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domenica 13 dicembre 2015

CHIUDE il campo Rom di Via Idro a Milano


NON MANCATE, come si dice. Anche se la coloratissima locandina prosegue proclamando E’ L’ULTIMA OCCASIONE PER VISITARE IL CAMPO ROM DI VIA IDRO.

Anche questo si dice, pur di richiamare l’attenzione e (mi raccomando!) la presenza.

O forse si tratta di scaramanzia: dirlo per allontanare la possibilità che succeda.

Invece, per quanto ci risulta, il campo comunale di via Idro, uno dei più antichi di Milano; il più bello, con le sue casette immerse nel verde; il più attrezzato, con il suo centro sociale, ormai in rovina per eccesso di manutenzione; quello con più speranze, avendo una volta una cooperativa interna che gestiva serre di piantine e fiori per il Comune di Milano; l’unico difeso dal suo Consiglio di Zona; ma, soprattutto e comunque il più ‘integrato’: non solo scuola, lavori, amicizie, ma parte della festa di via Padova, con mostre, installazioni d’arte, spettacoli, proiezioni, musica…be’, il Comune di Milano lo chiude.


Ci sarà un motivo, direte voi. Noi non lo abbiamo scoperto. Ad ogni buon conto, si ricorre al TAR.

Un risultato c’è: le persone che lì sono cresciute, donne uomini bambini, insieme alle loro case, andando nelle scuole del quartiere, stringendo amicizie, trovando qualche lavoro, finiranno in un CES (l’acronimo è municipale): in container con altre famiglie, separate da tende, con qualche doccia, qualche cucina più o meno funzionante, sradicati da tutto, in condizioni emergenziali e provvisorie. Non c’è altro da aggiungere.
 

domenica 5 aprile 2015

Io ME LA GIOCO! Progetto giovani e nuove dipendenze





Il teatro parla DEI giovani e si rivolge direttamente a loro: la storia di un padre, di un figlio e di un insegnante. Una storia di relazioni, inficiate dal vizio del gioco d'azzardo. Una storia di dipendenza, di vuoti affettivi e di modelli educativi.

Questo e molto altro nello spettacolo intitolato Io me la gioco!, in scena presso il Teatro Verdi di Milano dal 16 al 26 aprile.

La produzione è del Teatro del Buratto, per la scrittura e la regia di Ranata Coluccini.

Nello spettacolo si è deciso di mettere in scena gli adulti e di presentare i giovani con immagini per sottolineare la condizione di “inafferrabilità” di un mondo, quello adolescenziale, da parte dei più grandi.



Per i lettori del nostro sito e per chi segue l'Associazione per i Diritti Umani, il teatro Verdi propone una promozione:

Biglietti scontati a 14€ anziché 20€ (previa prenotazione: prenotazioni@teatrodelburatto.it – 02 27002476), un ulteriore sconto pari al 50% - quindi biglietti a 10€ per un gruppo di minimo 10 persone.

Teatro Verdi, Via Pastrengo 16 Milano







domenica 7 settembre 2014

Un progetto teatrale per L'Aquila


Riceviamo anche questa comunicazione e decidiamo di pubblicarla, per far rinascere una città, per far ritornare alla vita una bella regione del nostro Paese, per dare speranza e futuro ai cittadini e ai giovani de L'Aquila.


 








Artisti Aquilani onlus nasce nel 2009 per unire artisti capaci di indagare la realtà attraverso le arti performative e di unire la passione alla professione. In questi anni la ricerca dei contenuti e quella formale sono andate di pari passo, realizzando progetti sociali e artistici che hanno coinvolto sia il nostro territorio sia territori oltreconfine.



Siamo fieri costruttori autofinanziati del primo spazio teatrale, rinato a L’Aquila dopo il terremoto - La casa del Teatro - che teniamo in vita attraverso rassegne, festival, corsi, conferenze, seminari.
Il nostro lavoro è interamente autoprodotto. Non siamo sostenuti da alcun Ente o Ministero e riusciamo a sopravvivere grazie al sostegno del pubblico oltre che alla nostra tenacia.
Le nostre peculiarità sono la versatilità - un mix di tecniche e tradizioni artistiche (dal clown alla danza classica Indiana) - e il bisogno di far dialogare la formazione permanente e il lavoro con la vita e la storia.







http://www.artistiaquilani.it/


Zugzwang



In tedesco significa "obbligato a muovere". Negli scacchi si riferisce alla situazione in cui un giocatore si trova in difficoltà perché qualsiasi mossa faccia, è costretto a subire lo scacco matto oppure una grossa perdita di materiale.



Zugzwang è uno spettacolo in cui quattro personaggi alla deriva, esibendosi in una serie di attrazioni, si raccontano attraverso diversi linguaggi - la danza, la musica, il comico, il teatro di figura - nel contesto decadente e ironico di un dark cabaret. E’ l’allegoria di una realtà che racchiude in sé la scandalosa necessità di stupire per esistere, in un’accozzaglia di performance che servono solo a sopravvivere con fatica.



C’è una dimensione unica, una sorta di posto segreto che vive intorno al teatro ed è inafferrabile come la risposta a una domanda senza senso. È proprio lì che ci porta Zugzwang: siamo spettatori di eventi che solitamente sono negati ai nostri occhi. Per una volta ci è concesso il privilegio di guardare oltre e incontrare frammenti di un esistere che c’è, è concreto ma visibile solo nelle conseguenze del suo essere.



L’Attesa, il Potere, la Vita e la Morte danzano sullo sfondo decadente e impolverato di un Teatro deserto. Ed in questo luogo incontriamo quel che resta. Quel che resta dopo le luci della ribalta, dopo gli applausi, dopo il sipario.



Obbligati a muoversi sulla scacchiera dell’esistenza pur sapendo che ogni passo conduce ad una inevitabile sconfitta. Quel che conta è esserci e restare legati anche ad un solo filo, invisibile forse, ma ancora capace di sostenere il volo.


Perché il crowdfunding



Abbiamo scelto il crowdfunding perché è una pratica di micro-finanziamento che parte dal basso (come il nostro teatro) e che mobilita le persone oltrepassando le barriere tradizionali dell'investimento finanziario.


5 buoni motivi per sostenere Zugzwang



1. Per rispondere creativamente al cambiamento che sta avvenendo nel mondo culturale italiano.



2. Perchè avete sempre pensato che il teatro e la musica siano una cosa meravigliosa ma non avete mai potuto dedicarvi a questa passione e per poter dire agli altri e a voi stessi : questo l’ho fatto anche io!



3. Perchè pensate sia una modalità intelligente, efficace e innovativa per promuovere la cultura



4. Perchè vi piace dare fiducia ai giovani e credete che con la cultura si può mangiare ma anche vivere meglio per sè e per gli altri.



5. Per avere su questa terra sei persone che vi saranno grate per sempre e parleranno sempre bene di voi!


A cosa serve il vostro contributo



L'intera produzione verrà sostenuta da voi.



Ci aiuterete a sostenere le spese di: promozione dello spettacolo, costi di gestione della sala prove, scenotecnica, confezione dei costumi, organizzazione e distribuzione.



Se vi piace il progetto potete sostenerci in qualunque forma e in qualunque modo, contattateci su artistiaquilani@gmail.com.




venerdì 18 luglio 2014

Il sole splende tutto l'anno a Zarzis: l'emigrazione vista dai più giovani




Un romanzo, o meglio un reportage-narrativo, che attinge dall'attualità per riflettere sui temi legati all'emigrazione, al cambiamento, all'identità. Questo e molto altro nel nuovo lavoro di Marta Bellingreri intitolato Il sole splende tutto l'anno a Zarzis (per Navarra Editore), con la prefazione di Gabriele Del Grande.



Pubblichiamo l'intervista che abbiamo fatto all'autrice, ringraziandola.



Il testo è composto da tante storie: sono storie, in fondo, reali, storie di ragazzi che ha incontrato di persona?



Tutte le storie narrate in questo libro sono storie vere. Ogni nome proprio, sia dei ragazzi che delle madri o sorelle o familiari, sono i nomi reali dei ragazzi e personaggi. Quindi sì, sono persone che ho incontrato di persona. I primi li ho incontrati a Palermo nel febbraio e marzo 2011 insegnando italiano con la mia associazione Di.A.Ri.A. Tutti gli altri li ho conosciuti a Lampedusa tra giugno e settembre dello stesso anno. Infine, un solo personaggio, l'ho incontrato a Roma e con lui altri ragazzi di cui parlo nella parte ambientata, o meglio vissuta, per l'appunto a Roma. Tutti questi ragazzi sono diventati amici col tempo, è nata una relazione che prescindeva dal fatto che io fossi stata loro insegnante, loro traduttrice, loro mediatrice. Ed è così che è partita l'avventura : conoscere le famiglie e poi ritrovare loro in Italia e in Francia negli anni a seguire. L'incipit e il primo capitolo del libro parlano invece degli unici due ragazzi conosciuti in Tunisia in procinto di... bé non vi svelo.



Quali sono i sentimenti e le aspettative dei ragazzi che lasciano il proprio Paese d'origine e quali quelle delle famiglie che restano in Tunisia?



I sentimenti sono … infiniti. Paura, gioia, insoddisfazione, desiderio d'avventura, senso di responsabilità che scatena rabbia e frustrazione, oppure forza e coraggio. Le aspettative sono tutte positive ma spesso deluse: sono quelle di poter viaggiare in Europa e poi stabilirsi e lavorare. Spesso invece per entrambi gli aspetti ci sono difficoltà e ostacoli.


I loro sogni, però, si infrangono contro la crisi dell'Europa...

 

Non è la crisi ad infrangere i loro sogni. Sono le leggi ingiuste che continuano a tappar loro le ali nonostante abbiano rischiato la vita per guardare al sogno, non volendosi mai accontentare di quello che hanno tra le mani. Ebbene, non si accontentano. Ma ad un certo punto si scontrano con l'asimmetria della loro posizione di straniero senza poter materialmente reagire.



Perché il sistema di accoglienza, in Italia, non funziona ? E quali sono le falle dell”operazione Mare Nostrum”?

 

Il problema è sempre lo stesso: non funziona la legge che impedisce la libertà di viaggiare, sia dai paesi non europei della sponda sud o est del Mediterraneo, sia da un paese europeo all'altro, impedendo la libertà di scegliere in che paese fare domanda id asilo politico. Finché non cambia questo, risolvere un sistema di accoglienza spesso inefficiente sarà secondario. E pecca perché dietro c'è un business, perché la disorganizzazione e la mancanza di figure professionali, la lentezza della burocrazia, l'impreparazione delle regioni che si confrontano con emergenza piuttosto che di fronte alla regolarità di un fenomeno che tocca la nostra terra.... Mare Nostrum che falle può avere? Sì, mentre una nave militare porta le persone tratte in salvo in mezzo al mare verso un porto che spesso non è il più vicino e il più sicuro (vedi Taranto o Palermo rispetto a Lampedusa e Pozzallo), magari non può trarre in salvo altre persone che stanno arrivando dalla Libia perché percorrono distanze che necessitano giorni di viaggio. Ma oltre ia problemi pratici, Mare Nostrum ha portato a terra 70.000 e più persone in nove mesi. Ma almeno trecento ne sono morte comunque. Mare Nostrum è comunque un'operazione militare anche se compie un'azione militare. È la militarizzazione e il controllo del Canale di Sicilia che mi spaventa, senza che vari la libertà di movimento. Consiglio vivamente l'articolo della ricercatrice Martina Tazzioli: Fare spazio e non frontiere. Mare Nostrum e il confine umano-militare. http://www.euronomade.info/?p=2804.



Qual è la situazione della Tunisia post-rivoluzione, soprattutto in relazione ai diritti delle donne e dei minori?



Più che di rivoluzioni parlo di rivolte che hanno portato sì alla caduta di un regime e ad una fase di transizione con le elezioni politiche, l'assemblea costituente che a gennaio 2014 ha terminato il testo della Costituzione dove sì formalmente trovano spazio i diritti delle donne e dei minori, che già in Tunisia godevano di ampio spazio grazie al Codice di Statuto Personale del 1956. Semplicemente dalla forma alla sostanza e alla pratica a causa delle ambiguità politiche e della cultura e del sentire del paese spesso non avviene il passaggio. Rispetto ad altri paesi arabi, la situazione è positiva, nonostante i due terribili omicidi politici del 2013, diversi episodi violenti e cosiddeetti “terroristici” dal 2012 a pochi mesi fa. Ma guardando ai miei ragazzi giovani, agli amici e alle amiche...sì, si sono aperte tante possibilità in più, spesso di progetti e apertura verso il mondo. Ma spesso la maggior parte restano nel proprio quartiere a fumare e sognare al di là del mare...

lunedì 14 luglio 2014

Altro che mondiali !



E' terminato anche il campionato mondiale di calcio 2014 con una pessima figura da parte della squadra e dei dirigenti italiani. Ma non tutto è perduto! Vi vogliamo far conoscere, infatti, un'altra piccola-grande squadra...CasaSport: un team speciale, formato da ragazzi stranieri che cercano, nel gioco di squadra, un momento di svago, di condivisione, di gioia. E chissà...magari anche di riscatto. Sosteniamoli insieme.

Ecco le parole di CasaSport:  




Siamo nati a settembre 2013 per partecipare al Campionato Provinciale di US Acli Milano, che ringraziamo per la grande opportunità che ci ha dato e per la disponibilità con cui ci è venuto incontro.

Siamo una squadra di calcio che vuole essere all'altezza del torneo e delle altre partecipanti. Vogliamo giocare e migliorarci, competere con tutti, fare bene in campo ed essere leali nei comportamenti.
Siamo una squadra di calcio come le altre, che però ha alcune caratteristiche particolari.


Per cominciare, solo di uno di noi è nato in Italia. Tutti gli altri provengono da molti paesi, soprattutto africani: Togo, Egitto, Niger, Marocco, Camerun, Gambia, Ghana, Nigeria, Costa d'Avorio, solo per citarne alcuni. Viviamo in Italia chi da anni, chi da pochi mesi.

Un'altra caratteristica particolare è che tra noi non tutti abitiamo in una casa. O meglio, viviamo in una struttura di accoglienza che per noi è una vera e propria abitazione e che si chiama Casa della carità. Ha sede in via Brambilla, a Crescenzago, accanto al campo dove giochiamo e insieme a noi ci sono anche altri ospiti, italiani e stranieri, giovani e anziani, uomini, donne e famiglie. E' una struttura che accoglie persone in difficoltà aiutandole anche a trovare un lavoro e una casa. Quelli di noi che invece risiedono in un'abitazione sono comunque transitati, in questi anni, dalla Casa della carità. Perché tutti abbiamo alle spalle storie difficili, di guerre e di povertà, da cui siamo fuggiti.

Casasport è oggi rivolto a ragazzi ed adulti, italiani e stranieri, che vedono nello sport e nel calcio una possibilità di integrazione, condivisione e divertimento.

Giochiamo insieme a pallone dal 2009. Ci siamo allenati con tecnici di Inter Campus e partecipiamo regolarmente al Torneo estivo dei centri sociali e delle comunità straniere (nel 2011 lo abbiamo anche vinto!!!) organizzato da Olinda. Però quel torneo dura poco: un girone con tre gare e poi eliminazione diretta dagli ottavi in avanti. Se perdiamo ci tocca aspettare un anno per ritornare in campo.

Per questo abbiamo deciso di iscriverci al campionato di US Acli Milano. Per questo nato è nato il Casasport: perché ci piace molto giocare a pallone e vogliamo farlo per tante partite. Con voglia, passione, coraggio e divertimento. Grazie, dunque, a tutti quelli che condivideranno con noi questa bella avventura!

Alessandro, Camilla, Generoso, Giovanni, Guido, Marco, Paolo, Peppe.


Casasport vuole diventare una realtà sportiva a sottoscrizione popolare.

Cosa significa? Che i soci sostenitori siano a tutti gli effetti i motori di Casasport; questo avviene anche in società sportive molto importanti come il Barcellona F.C.

Cosa significa essere socio? Riceverete a casa la tessera associativa con un numero identificativo: ogni settimana per mailing list potrete avere tutti gli aggiornamenti su risultati e classifiche, potrete venire in prima persona a tifarci nelle gare ufficiali ed inoltre attivarvi sul nostro blog partecipando da tifosi alla vita di Casasport.



Per ulteriori informazioni e per aderire alla campagna di CasaSport: www.limoney.it

giovedì 9 gennaio 2014

Violentata e bruciata a dodici anni






Ancora violenza sulle donne, in India. E ancora violenza anche sulle più giovani.

Qualche giorno fa, a 25 chilometri a Nord di Calcutta, a Madhyangram, una bambina di dodici anni è stata aggredita da un branco. La ragazzina era stata già attaccata, una prima volta, il 26 ottobre scorso da sei uomini vicino alla sua abitazione. Dopo un paio di mesi, il 23 dicembre, è stata aggredita di nuovo, in casa: l’hanno stuprata e poi, come se non bastasse, le hanno dato fuoco.

La bambina - perché a dodici anni si tratta di una bambina - era incinta nonostante la giovane età ed è deceduta il giorno di Capodanno.

Al momento dell’accaduto i genitori hanno pensato che si fosse tolta la vita a causa dell’umiliazione di essere in stato di gravidanza così piccola e le autorità, in un primo momento, hanno cercato di negare che la ragazza fosse una minore.

Questo nuovo caso, però, ha scatenato, finalmente, la reazione della società civile: migliaia di persone si sono riversate nelle strade della città per chiedere “tolleranza zero” contro chi si macchia di reati così gravi e vigliacchi. Il governo indiano ha annunciato che, sui mezzi di trasporto pubblico, verranno installate delle telecamere a tutela di tutti e, in particolare, delle donne che sono ancora vittime della violenza cieca e ottusa degli uomini. Ricordiamo anche il caso avvenuto sempre a dicembre, ma nel 2012, a New Dheli, della ragazza di ventitrè anni picchiata, violentata e torturata su un bus e che morì pochi giorni dopo. Era una studentessa (cosa abbastanza rara ancora in un continente dove il tasso di alfabetizzazione è bassissimo) e avrebbe dovuto sposarsi a febbraio. La sua bara è stata accolta dal primo Ministro Manmohan Singh e dalla Presidente del partito del Congresso, Sonia Gandhi e, in seguito, il suo corpo è stato cremato.

La 23enne è stata soprannominata la “Figlia dell’India”: lei, come tutte quelle donne, ragazze e bambine che nel mondo subiscono violenze fisiche e psicologiche sono le nostre figlie e tutti siamo chiamati a proteggerle.
 

lunedì 16 dicembre 2013

Quando i bambini sono tanto poveri


 Un minore su dieci, in Italia, vive in uno stato di povertà assoluta, un milione e 344 bambini che subiscono le conseguenze devastanti della crisi economica e dei tagli agli enti locali: questo emerge dall'ultimo rapporto redatto dall'organizzazione Save the children dal titolo “L'Italia SottoSopra”, 4° Atlante dell'Italia (a rischio).
Spesso sono figli di disoccupati o monoreddito oppure i loro genitori hanno un livello di istruzione assente o molto basso: dal rapporto emerge se i capofamiglia sono privi di un titolo di studio, il tasso di povertà è del 3,1%. 


La logica obbligata del risparmio costringe i piccoli e gli adolescenti a vedersi privati dei servizi di base o di cure mediche: molti non si possono permettere una visita dall'oculista o dal dentista, i libri per la scuola, anche alcuni capi di abbigliamento; tanti vivono in condizioni abitative disagiate per non parlare della possibilità di partecipare ad attività ricreative o sportive.
Interessante anche il dato che i bambini più poveri soffronto spesso di obesità: non è una contraddizione, ma un'altra conseguenza del loro stato. Non si alimentano con cibi sani e nutrienti, perchè costano troppo, per cui consumano prodotti che “riempiono”, ma fanno ingrassare e minano la salute.
La povertà, colpice maggiormente e come sempre, il Centro e Sud dell'Italia, ma anche nel Nord si registra un incremento del 43% rispetto a due anni fa.
Questi dati sono sottolineati dalle parole di Valerio Neri, Direttore generale di Save the children Italia: “In questa fase di crisi i bambini e gli adolescenti si trovano stretti in una morsa: da una parte c'è la difficoltà di famiglie impoverite, spesso costrette a tagliare i consumi per arrivare alla fine del mese, dall'altra c'è il grave momento che attraversa il Paese, con i conti in disordine, la crisi del welfare, i tagli dei fondi all'infanzia, progetti che chiudono. In mezzo, oltre un milione di minori in povertà assoluta, in contesti segnati da disagio abitativo, alti livelli di dispersione scolastica, disoccupazione giovanile alle stelle”. 


Grave, infine, il risultato sull'analisi del cosiddetto “early school leavers”: 758mila ragazzi sono fermi alla licenza media e tantissimi abbandonano il circuito formativo. Nel dossier si legge, infatti, che la scuola “fa più fatica ad attrarre e trattenere gli studenti più disagiati, impedendone la dispersione e il rafforzamento delle competenze”.
Un numero così grande e crescente di minori in situazione di estremo disagio, ci dice una cosa semplice”, aggiunge Neri, “la febbre è troppo alta e persistente e i palliativi non bastano più, serve una cura forte e strutturata”. La cura consiste nell'investire proprio nella formazione e nella scuola di qualità perchè “la recessione non è iniziata soltanto cinque anni fa in conseguenza della crisi dei mutui subprime o degli attacchi speculativi all'euro, ma affonda le sue radici nella crisi del capitale umano, determinato dal mancato investimento, a tutti i livelli, sui beni più preziosi di cui disponiamo: i bambini, la loro formazione e conoscenza”.

venerdì 25 ottobre 2013

La libraia di Marrakech: la lettura come strumento di libertà




Jamila Hassoune: un’infanzia trascorsa tra le mura di casa, immersa tra i libri e poi l’idea della Carovana itinerante per portare libri e autori in giro per i villaggi. Un inserto fotografico documenta ampiamente le giornate della carovana, fitte di incontri con i giovani e con le comunità locali. La voce di Jamila commenta le vicende del suo Paese, il Marocco: il ruolo delle donne, la riforma del codice di famiglia, gli esiti degli «anni di piombo», l’islamismo, la condizione dei giovani, l’analfabetismo, fino ad arrivare alle piazze delle rivoluzioni.


Abbiamo rivolto alcune domande a Jamila Hassoune e pubblichiamo l'intervista anche in inglese per attenerci fedelmente alle sue risposte (Traduzione italiana a cura di EsseBi). Ringraziamo molto l'autrice e la traduttrice.

Could you tell us the path that led you to become "The librarian of Marrakech"? Ci può parlare del percorso che l’ha portata a diventare La libraia di Marrakech? 

The librarian or better bookseller of Marrakech was a dream like a reader to do something with books and like this journalist said when I explained what I can with books she said am intime dating books for me. I can only breath though books, I can understand more and analyse only through them; of course when my father was running a bookstore working for somebody was imagining that is the work I can do, but for me it's not only selling books I want people to read and to be informed when the city doesn't answer to my attempt, I went to the rural and in Marrakech I am the first woman bookseller opened the spaces for debat with books everywhere, seminars in cafés, in hotels, at the bookstore for many years I built first this bridge between rural and city and I created rural book projetcs and start the book caravan till today and only rest a traveller bookseller I respond to demand and organize meetings between peoples discussing different subjects debating. 


La libraia, o meglio, la venditrice di libri di Marrakech è stato un sogno, come per un lettore fare qualcosa con i libri o come ha detto quella giornalista che, quando ho spiegato cosa sono per me i libri ha detto che io ho un rapporto speciale con loro. Io respiro solo attraverso i libri, comprendo meglio e analizzo attraverso i libri. Certamente, quando mio padre gestiva un negozio di libri per conto di altri, io potevo già immaginare come sarebbe stato il mio lavoro, ma per me non è solo una questione di vendere i libri; voglio che le persone leggano e siano informate. Quando la città non risponde alle mie sollecitazioni, mi rivolgo alla campagna e a Marrakech sono stata la prima libraia donna ad aver creato spazi per discussioni e dibattiti attraverso i libri dovunque, nei caffè, negli alberghi, in libreria. Sono stata la prima a costruire un ponte ideale tra le campagne e la città e a creare progetti di libri per le campagne e ad iniziare la carovana dei libri, tuttora esistente; e sono una venditrice di libri itinerante, che soddisfa la domanda ed organizza incontri e dibattiti su molteplici argomenti.

 How important is spreading the culture in disadvantaged areas, in particular in rural areas? Quant’ è importante diffondere la cultura nelle aree disagiate, in particolare nelle zone rurali? 

My choose was rural area because there was need and still have needs there they don’t have a lot of things so they are virgin to work with them so for books and culture they love and they are curious and if they represent 50 percent of Morocco and this is the future those people are very open and with my work very open and important to built bridge with them between city and rural but to go to see them there and work with them. 

Ho scelto di rivolgermi alle popolazioni rurali, in quanto là c’era e ancora c’è il bisogno vero. Queste popolazioni sono povere e vergini nei confronti della cultura. Lavorare con loro, per i libri e per la cultura che amano e nei confronti della quale provano curiosità, pensando che rappresentano il 50% della popolazione del Marocco, vuol dire lavorare per costruire un ponte ideale tra le campagne e la città. 

A book can also be a weapon of power? And how important is education for women in Morocco and in other arab countries? Un libro può anche essere considerato uno strumento, un’arma di potere? Quanto importante è l’istruzione delle donne in Marocco e in altri Paesi arabi? 

A book and education on general are power , to be informed to have ideas to have knowledge could open for you many paths, you can analyse , you can critisize things and compare you can discuss also with different people could be the road for good citizenship, a woman is half of society like we say, children and young people on arabic world spend more time with their mothers who could transfer knowledge, information and education how we can have citizen to run a country if the mothers couldn’t participate really on that women educated knows very well their rights and could defend themselves they could have access to a good job to share the material responsibility with men and also to help for high education for children.

 I libri e l’istruzione in generale sono strumenti di potere, forniscono informazioni, idee, conoscenza, possono aprire molte strade. Sono strumenti di analisi, di critica, di paragone, tramite i quali si può instaurare un dialogo con gente diversa. Possono aiutare a diventare buoni cittadini. Le donne rappresentano il 50% della società, bambini e giovani, nel mondo arabo, ora trascorrono più tempo con le loro madri, che trasferiscono loro cultura, conoscenza, informazioni e istruzione. Come possiamo pensare di avere cittadini che governano un Paese, se le madri non hanno gli strumenti per partecipare alla vita sociale. Le donne istruite conoscono molto bene i loro diritti e possono difendersi. Possono ottenere un buon lavoro, assumersi le responsabilità e condividerle con gli uomini, nonché contribuire all’istruzione dei figli. 

 Could you mention the new family-code, introduced in Morocco in 2004, and comment on it ? Ci può parlare del nuovo codice di comportamento della famiglia, introdotto in Marocco nel 2004, e commentarlo? 

A good success and realization was the code of the new family comes like revolution to change but also it initiates debat and discussion between who are not with or who trust on it the battle was to go on the field and explain to the people what is this now with the new constitution is another revolution, another success, because it appuys this innovation the code comes for the family and the men and women and the children and for women there are many good things a big work starts many years ago by men and women and finally was established law an texts are here now we have to change mentality to accept and to practice that that is why culture and education are very important and my work is necessary here. 

La realizzazione del nuovo codice di comportamento della famiglia è stato un grande successo, una specie di rivoluzione, tramite il quale sono anche iniziati dibattiti e discussioni tra favorevoli e contrari. È stato necessario scendere in campo e spiegare alla gente che, con questo nuovo codice, è iniziata un’altra rivoluzione, che porterà altri successi, perché esso appoggia il rinnovamento. Il codice è a favore della famiglia, di uomini e donne, dei figli. E per le donne prevede molte cose positive. È stato fatto un gran lavoro, intrapreso molti anni fa da uomini e donne e che finalmente ora è divenuto legge, il cui testo è ora qui, davanti a noi. Adesso, dobbiamo cambiare la mentalità delle persone. Ecco perché cultura ed istruzione sono importanti, ed ecco perché il mio lavoro è così necessario qui.

lunedì 15 luglio 2013

Das is Walter (esplorando Sarajevo durante la maratona fotografica 2012)


La maratona fotografica di Sarajevo - manifestazione organizzata nell'agosto del 2012 da Associazione Feedback, Shot Reportage Travels, Udruženie Urban e Lara Ciarabellini - è l'occasione di visitare la città in tutto il suo fermento culturale e di entrare in contatto con le realtà delle associazioni e degli artisti locali. Eppure la tragedia del conflitto balcanico è ancora vicina: uscendo dal centro storico, si visitano i quartieri in cui le ferite della guerra sono ancora molto visibili. Culmine della visita l'esplorazione del monte Trebević sul quale, in occasione delle Olimpiadi invernali del 1984, erano state costruite strutture sportive e d'accoglienza, tristemente convertite ad avamposti militari durante il tragico assedio della città.

Abbiamo rivolto alcune domande a Massimo Alì Mohammad, regista del documentario

Il documentario mostra la città di Sarajevo ancora ferita dalla guerra: quali sono i sentimenti delle persone comuni riguardo al recente passato? E come si può descrivere la situazione attuale?

Sì, la città di Sarajevo è ancora ferita dalla guerra, come testimoniano i segni ancora visibili dei colpi d'arma sui palazzi. I sentimenti delle persone comuni sono contrastanti, come immaginabile in un contesto del genere. E' molto toccante avere a che fare con la generazione dei giovani, come è accaduto nel caso della maratona fotografica (ricordiamo frutto del gemellaggio tra l'associazione Feedback di Ferrara e Urban di Sarajevo. Ti rendi conto come per loro la scala delle priorità sia completamente rivoluzionata e di come abbiano acquisito una visione della vita più disicantata, ma non per questo meno costruttiva. La cultura è in continuo sviluppo e rappresenta sicuramente una delle realtà fondanti della società odierna. Bisogna ricordare che però, fuori dalla città, la situazione è molto più arretrata, basti pensare alle zone ancora non messe in sicurezza dalle mine. Ci vuole tempo...


Qual è il ruolo dell'arte - in particolare della fotografia - in un'area di Europa che vive ancora una situazione complicata?
L'arte, come dicevo in precedenza, è una grande spinta sociale per lo sviluppo di nuove realtà, anche lavorative per le nuove generazioni. Non bisogna trascurare che l'arte, compresa la fotografia, lavora molto sulla memoria, in un delicato equilibrio tra il ricordo e il progresso. Perché sicuramente non si può lasciare che tutto il passato recente cada in un immediato oblio ma, allo stesso tempo, non deve costituire un blocco che ne impedisca la giusta trasformazione.


Quali sono le nuove prospettive culturali per la città e per i giovani?

La realtà della fotografia è in grandissimo sviluppo, così come molto toccante l'esposizione di arte contemporanea (Ars Aevi). I giovani sono impegnati con passione in diverse realtà associative e molto spesso luoghi in disuso dai tempi della guerra sono concessi in libera gestione per l'organizzazione di nuove realtà (cercate per curiosità il Kino Bosna).

Ci può anticipare il significato del titolo del documentario?
Il titolo del documentario fa riferimento alla frase finale al film simbolo della resistenza di Sarajevo contro l'invasione nazista (Walter brani Sarajevo, Walter difende Sarajevo; di Hajrudin Krvavac, 1972). Walter è un leader partigiano in incognito che si oppone alle forze nemiche, il film si conclude con la frase "Questo è Walter", ovvero la città intera è la resistenza, non un unico uomo, ma qualcosa di indissolubile. Ancora oggi "Das ist Walter" resta un motto di resistenza molto utilizzato, anche ad esempio alcune reti wi-fi pubbliche si chiamano così.


lunedì 24 giugno 2013

Campagna ALLARME INFANZIA di Save the children Italia



Si è da poco conclusa la campagna “Allarme infanzia”, iniziata il 20 maggio e promossa da Save the children Italia.
Sugli autobus, sui muri dei palazzzi, nei corridoi delle metropolitane di molte città sono stati affissi grandi cartelloni con il disegno di un bambino stilizzato e alcune frasi come, ad esempio: “Mi hanno rubato l'aria pulita”, “Mi hanno rubato una casa tutta mia”; “Mi hanno rubato la mensa a scuola”: la campagna, infatti, è stata organizzata per denunciare il furto di futuro, in atto nel nostro Paese, a danno dei bambini, degli adolescenti, dei giovani.
Il dossier intitolato “L'isola che non ci sarà” e il sondaggio “Le paure per il futuro dei ragazzi e dei genitori italiani”, realizzati da Save the children Italia e da Ipsos, evidenziano che milioni di minori non hanno a disposizione un'abitazione sicura oppure che non possono alimentarsi in maniera sana, né a casa né a scuola perchè, spesso, le mense scolastiche ospitano solo i bambini la cui famiglia si può permettere di pagare la retta.
Il diritto all'educazione e all'istruzione sono continuamente minati perchè esistono pochissimi asili nido e scuole materne, molti istituti sono fatiscenti (in particolare quelli pubblici e a costi accessibili) e gli insegnanti si trovano sempre più spesso a dover gestire situazioni di disagio sociale, di bullismo, di abbandono scolastico. Tutto questo senza aiuto da parte delle istituzioni che non vogliono prendere in considerazione il fatto che il 21% di un campione di quindicenni ha scarse competenze di lettura (livello 1 o addirittura inferiore) oppure che un ragazzo su cinque, tra i 18 e i 24 anni, ha cosenguito solamente la licenza media e con questo dato l'Italia si posiziona al quarto posto in termini di capacità di futuro garantito alle nuove generazioni, dopo Malta, Romania e Spagna.
L'indagine Ipsos rivela anche che il 29% dei bambini al di sotto dei sei anni di età, in Italia, è prossimo a una condizione di miseria e che i giovani, che non seguono alcun tipo di percorso formativo, non hanno neanche la possibilità di entrare nel mondo del lavoro.
La negazione del diritto allo studio, la povertà e la mancanza di punti di riferimento positivi diventano terreno fertile per la criminalità o l'autolesionismo. Quale futuro, dunque, per i ragazzi di oggi e gli adulti di domani?

mercoledì 5 giugno 2013

Parlare di intercultura, diversità e diritto al futuro: a scuola e con il Cinema



Pubblichiamo, con gioia, alcune recensioni realizzate dagli studenti della terza F della Scuola Media statale “Carlo Porta” di Milano come conclusione di un percorso in cui si sono affrontati, attraverso opere cinematografiche (lungo e cortometraggi) i temi della diversità, dell'intercultura e del diritto al futuro.
Da anni svolgiamo questo tipo di attività nelle scuole, un'attività che si inserisce nell'ambito della programmazione annuale e che affianca le materie curricolari: il Cinema è un linguaggio che include l'educazione all'immagine e l'uso della parola, scritta e parlata; può, quindi, aiutare ad approfondire temi di attualità oppure universali e, spesso, aiuta i ragazzi a scoprire potenzialità e interessi e ad esprimere sentimenti e creatività.
I film di cui i ragazzi hanno scritto le recensioni sono: il cortometraggio Black sushi di Dean Blunberg e il lungometraggio Un giorno questo dolore ti sarà utile di Roberto Faenza. 
 




BLACK SUSHI a cura di Caterina Esposito

Vittorie a confronto.
Tutto nelle sue mani. Uscito di prigione, Zama cerca lavoro e si imbatte in un ristorante giapponese. Andando contro Mia, il suo superiore, Zama prova e riprova l'arte del sushi. Il protagonista riesce nel suo intento, andando anche contro gli amici che progettano rapine.
Film quasi privo di dialoghi, ma ricco di immagini, accompagnato da colonne sonore che sottolineano l'accostamento fra Zama e Mia, così diversi culturalmente ma così vicini nella passione per la cucina. E' un cortometraggio a finale aperto e un film che riesce a far capire quanto due culture diverse possano avvicinarsi in un unico simbolo, evidenziando e inquadrando diverse volte l'importanza dell'uso delle mani, di come la passione si trasmetta dall'anima all'arte pratica. E, come insegna il Maestro nel film: “Non sono le mani a fare qualcuno, ma è il cuore a fare la differenza”.



BLACK SUSHI a cura di Jacopo Bianchi

Si può cambiare vita

Anche in mezzo alle diversità e ai giudizi altrui, con l'impegno, si può raggioungere i propri obiettivi.
Un ragazzo sudafricano di nome Zama, con un passato difficile e da dimenticare, può finalmente uscire di prigione e cercarsi un lavoro onesto per migliorare la propria vita e rimediare ai propri errori. Trova, dopo poco tempo, un posto in un ristorante di cucina giapponese dove incomincia a lavorare come semplice inserviente. Nasce, però, in lui la passione per questo lavoro e inizia, di nascosto, a cucinare sushi al fine di arrivare, un giorno, al livello del proprietario del ristorante.
Zama vive assieme ad alcuni suoi amici e familiari che, però, continuano la loro vecchia vita di ladri e malfattori. Attraverso mille difficoltà, dopo aver convinto Mia - il proprietario e Maestro - ad insegnarli a cucinare, può finalmente servire un pasto ai clienti del ristorante che, contrariamente alle aspettative, lo accettano come “discepolo” del Maestro.
In questo cortometraggio è spesso presente ed importante, nelle scene salienti, la colonna sonora che sottolinea i sentimenti e i pensieri dei protagonisti. Il regista decide di affidare un posto molto importante all'uso delle mani che rappresentano il duro lavoro, l'impegno, la pazienza.
Questo film suggerisce che, anche se è difficile, è possibile cambiare la propria vita in meglio e rendere fiere di sé le persone che non hanno il coraggio o la forza di fare lo stesso. Black sushi non è ricchissimo di dialoghi, ma è ricco di importanti significati, spesso espressi soltanto attraverso le immagini, permettendo allo spetttaore di riflettere.





Un giorno questo dolore ti sarà utile a cura di Bianca Ferrante

Un brindisi alla vita

Imparare ad affrontare gli ostacoli: è questo che il protagonista non sa fare.
Sì, perchè James è un ragazzo che scappa e non affronta gli ostacoli della vita, anzi non la sa proprio affrontare.
Il film racconta di lui, un diciottenne che, una volta diplomato, non sa se andare all'università oppure no. In realtà non vuole andarci, ma ha una famiglia che vuole mandarlo a tutti i costi e che, allo stesso tempo, crede che James sia un disadattato e, per questo motivo, lo obbliga ad andare da una “life coach” che lo aiuterà durante il suo percorso di crescita. In effetti, James, all'inizio, è un ragazzo asociale, chiuso in se stesso e che pensa spesso alla morte. Per fortuna c'è Nanette, sua nonna, che è un'amante della vita e che lo aiuterà ad aprirsi al mondo e agli altri.
Questo film si concentra sul protagonista: infatti, tutti i personaggi e tutte le loro azioni sono in realzione a lui. Il regista, Roberto Faenza, con questo racconto vuole esercitare una critica alla società di oggi, rappresentandone una buona parte; la storia è ambientata a New York e le inquadrature sono realizzate “dalla parte del protagonista”, nel senso che è come se James girasse il film e noi spettatori vediamo la realtà attraverso il suo punto di vista.
Il film è bello e anche costruttivo perchè fa capire come guardarsi dentro e anche riscoprirsi, ma soprattutto, come modificarsi. Il titolo nasconde anche un altro significato: l'”utilità” del dolore che, a volte, ci rende migliori.


Un giorno questo dolore ti sarà utile a cura di Virginia Attisani

C'era una volta un futuro

Diciotto anni, poche idee e confuse. Questa è la descrizione di james, un ragazzo la cui unica certezza è la nonna Nanette. I genitori e gli amici non riescono a capire James: nel corso del film gli assegnano aggettivi come disadattato oppure asociale e così lo convincono di avere un carattere di questo tipo.
James si sente diverso perchè non gli piace stare in compagnia dei suoi coetanei, perchè gli piace stare da solo, perchè tutti, a New York, sembrano avere un proprio ritmo e hanno chiari i propri obiettivi. Tutti, eccetto lui!
James, infatti, non sa nemmeno quali siano i propri obiettivi. I genitori vogliono che frequenti l'università, non importa quale, purchè decida dove indirizzare il proprio futuro. Ma James ha solo una vaga idea di fare l'artigiano: adora intagliare il legno. Il padre è un ricco avvocato che cerca in tutti i modi, tra cui la chirurgia plastica, di apparire più giovane. La madre, invece, gestisce una galleria nella quale vende contenitori, simili a bidoni dell'immondizia, che contengono dei meccanismi che producono suoni differenti tra loro. James ha anche una sorella, Gillian, che vuole scrivere un'autobiografia alla sola età di venitrè anni e ha un fidanzato molto più grande di lei, con una moglie e un figlio.
La nonna è l'unica persona che sembra capire James, aiutandolo ad agire subito invece di riflettere senza realizzare nulla. Alla fine del film Nanette morirà lasciando, però, a James bellissimi ricordi dei loro numerosi brindisi “alla vita”.
La madre di James lo convince ad andare, periodicamente, da una life coach che dovrebbe aiutarlo a raggiungere i suoi obiettivi, questa, però, cerca di metterlo a disagio, ambientando le visite in luoghi e situazioni insoliti, come nella sua cucina o praticando jogging...Ma, grazie a tutto questo, James arriverà alla conclusione che, in fondo, nessuno è “normale” e tantomeno “perfetto”.
Questo lungometraggio si rivolge a ognuno di noi poiché tutti, nella vita, abbiamo avuto dei momenti in cui non abbiamo saputo rispondere alle domande: “Chi sono?” o “Cosa vorrei dalla mia vita?” E, tuttavia, proprio come James, siamo usciti brillantemente, rinforzati da queste fasi di indecisione e di confusione.






domenica 20 gennaio 2013

Concorso letterario per studenti e ricercatori sulla rivoluzione egiziana

Ambasciata della Repubblica Araba d' Egitto
Ufficio Culturale

Concorso per giovani studenti, ricercatori e studiosi

"A due anni dalla rivoluzione del 25 Gennaio 2011, quali
contributi possono dare i giovani all'Egitto?
Idee, pensieri, proposte, progetti per il futuro..."

Due anni sono ormai passati dalla nota "Rivoluzione del Nilo", da quei moti di protesta da parte del popolo Egiziano, e dei giovani in maniera particolare, verificatisi in Egitto a partire dal 25 Gennaio del 2011, contro il trentennale regime caduto l'11 febbraio 2011, ma continuano ancora le sfide per la democrazia e i cambiamenti che coinvolgono tutti i campi, sia a livello sociale che politico e legislativo.
I giovani sono stati il perno principale a partire dal quale tutto è ruotato e i giovani, le nuove
generazioni, sono la chiave per aprire le porte del futuro.

A chi è indirizzato: Studenti delle Scuole Elementari, Medie e Superiori - Studenti Universitari - Ricercatori e studiosi.

Obiettivo: Questo concorso ha l'obiettivo di incoraggiare i giovani studenti a esprimere attraverso la scrittura qualsiasi idea, pensiero, qualsiasi proposta e progetto gli sia venuta in mente per contribuire al cambiamento e all'evoluzione del paese Egiziano. Si può trattare anche di un solo pensiero, o di suggerimenti schematici, o di un progetto esteso, in qualsiasi campo, sociale, politico, scientifico e così via.

Ultima data per la presentazione delle opere: Lunedì 04/02/2013

Premiazione: Ognuno dei partecipanti riceverà un certificato di partecipazione. I primi tre
diventeranno i protagonisti di un evento pubblico dedicato all'argomento, organizzato da questo ufficio presso la nostra sede il giorno 11 Febbraio 2013, durante il quale avranno la possibilità di presentare il proprio lavoro.

I lavori devono essere inviati in allegato via email all'indirizzo uffculturalegiziano@yahoo.it e il partecipante deve
indicare nell'email tutti i propri contatti, nonchè inviare un breve presentazione di se stesso.
E' gradito anche l'invio postale al seguente indirizzo:
Ufficio Culturale dell’Ambasciata d’Egitto in Roma
Via delle Terme di Traiano n. 13
00184 – Roma
Specificare inoltre sulla busta: CONCORSO "A due anni dalla rivoluzione del 25 Gennaio 2011"
Per informazioni: Ufficio Culturale dell’Ambasciata della Repubblica Araba d’Egitto in Roma:
Tel. 06 4872302. Fax 06 4872351. Email: uffculturalegiziano@yahoo.it

giovedì 10 gennaio 2013

Disoccupazione giovanile al massimo storico


I dati Istat, secondo i rilevamenti fatti tra ottobre 2012 e gennaio 2013, rivelano una situazione grave per quanto riguarda il tema del lavoro.
Il problema riguarda tutti: uomini, donne, giovani e mano giovani. Ma, in particolare, il tasso della disoccupazione giovanile ( per la fascia di teà tra i 15 e i 24 anni) è arrivato al 37,1% con un aumento dei disoccupati, rispetto all'anno scorso, del 28,9%. Ovvero le persone senza lavoro sono 644.000 in più con tre milioni di precari.
Secondo l'Istat i dati sulla disoccupazione risentono, soprattutto, della permanenza al lavoro degli occupati più anziani a causa dell'inasprimento delle regole di accesso alla pensione. Il Ministro dell'Economia, Vittorio Grilli, ha commentato la notizia con queste parole: “ E' chiaro che anche l'occupazione soffre, è un dato ovviamente negativo, ma atteso”; mentre il segretario generale delle CGIL, Susanna Camusso, sostenendo che mancano le risorse per gli ammortizzatori sociali, ha aggiunto: “ la scelta di non occuparsi né di politiche industriali né di politiche dei redditi e di sostegno ai redditi più deboli determina una crescente crisi dell'occupazione e del sistema produttivo”.
Come ha ricordato Roberto Benigni durante lo spettacolo televisivo sulla Costituzione italiana, ricordando l' Articolo 1, il lavoro è parte integrante dell'identità di una persona, è la sua stessa essenza. Togliere la speranza e la sicurezza lavorativa, soprattutto ai giovani, vuol dire togliere il futuro all'intero Paese.

Da qualche mese è uscito nelle sale cinematografiche un film intitolato Workers, pronti a tutto,di Lorenzo Vignolo, che parla proprio del tema della disoccupazione e del precariato.
Come spesso accade alla filmografia italiana, si tende a parlare con gli schemi e gli stilemi della commedia di argomenti seri e importanti. In questo caso la trama è costituita da tre episodi: il primo, dal titolo Badante, racconta la vicenda di Giacomo che, per riuscire a pagare l'affitto, accetta di fare da accompagnatore ad un paraplegico cocainomane e burbero; il secondo, Cuore di toro, vede come protagonista Italo che, per conquistare l'amata, si finge chirurgo, quando invece è l'addetto della raccolta di liquido seminale in un allevamento di tori; il terzo episodio, Il trucco, in cui Alice, pur di guadagnare qualcosa, finisce a truccare i morti in un'agenzia di pompe funebri.
Il ritmo della narrazione è incalzante e non poteva mancare una colonna sonora adeguata (bandjo, pianoforti, tamburi) dato che il regista viene dalla direzione di videoclip. Battute sferzanti, ironia e cinismo caratterizzano questo racconto che, però, resta troppo superficiale e stereotipato. Se il Cinema vuole fare critica sociale, allora è preferibile tornare al vecchio e caro Ken Loach dei primi anni anche se  la commedia all'italiana può ricordare, ai distratti, che i giovani italiani non sono poi così...”choosy”.