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venerdì 20 novembre 2015

martedì 24 novembre ore 17.30
 
presso il MUDEC (Museo delle culture di Milano - VIA TORTONA 56)


Dare un calcio alla povertà… in Brasile



Proiezione del documentario “Avenida Maracanà” con l’intervento degli autori.







a cura di Associazione per i Diritti Umani 


Rio de Janeiro. Mentre gli occhi del mondo sono puntati sul Mondiale di calcio e le proteste ad esso legate, le gioie e i dolori di un paese per la propria Nazionale fanno da sfondo alle sofferenze e agli affetti di una famiglia che vive in una favela. L’occhio della macchina da presa documenta quello che accade, lo riprende, lo registra e ce lo mostra, senza filtri, senza parteggiare.
A presentare e commentare il documentario intervengono Stefano Bertolino, Anna Cordioli, Francesco Moroni Spidalieri, filmaker, registi e produttori. Coordina Alessandra Montesanto, vicepresidente dell’Associazione per i diritti umani e critico cinematografico.

giovedì 29 ottobre 2015

Le nostre proposte al MUDEC, Museo delle Culture di Milano


martedì 3 novembre ore 17.30
"Pallidi segni di quiete": la quotidianità in terra di Palestina
con Monica Macchi, Cristina Dozio, Elena Santomauro, Alessandra Montesanto
a cura dell’Associazione per i Diritti Umani
www.peridirittiumani.com

“Pallidi segni di quiete” raccoglie i più bei racconti di Adania Shibli, la giovane scrittrice palestinese il cui primo romanzo (“Sensi”, Argo 2007) è già noto al pubblico italiano. Calando l’asciutta enunciazione di piccoli fatti quotidiani in un’atmosfera oscillante fra stupore e sgomento, Adania Shibli consegna al lettore un mondo drammaticamente incomprensibile. Da “Senza rami” a “Necrologio di un bravo professore del quartiere armeno” a “Pallidi segni di quiete” che dà il titolo alla raccolta, è un incessante succedersi di finestre che si spalancano su un universo bello e terribile, fissato da occhi inermi e spietati. I racconti sono stati tradotti dall’arabo sotto la cura di Monica Ruocco; il libro è stato pubblicato nel 2014 da Argo editrice.
Ne parlano Monica Macchi e Cristina Dozio, esperte del mondo arabo. Coordina Alessandra Montesanto, vicepresidente dell’associazione per i Diritti Umani.
L’attrice Elena Santomauro leggerà alcuni brani del testo in lingua araba e in italiano.
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martedì 24 novembre ore 17.30
Dare un calcio alla povertà… in Brasile
Proiezione del documentario “Avenida Maracanà” con l’intervento degli autori.
a cura di Associazione per i Diritti Umani 
www.peridirittiumani.com

Rio de Janeiro. Mentre gli occhi del mondo sono puntati sul Mondiale di calcio e le proteste ad esso legate, le gioie e i dolori di un paese per la propria Nazionale fanno da sfondo alle sofferenze e agli affetti di una famiglia che vive in una favela. L’occhio della macchina da presa documenta quello che accade, lo riprende, lo registra e ce lo mostra, senza filtri, senza parteggiare.
A presentare e commentare il documentario intervengono Stefano Bertolino, Anna Cordioli, Francesco Moroni Spidalieri, filmaker, registi e produttori. Coordina Alessandra Montesanto, vicepresidente dell’Associazione per i diritti umani e critico cinematografico.
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martedì 1 dicembre ore 17,30
Migrazioni: dall’attualità alla graphic novel
con Chiarastella Campanelli, Edda Pando, Alessandra Montesanto
a cura di Associazione per i Diritti Umani
www.peridirittiumani.com

Presentazione del libro di Jérôme Riullier “Se ti chiami Mohamed”, edizioni Il Sirente. Ispirandosi al giornalismo investigativo, Jérôme Riullier racconta di vite precarie, di frequenti umiliazioni, di una complessa tessitura di rapporti che i tanti Mohamed hanno mantenuto con il paese d’origine e con quello d’accoglienza. Racconti autentici, lontani dai cliché, di grande forza emotiva, che abbracciano vari temi, dalla ricerca identitaria all’integrazione, dall’esclusione sociale al razzismo, proponendo dubbi e interrogativi che coinvolgono oggi più che mai ogni cittadino europeo. “Se ti chiami Mohamed” ha ottenuto nel 2012 il dBD Award per il miglior fumetto reportage.
Chiarastella Campanelli, responsabile della casa editrice Il Sirente, spiegherà la scelta di tradurre e pubblicare questo testo che affronta i temi descritti attraverso la forma letteraria della graphic novel. Edda Pando, responsabile dell’associazione Arci Todo Cambia e attivista, si occuperà degli  aspetti più politici e giuridici legati ai temi delle migrazioni. Introduce e coordina Alessandra Montesanto, vicepresidente dell’Associazione per i Diritti Umani.

martedì 27 ottobre 2015

Carlos Pronzato: un regista militante in Sudamerica



L'Associazione per i Diritti Umani ha intervistato per voi il regista Carlos Pronzato: figlio di piemontesi, si è trasferito con la sua famiglia in Argentina. Viaggiatore e documentarista indipendente racconta, con i suoi lavori, l'America latina di oggi, i cambiamenti, le crisi, le conseguenze sulle popolazioni delle scelte economico-politiche del Nord del mondo. 
 
 



Ecco le sue parole. Ringraziamo moltissimo Carlos Pronzato per la sua disponibilità.



Il suo è stato definito un cinema "militante": è corretta questa definizione?

 

Questa definizione è in un certo senso corretta se riferita alla parte più rappresentativa della mia opera cioè la descrizione dei movimenti sociali attuali in costante lotta contro l’oppressione del capitale e degli Stati. Un cinema documentale fatto di interventi sociali e politici a lato dei movimenti insurrezionali in America Latina i cui protagonisti sono in maggioranza i militanti; da questo deriva l’espressione “cinema militante”, un cinema che beve alle fonti ispiratrici degli anni ‘60 ed è un riflesso di questa lotta che si estende fino ai giorni nostri, soprattutto nelle strade. Si può dire che è anche militante da un punto di vista economico giacchè è realizzato con un risorse minime attraverso l’appoggio di enti, organizzazioni e contributi di singole persone; e direi anche che forse è ancora più militante per l'abbandono consapevole di altre possibilità estetiche, diciamo così, di lavorare in un ambiente economicamente più vantaggioso, ma in questo modo il regista si prende un impegno politico con il suo tempo.



La sua è una famiglia di artisti: l'arte dei suoi genitori ha influito sulle scelte per il uo lavoro? L'estetica, gli argomenti, etc...



Certamente! L'influenza è stata totale, innanzitutto nel campo artistico, nella conoscenza e nel mondo dell’estetica alleata sempre alla sua funzione etica e sociale e come possibilità estetica e funzionale. Soprattutto nel campo del teatro, della letteratura e del cinema. In particolare nella questione cinematografica che sviluppo io, sono stati cruciali gli anni delle mie esperienze in molti Paesi dell'America Latina prima di stabilirmi in Brasile e anche l'influenza di uno dei film interpretato da mio padre, Victor Proncet, che è stato anche sceneggiatore e autore del racconto che ha dato origine al film: “I traditori” del regista desapararecido Raymundo Gleizer, regista e film icona del cinema politico di tutto il mondo.



E' vero che il Brasile sta vivendo una fase di crescita economica? E allora perché molti criticano il governo attuale?



Il Brasile ha attraversato un periodo di crescita economica spettacolare negli ultimi anni, ed è riuscito a superare i tempi duri dopo il 2008, ma adesso è entrato in una fase di recessione e nella crisi globale. Questo è un dato fondamentale anche per capire il rifiuto nella popolazione contro le indicazioni del governo del PT e la sua alleanza di mera governabilità con altri partiti (tra cui anche figure storiche della politica brasiliana) e non solo di centro-sinistra. Un governo socialdemocratico che ha saputo distribuire le prestazioni sociali durante i periodi positivi (ma in parallelo a questo è necessario registrare i profitti record delle banche e delle multinazionali presenti nel Paese), ma che si è allontanato dalle sue basi sociali e dai movimenti che gli hanno dato la possibilità di accedere al potere politico, mentre il potere economico resta intoccabile. Le critiche e le grandi mobilitazioni che ci sono ora in Brasile contro il governo sono espressioni di una disputa elettorale che punta al 2018, di contenuto politico molto basso, interpretato dai settori di una élite che ha perso i settori chiave dello Stato per il loro business e che ora sono manipolati da un altro gruppo politico. Nel mese di giugno 2013 ci sono state mobilitazioni molto più potenti ed esplosive nel contenuto socio-politico che puntavano molto oltre al governo di turno, puntavano a un sistema, a un ordine capitalistico che sembra immutabile e continua a distruggere il pianeta, come già successo in varie parti del mondo. Ma quelle manifestazioni di ribellione legittime e autentiche alla ricerca di qualcosa di nuovo continuano ad essere offuscate dalle marce costanti e padronali dal profilo elettorale. Qui si fa riferimento a una “elezione Fla-Flu” (squadre di calcio brasiliane molto popolari), come fosse una disputa calcistica.



In generale, quali sono i rapporti tra l'America latina e il Nordamerica (soprattutto per quanto riguarda l'accoglienza dei migranti) ?



Le relazioni tra l'America Latina e il Nord America, in termini di migrazione, sia obbligatoria che volontaria, sono molte. Entrambe le aree geografiche hanno ricevuto milioni di schiavi dall’ Africa, uomini e donne, che hanno costruito questi Paesi, e al di là dei loro contributi culturali e delle relazioni sociali, il razzismo ha avuto risposte diverse ma tutte terribili fino ad oggi, per la loro dignità. A proposito di gruppi provenienti da altri luoghi, me compreso, come discendente di italiani (padre italiano) e galiziani (madre nipote di galiziani), la loro presenza è stata determinante nella costruzione di un'identità (ancora in formazione) realizzata sulla distruzione dei popoli indigeni di entrambe le regioni. Questo è stato un incendio, letteralmente, ma bisogna prendere in considerazione anche gli aspetti culturali positivi. Qui, nel sud, ci sono tanti che difendono un’unificazione latino-indo-afro, unificando tutte le radici, le origini e le terre in cui vivono, ma ci sono anche altri che si palesano proprio nel campo economico e nel raggio d’azione americano. A seconda della vicinanza geografica agli Stati Uniti, questa influenza sarà maggiore o minore. Per alcuni, questa vicinanza, come ha detto una volta lo scrittore messicano Carlos Fuentes, non è così benefica: “Tanto lontani da Dio e tanto vicini agli Stati Uniti".



Perché ha deciso di raccontare, nei suoi film, le trasformazioni sociali del sudamerica?


Credo di aver risposto a questa domanda sopra quando ho fatto riferimento agli anni in cui sono vissuto in altri Paesi dell'America Latina. A quel tempo non mi dedicavo alle mie occupazioni attuali, ma certamente è stato un periodo di formazione, di osservazione sul campo, fondamentale per il mio processo di sviluppo estetico e penso soprattutto per la ricerca di un’etica che si trasformi in proposta di lavoro e di vita. Queste trasformazioni stanno procedendo con una dinamica esaustiva e col riconoscimento di determinati obiettivi specifici, la scelta di temi specifici da essere affrontati dal genere documentario è una decisione praticamente quotidiana. E soprattutto oggi, quando ogni azione politica è immediatamente postata sul web, il nostro mestiere e professione di documentaristi è affinare gli strumenti di originalità creativa per continuare a costruire narrazioni, esempi di lotta per tutti e soprattutto per coloro che dedicano la loro vita per salvaguardare i diritti inalienabili dell’Umanità, costantemente vilipesi dal capitale e dai suoi portavoce della politica istituzionale.

giovedì 30 luglio 2015

E' arrivata mia figlia: una madre e una figlia per il diritto alla dignità



Val e Jessica: una madre e una figlia nel Brasile di oggi. Val è una donna di mezza età, da tanti anni è al servizio come domestica presso una famiglia, in una villa di San Paolo. Ha cresciuto i figli di Bàrbara e di Carlos e Fabinho, il ragazzo adolescente, la considera la sua “seconda mamma”. Jessica arriva a scompaginare la ritmica e monotona quotidianità di Val, un giorno, all'improvviso: dopo un'infanzia trascorsa con il padre e la nonna, vuole trascorrere a San Paolo un po' di tempo per poter accedere al test di ingresso in università. Val non ha altra alternativa che quella di farla soggiornare nella sua stanza – stretta e soffocante – mentre cerca un alloggio per entrambe. Ma la convivenza tra i componenti della famiglia ricca e le due donne non è facile. Da qui prende l'avvio la trama del film intitolato E' arrivata mia figlia, di Anna Muyleart, vincitore del Premio speciale della Giuria al Sundance Festival e del Premio del pubblico al Festival di Berlino 2015.

I personaggi, ben caratterizzati, formano il puzzle della società brasiliana delle metropoli: Bàrbara, la moglie ambiziosa e consapevole di sé e del proprio ruolo sociale, Carlos il marito depresso, privo di spina dorsale, del tutto steso sulla propria ricchezza ereditata, i due figli poco più che bambini poco maturi e molto viziati. E, tra loro, spicca anzi giganteggia la figura di Val: una donna, una madre per tutti. Affettuosa, rispettosa delle regole, accudente: solido punto di riferimento, ma sempre al proprio posto, mai sopra le righe, quasi un oggetto da arredamento utile, ma non indispensabile (se non per Fabinho e per la sua fragile psicologia).  

Jessica, appartiene a un'altra generazione e cova rancore per quella madre che le ha sempre inviato i soldi per il mantenimento, ma che le è stata lontana. La ragazza non sopporta le imposizioni di una differenza di classe ancora evidente, nonostante i piccoli gesti ipocriti; non accetta le avances di un uomo scontento e annoiato; non tollera la rassegnazione della propria genitrice. E allora si butta in piscina con i figli dei “padroni”, mangia il gelato di Fabinho, chiede sfacciatamente di poter studiare nella stanza degli ospiti, si rivolge apertamente ed esprime le proprie opinioni. Piccoli/grandi gesti di rivolta, che operano una rivoluzione: una rivoluzione raccontata con maestria dalla regista brasiliana. La macchina da presa segue con calma ogni movimento dei personaggi, spesso rimane ferma, entra negli ambienti della villa e al di fuori, proprio per far cogliere agli spettatori quelle piccole sfumature che creano – come i muri e le pareti – le barriere tra ricchi e poveri, tra chi sta in cima e chi sta alla base della gerarchia anche culturale. Ma col tempo, Jessica impara a capire, le scelte obbligate della madre e la madre impara a riconoscere l'importanza della libertà e della dignità grazie alla figlia. E allora entra anche lei nella piscina, ride e telefona alla ragazza per dirglielo. In seguito madre e figlia troveranno una piccola, semplice casa tutta per loro...e Val si sentirà chiamare, finalmente, “mamma”.

venerdì 13 giugno 2014

Quel calcio al popolo brasiliano


Ci  siamo: da poche ore si è dato il via ai mondiali di calcio in Brasile. A distanza di qualche decennio da quel 1950 quando il Brasile fu sconfitto, in finale, dall'Uruguay e questo causò la morte per infarto di alcuni tifosi sugli spalti del celebre stadio Maracanã, suicidi e depressioni: una sconfitta non solo sportiva. Un ulteriore sconfitta di un Paese ancora povero che riponeva, nell'evento, una speranza di riscatto anche da quegli stessi gerarchi che avevano letto i discorsi vittoriosi ancor prima
Oggi il Brasile sta diventando una delle potenze economiche emergenti, ma la strada è ancora lunga soprattutto per quella gran parte della popolazione che vive ai margini. E allora un evento sportivo, oggi mediaticamente imponente, dalla valenza commerciale spropositata, diventa la miccia per sfogare rabbia ed esasperazione.



Nel pomeriggio di ieri, 12 giugno 2014, in attesa della cerimonia di inaugurazione e della prima partita tra Brasile e Croazia, a San Paolo è entrato in azione il Movimento Não vai ter Copa! (che comprende sette gruppi antigovernativi), causando incidenti e scontri con la Polizia in cui sono state ferite anche due giornalsite della CNN, una colpita da schegge di vetro e l'altra da pallottole di gomma che le hanno causato la frattura ad un braccio.

La Policia Militar ha reagito lanciando gas lacrimogeni e usando i manganelli; i manifestanti hanno lanciato bombe molotov. Insomma, un'atmosfera poco festosa tanto che la Presidente del Paese, Dilma Roussef, ha deciso di non pronunciare il discorso di apertura della manifestazione. Un Paese piegato anche dagli scioperi che hanno toccato le città principali. Gli slogan più frequenti – con i quali i manifestanti esprimono i motivi della loro protesta – sono ad esempio: “ Soldi per la Coppa, niente per i salari”, “FIFA torna a casa in Svizzera”, “Hey, FIFA; pagami le bollette”. Famiglie in difficoltà, mancanza di lavoro, diritti negati per i più disagiati. Quegli 11 miliardi di dollari spesi per l'evento sportivo non vanno giù a chi chiede risorse per la sanità, la scuola, gli alloggi e i trasporti. Tifiamo le squadre del cuore, godiamoci lo spettacolo, ma se il nord e il sud del mondo facessero davvero squadra allora sì che vinceremmo tutti. La violenza dei black bloc o dei poliziotti, invece,è sempre sconfitta, umana e sociale.

 






mercoledì 7 maggio 2014

Un calcio alle favelas

Foto di Ohrem-Leclef

Meno quaranta, meno trentanove, meno trentotto...gli appassionati di calcio stanno sicuramente facendo il conto alla rovescia: mancano meno di 40 giorni all'inizio dei mondiali di calcio 2014 in Brasile. Ma il campionato e le Olimpiadi del 2016 rischiano di far perdere di vista i problemi seri che tengono sotto scacco milioni di persone, in particolare quelle che vivono nelle favelas arroccate vicino alle magalopoli.

A Rocinha, una delle più grandi bidonville di Rio de Janeiro, una notte della settimana scorsa, si è verificata una sparatoria violentissima tra poliziotti e narcotrafficanti che ha causato la morte di un criminale e il ferimento di altre persone; nel complesso di favelas di Alemao, occupato dalla polizia nel 2011, si sono verificati altri scontri che hanno avuto come conseguenza il ferimento di quattro agenti. Gli scontri vedono protagoniste anche le favelas che fanno parte del progetto dell' Unità di Policìa Pacificadora (UPP) adottato nel 2007 dal segretario della Sicurezza pubblica di Rio per espellere i narcotrafficanti ma questo, evidentemente, non è bastato e, inoltre, sono tantissime le vittime innocenti degli scontri tra polizia e trafficanti.
Foto di Oherem-Leclef

Risulta difficile scardinare il potere della criminalità, soprattutto all'interno delle aree più disagiate, nel momento in cui i poliziotti non sono riusciti a creare una relazione di fiducia con gli abitanti delle comunità e il governo non ha messo in piedi progetti di recupero sociale rivolti sia ai luoghi sia alle persone. Ecco, le persone appunto.

Per ospitare altre migliaia e migliaia di turisti - che andranno in Brasile per assistere alle manifestazioni sportive - si stanno sistemando strade, alberghi, edifici, ma tutto questo viene pagato, giorno dopo giorno, dai brasiliani più poveri. E' stata costruita, ad esempio, la “TransOlympic Highway” al posto di piccole case con giardino che sono state rase al suolo: lo sfratto degli inquilini è avvenuto con la forza e senza preavviso. Gli stadi “usa e getta” , che saranno usati solo per i due eventi sportivi, sono stati costruiti sulle aree di molte favelas i cui abitanti sono stati cacciati senza preoccuparsi di dare loro un alloggio alternativo.

Da una parte si stanno verificando, quindi, casi sempre più numerosi e gravi di violenza, dall'altra molti cittadini stanno mettendo in atto una vera e propria resistenza, innalzando una torcia olimpica davanti alle loro baracche per dire “Io da qui non mi muovo”. Il fotografo Oherem-Leclef ha ritratto queste persone nel bel libro Olympic favela, pubblicato da Damiani.

E intanto sui muri delle baracche degli sfrattati la polizia scrive con lo spray “Vai com deus”.


lunedì 5 agosto 2013

Un'interessante novità letteraria: Nessun requiem per mia madre



Claudiléia Lemes Dias - nata a Rio Brilhante, nel cuore del Brasile - dopo essersi laureata in Legge si trasferisce in Italia dove consegue il Master in Mediazione Familiare e in Tutela Internazionale dei Diritti Umani e oggi è al suo esordio letterario con il romanzo intitolato “Nessun requiem per mia madre”, per Fazi Editore.
Marta è arrivata in Italia dal Brasile. Non è una ragazza in fuga, non ha un passato da dimenticare. Marta ha soltanto un futuro da costruire: qui studia, si innamora e si sposa. È felice della propria vita. Ma allora perché è l’unica grande assente al funerale di sua suocera, Genuflessa De Benedictis? La madre di suo marito Franco, salutata ora con commozione dall’intero quartiere Parioli in cui viveva, è stata in realtà la più terribile e distruttiva delle suocere. Possessiva e pronta a tutto pur di non lasciare il figlio prediletto nelle grinfie dell’“approfittatrice straniera”.

Abbiamo intervistato l'autrice


Nel suo romanzo fa un ritratto feroce della famiglia italiana - borghese e cattolica - a contatto con lo straniero: possiamo chiederle se è una storia di fantasia o, in parte, autobiografica?

Le suocere e le nuore hanno spesso tratti comuni un po’ in tutto il mondo. Sono arrivata in Italia per approfondire gli studi con un Master in Mediazione Familiare, che pensavo, sarebbe stato il campo del mio futuro lavorativo. Molti degli avvenimenti provengono da testimonianze ascoltate in quegli anni di studio. Certamente l’atmosfera ricreata nel libro proviene dalle storie più estreme e patologiche che hanno modificato e segnato, fino a devastare, matrimoni basati su affinità che sembravano solide. Il mio tentativo è stato quello di immedesimarmi, sia nella madre che nel figlio, ed essere voce narrante di una asfissiante simbiosi in cui la madre non ammette che venga sottratto “il suo bastone della vecchiaia”. Non penso però sia solo una storia italiana dello stereotipato “mammone” o ultimamente politicizzato “bamboccione”. Le dinamiche dell’accettazione dello straniero sono quasi in secondo piano rispetto al rifiuto di una separazione fisica, che agli occhi della madre è vista come un tradimento. Poco importa che Marta, la nuora, sia straniera o autoctona. È la possibilità di aprirsi al mondo e di abbandonare le vecchie morbose abitudini a spaventare Genuflessa.

Cosa rappresenta Genuflessa De Benedictis, la “madre”, la “suocera”, al di là del suo ruolo familiare? E il suo è vero amore nei confronti dei figli o c'è dell'altro?

Genuflessa De Benedictis è madre e nella sua personale religione è Dio. Non ha solo procreato, ma creato i propri figli, uomini che vengono descritti nel romanzo come una sua propaggine inalienabile, cellule omozigote...Essendo ermeticamente chiusa in sé stessa, solo di sé (e quindi dei figli), Genuflessa crede di potersi fidare. Direi che non è amore ma spietato narcisismo.

Quali sono gli stereotipi da demolire quando si parla di brasiliani, sudamericani e di immigrati in genere?

Ridurre con le parole un popolo è il modo più semplice per odiarlo o per provarne simpatia. Se parlo dei romeni si pensa immediatamente alle badanti o ai pirati della strada, se dico peruviano o filippino la mente si sposta su bravi domestici, al brasiliano invece si associa alla trans della Cassia o della Cristoforo Colombo, al calcio e alle mulatte che camminano sulle spiagge bianche di Ipanema. Quanto di più fuorviante ci può essere, se con sei termini ho sintetizzato circa 350 milioni di persone? Gli stereotipi sono molti e cambiano spesso sulla base della volontà politica di strumentalizzare determinate situazioni o momenti storici.

L'Italia è un Paese razzista?

L’Italia ha una storia complessa. Non va capita ma psicanalizzata come un’affascinante donna profondamente insicura e impaurita che ha bisogno di eterne conferme sulla propria identità. Un Paese andrebbe misurato non attraverso lo spread o i rating delle banche, ma attraverso l’umanità e cultura che ha sviluppato nei secoli di storia. Da questo punto di vista definire l’Italia un Paese razzista sarebbe storicamente sbagliato, si pensi solamente alla globalità dell’impero Romano con il suo straordinario Diritto, ma anche alla storia più recente come la Carta dei Diritti dell’Uomo (Carta di Roma). Atteggiamenti incivili di pochi non possono condizionare un quadro generale che si presenta positivo e in costante evoluzione, anche se non voglio tuttavia minimizzare una certa inquietudine recente verso atteggiamenti sessisti e di fanatismo religioso.

Ci può rivelare il significato del titolo del romanzo?

È l’incapacità di perdonare le debolezze di chi ci ha generato. È l’eterno risentimento che si ha quando i genitori affidano nei figli il proprio riscatto.


Claudiléia Lemes Dias




martedì 30 luglio 2013

Il Brasile del Papa e delle proteste


Vorrei fare appello a chi possiede più risorse, alle autorità pubbliche e a tutti gli uomini di buona volontà impegnati per la giustizia sociale: non stancatevi di lavorare per un mondo più giusto e più solidale! Nessuno può rimanere insensibile alle disuguaglianze che ancora ci sono nel mondo...Ognuno, secondo le proprie possibilità e responsabilità, sappia offrire il suo contributo per mettere fine a tante ingiustizie sociali. Non è la cultura dell'egoismo, dell'individualismo, che spesso regola la nostra società, quella che costruisce e porta a un mondo più abitabile, ma la cultura della solidarietà; vedere nell'altro non un concorrente o un numero, ma un fratello...Desidero incoraggiare gli sforzi che la società brasiliana sta facendo per integrare tutte le parti del suo corpo, anche le più sofferenti e bisognose, attraverso la lotta contro la fame e la miseria. Nessuno sforzo di 'pacificazione' sarà duraturo, se non ci saranno armonia e felicità per una società che ignora, che mette ai margini e che abbandona nella periferia una parte di se stessa”.
Queste alcune frasi pronunciate da Papa Francesco durante la sua visita alla favela di Varginha, a Rio de Janiero.  


Il pontefice è tornato in Italia. La Confederation cup è terminata e, per un po', si spegneranno i riflettori sul Brasile in attesa dei Mondiali di calcio e delle Olimpiadi.
I brasiliani - pochi mediamente ricchi e tanti poveri - torneranno alla loro quotidianità, quella gente che è scesa in piazza per protestare contro un'economia capitalistica escludente e contro quei governanti che risolvono i problemi sociali solo in maniera superficiale, come era scritto su uno dei tanti striscioni che sfilavano durante le manifestazioni e che recitava: “Un Paese muto è un Paese che non cambia”, quelle persone che sulla spiaggia di Copacabana ascoltava e applaudiva le parole di Bergoglio quando faceva appello alla solidarietà.
Il presidente operaio Lula prima e Dilma Roussef poi si sono trovati a dover gestire una situazione economica disastrosa, eredità del precedente governo neoliberale di Fernando Enrique Cardoso. Lula si vide costretto a riadattare la sua politica in base alle richieste delle multinazionali e dei latifondisti e la Roussef ha continuato il suo operato avvicinandosi alla bancada ruralista - proprietaria della terra per la quale sono stati assassinati molti contadini e leaders sociali - e alla chiesa evangelica (e ricordiamo che la Commissione dei diritti umani è stata affidata ad un pastore evangelico, omofobo e razzista di cui abbiamo parlato in un precedente articolo). Per non parlare della persecuzione nei confronti del Movemento Sem Terra. 
Il popolo brasiliano si è stancato: è sceso nelle piazze di tutte le città per dire “basta” all'aumento del costo del biglietto de mezzi pubblici; alle tremende condizoni di lavoro degli operai impegnati nella costruzione di impanti sportivi faraonici; al progetto del treno ad alta velocità, che dovrebbe collegare ventidue quartieri di Fortaleza, ma che comporta la sparizione dei barrios, costringendo le persone ad abbandonare le propie case; alla privatizzazione merchandising sportivo da parte della Fifa che spazzerà via i piccoli veditori ambulanti.

La rabbia è esplosa, l'esasperazione è al limite. Le parole di Papa Francesco sono arrivate al cuore degli abitanti delle periferie brasiliane e di tutto il mondo, ma devono arrivare alle orecchie di chi ha il potere di avviare il cambiamento e promuovere l'uguaglianza.

giovedì 4 luglio 2013

Il Brasile e le sue contraddizioni



Brasile-Spagna: 3-0. Con questo risultato il Paese sudamericano ha vinto la Confederations Cup e la Presidentessa, Dilma Roussef, ha telefonato al ct Felipe Scolari per congratularsi. Mentre nello stadio si esultava, fuori si protestava.
Dopo le manifestazioni di piazza contro gli sprechi, la corruzione e l'inefficienza dei servizi, la Roussef crolla nei sondaggi, passando dal 57% al 30% a fine giugno, anche dopo aver proposto un referendum popolare per capire quali siano le riforme necessarie e prioritarie per il Paese. Referendum che i manifestanti hanno accolto con scetticismo. “Siamo stanchi di questi politici che non fanno altro che promesse”, “Il governo è stato destabilizzato dalla forza delle persone che hanno deciso di reagire. Adesso, con un gesto disperato, propongono una rivoluzione politica” oppure “Il governo non può essere sempre l'unico che paga. Così le compagnie private fanno profitti che restano segreti per legge”: queste alcune dichiarazioni di uomini, donne, giovani e meno giovani, che rispondono alla convocazione del referendum che dovrebbe ripristinare i diritti civili e sociali.
E, intanto, in uno dei Paesi per i quali si parla di “economia emergente”, cosa succede sul fronte dei diritti umani?
Anche durante lo scorso mese di marzo le piazze si sono riempite di persone, ancora per protesta. Una protesta contro l'elezione di Marco Feliciano come Presidente della Commissione per i Diritti Umani e Minoranze.
Deputato del Partido Social Cristiano, Feliciano si è fatto conoscere per le sue dichiarazioni omofobe e razziste: ha più volte, infatti, qualificato le lotte per i diritti della comunità Lgbt come “attivismo di satana” e sostenuto che “un negro è un negro e non può cambiare”. La sua elezione è stata sostenuta dalla bancada evangelica che, cercando di colpire la laicità dello Stato, ha condizonato la stessa vita politica contestando, ad esempio, la Roussef sul tema dell'aborto durante la campagna elettorale.
Il Movimento nazionale brasiliano per i diritti umani ha minacciato di portare il caso davanti all'Organizzazione degli Stati Americani (Osa) e all'ONU, così come le istituzioni religiose progressiste si sono dette contrarie alla nomina del pastore evangelista: ma Feliciano è ancora al suo posto e le vittime di discriminazione continuano ad essere afrodiscendenti, indios e contadini senza terra.
Ma non è finita qui: secondo le ultime notizie, si legge che, proprio in questi giorni, sia stata installata un'altra commissione che riguarda i diritti umani: la Commissione Verità, che dovrebbe far luce sulle violazioni avvenute tra il 1946 e il 1988.
Sette commissari e quattordici tecnici dovranno appurare i fatti che riguardano le violenze commesse sia da parte dello Stato sia da parte dei gruppi di guerriglia che lottarono contro la dittatura, gruppi di cui fece parte la stessa Dilma Roussef.
Due anni di tempo per ascoltare testimonianze, raccogliere materiale, convocare gli accusati: le indagini, in particolare, si focalizzeranno sul periodo tra il 1964 e il 1985 quando al potere salì la giunta militare, dopo il celebre golpe appoggiato dagli Stai Uniti: 21 anni di repressione e 475 persone desaparecidos ufficialmente. Ma sono state molte di più.
La Commissione non ospita risentimento, odio e nemmeno perdono. E' appena il contrario dell'oblio”, ha dichiarato in lacrime la Presidentessa. Mentre i responsabili delle violenze e delle violazione dei diritti umani continueranno a godere dell'amnistia approvata nel 1979.

martedì 25 giugno 2013

Un milione e mezzo di persone in piazza in Brasile, ma non è il carnevale


All'inizio è stata denominata la “rivolta dell'aceto”. Perchè? Perchè il governo, presieduto da Dilma Rousseff, ha deciso di aumentare la tariffa del trasporto pubblico di 0.2 reais e per questo motivo sono cominciate le manifestazioni di protesta e, nella città di San Paolo, i corpi speciali anti-sommossa della Polizia ha sparato, contro i manifestanti, dei proiettili di gomma ad altezza uomo, colpendo agli occhi sette giornalisti della Folha.
Manifestanti e giornalisti sono stati fermati con un'accusa paradossale: “Porto illegale di aceto” in quanto “l'aceto può servie a fabbricare bombe”. In realtà, l'aceto - come il limone - è usato dai repoters proprio per proteggersi dai gas lacrimogeni. Le persone bloccate e portate in questura sono state liberate, quasi tutte, nella notte seguente al fermo.
Ma le manifestazioni non si sono placate, anzi. Da San Paolo a Rio de Janeiro, da Brasilia a Fortaleza circa un milione di persone è sceso in piazza, per lo più per manifestare in maniera pacifica, anche se si è registrato qualche episodio di saccheggio e di vandalismo e, a Ribeirão Preto vicino alla città di San Paolo, un manifestante di vent'anni è morto a causa di una jeep che cercava di farsi largo tra la folla.
 La rivolta, come detto, è scaturita dall'aumento delle tariffe di autobus e metropolitana: un aumento importante per chi si sposta solo con i mezzi pubblici e guadagna di media, al mese, 700 reais che equivalgono a circa 247 euro. Ma la protesta non riguarda solo questo provvedimento: i manifestanti, adesso, si ribellano anche contro l'aumento delle tasse e la corruzione e chiedono servizi migliori per quanto riguarda la sanità e l'istruzione soprattutto dal momento in cui sono stati spesi oltre 26 miliardi di dollari dei fondi pubblici per finanziare i Mondiali del 2014 e le Olimpiadi del 2016.

Il Presidente Rousseff ha rassicurato i manifestanti con un discorso improntato sul dialogocon i partecipanti al movimento pacifico e sulla fermezza nei confronti dei violenti. “Nè il governo né la società possono accettare che una minoranza violenta e autoritaria distrugga il patrimonio pubblico e privato, attacchi luoghi di culto, incendi automobili e voglia portare il caos nei nostri principali centri urbani”, ha affermato, e riguardo alle richieste di chi è sceso nelle piazze e nelle strade ha promesso un grande patto per migliorare i servizi pubblici e una lotta molto più incisiva per combattere la corruzione.

giovedì 14 marzo 2013

Brutte e buone notizie dall'ambito carcerario


Il 31 marzo 2013 chiuderanno i sei ospedali psichiatrici giudiziari (Opg) presenti sul territorio italiano. 800 malati mentali saranno a rischio di cure e questo è un fatto piuttosto grave perchè, come spiega Claudio Mencacci - Presidente della Sip, Società Italiana di Psichiatria – circa il 10% delle persone che presentano disturbi sono pericolosi e potrebbero creare qualche problema di sicurezza; il rischio è molto basso, ma non si può escludere del tutto che possano reiterare i reati.
Gli Opg chiudono in base al disegno di legge n. 9/2012, voluto dai Ministeri della Salute e della Giustizia e le conseguenze potrebbero essere negative a causa della mancanza di strutture alternative, della mancata gradualità, di una proroga o di interventi che garantiscano la sicurezza dei pazienti, degli operatori e della comunità; la Sip denuncia, inoltre, la carenza di cure psichiatriche nei penitenziari dove confluiranno molti dei malati mentali. In Italia sono tra le 1000 e le 1500 persone internate negli Opg e, ad oggi, non sono ancora pronte le 20 strutture che dovrebbero sostituire gli ospedali psichiatrici giudiziari.

Virgilio De Mattos
Per accompagnare questo percorso, ancora confuso, è arrivato nel nostro Paese, Virgilio De Mattos  ,docente dell'Università di Belo Horizonte, in Brasile che nel suo libro intitolato Una via d'uscita, edizioni Alphabeta, riporta l'esperienza del PAJ-PJ-TJMG, “Programma di attenzione integrale” che si basa, principalmente, sul concetto di “prevenzione”: i pazienti, aiutati dai familiari e dal personale specializzato, affrontano il proprio caso e ne indicano la soluzione attraverso l'azione giuridica, sociale e clinica.
I malati di mente autori di reato, infatti, vengono riconosciuti responsabili del reato, ma non vengono isolati in un carcere; possono circolare liberamente nelle strutture adibite per poter affrontare le cure necessarie e per poter relazionarsi meglio e lavorare sul problema; tutti i cittadini devono essere sottoposti a un giudizio penale con tutte le garanzie previste dal codice, con la possibilità di essere sottoposti ad un processo con il contraddittorio e la difesa legale; in caso di condanna, infine, deve essere fissata la pena con la possibilità - valutando i casi - di detrazione o progressione del regime di detenzione, la sospensione o la prescrizione.
Un ulteriore passo verso il rispetto dei diritti fondamentali anche per chi ha commesso reato è dato da un progetto in atto dal 1994 presso il carcere di San Vittore di Milano. Si tratta di uno spazio di produzione musicale, creato da Alejandro Jarai che, dal sette anni, ha dato vita al progetto VLP Sound: la stanza 17 del 3° Raggio diventa un luogo dove si fa musica tutti i giorni, con la partecipazione dei detenuti e con la collaborazione di istituzioni, educatori e associazioni che operano nel settore.
Il progetto prevedere la realizzazione di CD - distribuiti gratuitamente - e la realizzazione di concerti e di registrazioni per creare un ponte tra la realtà interna all'istituto e la realtà esterna. La “persona” è, infatti, al centro del progetto: i detenuti, grazie alla musica, imparano di nuovo ad ascoltare. Ascoltano, prima di tutto, se stessi e poi gli altri; recuperano le proprie emozioni e la propria umanità; migliorano la relazione con “il diverso da sè” e con il mondo esterno. La musica, quindi, come comunicazione, come veicolo di nuovi valori, come opportunità di crescita e di riscatto.