Dopo
più di un secolo di crimini sistematici come il genocidio, la
schiavitù, gli abusi e le violenze sessuali, i crimini di guerra e
le discriminazioni, essere Hazara appare ancora oggi un crimine in
Paesi come l’Afghanistan e il Pakistan. Solo Sabato 16 Febbraio
2013, infatti, più di trecento uomini, donne e bambini sono stati
uccisi o feriti in un attacco terroristico nella città di Quetta.
Questo attacco segue un altro attentato avvenuto il 10 Gennaio nella
stessa città, attacco che ha provocato la morte di più di cento
persone. In questi ultimi anni, più di mille persone appartenenti
all’etnia Hazara sono state uccise in simili attacchi organizzati
in questo Paese. Oggi, nella loro stessa terra, in Afghanistan, le
persone appartenenti a quest’etnia non sono al sicuro.
Attraverso
la conferenza che si è tenuta a Bologna il 17 marzo scorso,
organizzata dalla Rete Internazionale del Popolo Hazara, si è cercato di capire cosa sta accadendo in quell'area del mondo.
Innanzitutto
bisogna partire - come ha sottolineato la giornalista Laura Silvia
Battaglia nel suo intervento - da un'informazione corretta. I
giornalisti devono documentarsi meglio, studiare e, possibilmente,
conoscere le persone e le situazioni di cui scrivono o parlano perchè
solo la conoscenza può aiutare a capire le cose.
In
particolare, questo discorso vale per la stampa italiana che non si
occupa mai abbastanza di politica internazionale e, per quanto
riguarda, ad esempio, la politica interna riguardo al tema
dell'immigrazione, ne parla sempre in termini di “sicurezza”. Per
questi motivi, in Italia, non si hanno molte notizie certe sulla
situazione in Afghanistan o in Pakistan e, in rete, si trovano spesso
soltanto informazioni scritte in inglese.
Chi
riporta le informazioni da quei paesi si dimentica che, al loro
interno, ci sono realtà etniche diversissime e che questa diversità
non poggia soltanto su motivazioni religiose, ma anche su vicende
storiche e disuguaglianze culturali; dimenticando questo, le varie
etnie spariscono dalle cartine geografiche, dai discorsi geopolitici
e dal mondo dell'informazione. La giornata organizzata dalla Rete
Internazionale del Popolo Hazara aggiunge alcuni tasselli di
conoscenza e di approfondimento per colmare questi vuoti, queste
lacune.
Adelaide
Zambusi, coordinatore regionale presso UNHCR Italia, ha ricordato
che:
“Costituiscono
genocidio,
secondo la definizione adottata dall'ONU,
"Gli
atti commessi con l'intenzione di distruggere, in tutto o in parte,
un gruppo
nazionale,
etnico,
razziale
o religioso".
Anche la sottomissione intenzionale di un gruppo a condizioni di
esistenza che ne comportino la scomparsa sia fisica sia culturale,
totale o parziale, è di solito inclusa nella definizione di
genocidio.
Il
termine, derivante dalla greco
γένος
(ghénos
razza, stirpe) e dal
latino
caedo
(uccidere), è entrato nell'uso comune ed ha iniziato ad essere
considerato come un crimine
specifico,
recepito nel diritto
internazionale
e
nel diritto interno di molti Paesi.
L'
11 dicembre
1946,
l'Assemblea
generale delle Nazioni Unite
riconobbe
il crimine di genocidio con la risoluzione 96 come "Una
negazione del diritto alla vita di gruppi umani, gruppi razziali,
religiosi, politici o altri, che siano stati distrutti in tutto o in
parte".
Il riferimento a "gruppi politici", un'aggiunta rispetto
alla proposta di Lemkin, non era gradito all'Unione
Sovietica,
che fece pressioni per una formulazione di compromesso. Nel dicembre del 1948 fu adottata, con la risoluzione 260 A (III), la Convenzione
per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio
che,
all'articolo II, definisce il genocidio come:
Uno
dei seguenti atti effettuato con l'intento di distruggere, totalmente
o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso in
quanto tale:
Uccidere
membri del gruppo;
Causare
seri danni fisici o mentali a membri del gruppo;
Influenzare
deliberatamente le condizioni di vita del gruppo con lo scopo di
portare alla sua distruzione fisica totale o parziale;
Imporre
misure tese a prevenire le nascite all'interno del gruppo;
Trasferire
forzatamente bambini del gruppo in un altro gruppo.
Basir
Ahang, giornalista e attivista dei Diritti Umani, ha, invece,
sottolineato che questo incontro è stato organizzato anche: “...
per il diciottesimo anniversario dell'assassinio di Baba Mazari,
l'uomo che perse la sua vita perché credeva nell'uguaglianza e nella
giustizia per tutti i cittadini dell'Afghanistan, l'uomo che
desiderava che l'essere Hazara non rappresentasse più un crimine.
Per
due secoli gli Hazara hanno vissuto diversi tipi di crimine come il
genocidio, la pulizia etnica, la schiavitù e l'emigrazione forzata.
Io non capisco come mai il genocidio degli Hazara venga ignorato dai
principali mezzi di comunicazione. I giornali non se ne occupano
quasi mai e quando lo fanno parlano di uccisione di sciiti e non di
uccisione
di Hazara.
Ancora
non
so se questa politica dell'informazione sia da attribuire a un
qualche tipo di falsificazione o semplicemente all'ignoranza. Forse
non sanno che il motivo per il quale gli Hazara vengono uccisi dai
terroristi sia in Pakistan che in Afghanistan è proprio il fatto che
loro sono Hazara, facilmente distinguibili dagli altri per via dei
loro tratti asiatici. Gli Hazara non vogliono ricorrere alle armi,
alla violenza e alla guerra perché credono ancora che il miglior
modo di trovare la pace sia la tolleranza e perché pensano che il
miglior modo per convivere con gli altri sia accettarsi e rispettarsi
reciprocamente. Oggi siamo qui per parlare di tutto questo, siamo qui
per dire che anche gli Hazara fanno parte della società umana ed
hanno il diritto di vivere in pace. Siamo qui anche per chiedere ai
nostri amici italiani di esserci a fianco proprio
come oggi, in
questa ricerca della pace”.
Terminiamo
con la lettera aperta che i poeti di tutto il mondo hanno scritto al
Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon, al Presidente
della Commissione Europea José Manuel Barroso e al Presidente degli
Stati Uniti Barack Obama:
Egregi
Signori,
Dopo
più di un secolo di crimini sistematici come il genocidio, la
schiavitù, gli abusi e le violenze sessuali, i crimini di guerra e
le discriminazioni, essere Hazara appare ancora oggi un crimine in
paesi come l’Afghanistan e il Pakistan. Solo Giovedì 10 Gennaio
2013, infatti, più di cento Hazara sono stati uccisi in un attacco
terroristico nella città di Quetta, in Pakistan. In questi ultimi
anni, più di mille persone appartenenti all’etnia Hazara sono
state uccise in simili attacchi organizzati nello stesso paese.
Oggi,
nella loro stessa terra, in Afghanistan, le persone appartenenti a
quest’etnia non sono al sicuro. Ogni anno sono esposte agli
attacchi dei Kuchi afghani che godono del supporto dei Talebani e del
governo afghano. Le loro strade vengono bloccate da Talebani armati,
le loro auto vengono fermate e i passeggeri uccisi. Nel centro
dell’Afghanistan, dove una gran parte della popolazione Hazara è
marginalizzata, non hanno nemmeno accesso a diritti basilari. Ancora
oggi essi sono esposti agli attacchi dei Talebani. Il risultato è
che circa un milione di Hazara sono fuggiti in numerosi paesi come
rifugiati o richiedenti asilo, il più delle volte vivendo in
terribili condizioni umane e psicologiche.
La
popolazione indigena Hazara rappresentava circa il 67% della
popolazione dell’Afghanistan prima del XIX Secolo. Nel corso di
questo secolo hanno sofferto il genocidio e la schiavitù e sono
stati obbligati con la violenza ad abbandonare le loro terre, situate
nel sud del moderno Afghanistan. Più del 60% di questa popolazione
venne uccisa e migliaia di loro furono venduti come schiavi.
L’intera
storia del XX secolo in Afghanistan è stata contrassegnata dalle
uccisioni e dalle discriminazioni nei confronti di questo popolo. Il
10 e 11 Febbraio 1993 in un’area di Kabul chiamata Afshar, il
governo dei Mujaheddin e i suoi alleati massacrarono migliaia di
donne, uomini e bambini di etnia Hazara. Nell’Agosto del 2008,
inoltre, i Talebani uccisero più di 10 000 Hazara nella città di
Mazar-i-Sharif. Simili massacri si diffusero velocemente anche in
altre parti del paese. La distruzione di simboli e patrimoni
artistici e culturali Hazara, nonché la creazione e diffusione di un
falso percorso storico attribuito loro, sono state altre strategie
adottate, oltre ai già sopracitati crimini, al fine di eliminare
l’esistenza di quest’etnia.
Per
esempio nel Marzo del 2001, come è noto, i Talebani distrussero le
antiche statue di Buddha a Bamiyan, simboli della storia e della
cultura Hazara, nonché uno dei capolavori più importanti del
patrimonio dell’umanità. Tale è la storia di questi ultimi due
secoli di crimini contro il popolo Hazara.
Per
queste ragioni, noi poeti di tutto il mondo dichiariamo la nostra
solidarietà al popolo Hazara e chiediamo ai leader di tutto il mondo
di tenere in considerazione i seguenti punti al fine di assicurare la
sicurezza e la salvaguardia del popolo e della cultura Hazara:
1.
Dichiarare uno stato di emergenza riguardante la situazione degli
Hazara autorizzato dalla Convenzione per la prevenzione e la
repressione del crimine di genocidio.
2.
Esercitare pressione sul governo dell’Afghanistan e sul governo del
Pakistan, richiedendo la cessazione immediata degli atti di
discriminazione contro gli Hazara, nonché la cessazione del loro
supporto a gruppi terroristici.
3.
Richiedere agli Stati parte della Convenzione sui rifugiati la
protezione dei richiedenti asilo Hazara e la concessione del diritto
d’asilo.
4.
Istituire una Commissione internazionale di verità che indaghi sui
crimini contro il popolo Hazara.
5.
Aprire un’indagine presso le Corti e i Tribunali Internazionali
come ad esempio la Corte Penale Internazionale.
6.
Richiedere alle truppe internazionali presenti in Afghanistan di
assicurare la sicurezza delle persone di etnia Hazara.
7.
Richiedere ai media internazionali di riferire ed indagare sui
crimini e le violenze contro il popolo Hazara in Pakistan e in
Afghanistan.