorse interne e le autorità sul territorio.
Come molti organi di stampa hanno riportato (anche se, in Italia, la politica estera non è presa mai abbastanza in considerazione), all'interno dell'impianto per l'estrazione del gas erano stati presi, come ostaggi, cittadini di varie nazionalità: belgi, norvegesi, giapponesi, americani, francesi e britannici.
Il blitz operato dall'esercito algerino, che ha bombardato l'area, ha avuto come conseguenza l'uccisione di trentacinque ostaggi stranieri e di quindici rapitori, tra cui il capo del commando jihadista. L'intervento dell'esercito sarebbe avvenuto mentre i terroristi stavano spostando le persone rapite in un altro luogo, usandole come scudi umani.
Secondo gli esperti, l'attacco all'impianto petrolifero sarebbe stato una rappresaglia del terrorismo islamico per l'intervento militare francese in Mali e per l'umiliazione degli algerini, che si sono trovati costretti a cedere lo spazio aereo ai velivoli francesi.
Intanto, anche in Italia si discute se intervenire nella "guerra umanitaria", dando appoggio logistico alle operazioni militari in corso.
Le forze diplomatiche delle comunità internazionali, per risolvere al più presto la situazione, dovrebbero iniziare a capire quali siano i reali interessi delle popolazioni maliane (al di là delle questioni ideologico-religiose), lavorare - a livello locale - per un arricchimento culturale e civile, nel rispetto dei diritti umani e con l'impegno di coinvolgere, in questa direzione di crescita e di cambiamento, le risorse interne e le autorità sul territorio.