martedì 31 marzo 2015

Chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari




L’Unione Camere Penali Italiane (Ucpi) e l’Osservatorio Carcere Ucpi denunciano “l’assoluta assenza d’informazione rispetto alla chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari (Opg), prevista per oggi, 31 marzo 2015. Mancano solo pochi giorni e molte Regioni – si legge in una nota dei penalisti – non hanno ancora individuato o attrezzato le Residenze per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza (Rems) e non è stata rivalutata la pericolosità sociale degli internati, al fine di determinare la loro futura destinazione”. Lo scorso 16 marzo l’Osservatorio Carcere dell’Unione Camere Penali ha visitato l’Opg di Montelupo Fiorentino e nella nota divulgata si legge: “... Vengano commissariate le Asl inadempienti e punita la responsabilità di coloro che non hanno reso possibile nei tempi programmati, nonostante i numerosi rinvii, l’applicazione concreta della riforma”.

Capiremo, quindi, quale sarà la decisione del governo e ne daremo notizia.





Intanto l'Associazione per i Diritti Umani vi propone il video dell'incontro con Gigi Gherzi: l'attore ha letto e recitato alcuni brani tratti dal suo nuovo libro intitolato Atlante della città fragile.

Un testo composto dalle storie di tante persone diverse per età, estrazione, professione, ma accomunate tutte da quella fragilità mentale che può colpire chiunque, per molti motivi. Una fragilità spesso condannata, punita, peggiorata da pratiche mediche inadeguate o dall'insensibilità di tanti.

Ringraziamo Gigi Gherzi per questo regalo.








Vi ricordiamo che i nostri video sono diponibili anche sul canale Youtube dell'Associazione per i Diritti Umani e che organizziamo incontri con gli autori anche nelle scuole medie/superiori e in università. Se interessati, scrivete a: peridirittiumani@gmail.com
 





lunedì 30 marzo 2015


L'Associazione per i Diritti Umani

in collaborazione con il Centro Asteria

PRESENTA



DIRITTI AL CENTRO:
MILANO, CROCEVIA D'EUROPA



Alla presenza di: MONICA MACCHI, MARTA MANTEGAZZA, ANNA PASOTTI, ALESSANDRA PEZZA, ANNA RUGGIERI

(E con una sorpresa in video)



DOMENICA 12 APRILE



ORE 17.30

presso



CENTRO ASTERIA

Piazza Carrara 17.1, ang. Via G. Da Cermenate (MM Romolo, Famagosta)



L’Associazione per i Diritti Umani presenta il terzo appuntamento della serie di incontri dal titolo “DiRITTI AL CENTRO”, che affronta, attraverso incontri con autori, registi ed esperti, temi che spaziano dal lavoro, diritti delle donne in Italia e all’estero, minori, carceri, immigrazione...

In ogni incontro l’Associazione per i Diritti Umani attraverso la sua vicepresidente Alessandra Montesanto, saggista e formatrice, vuole dar voce ad uno o più esperti della tematica trattata e, attraverso uno scambio, anche con il pubblico, vuole dare degli spunti di riflessione sull’attualità e più in generale sui grandi temi dei giorni nostri.



In questo incontro dal titolo “Milano, crocevia d'Europa” si parlerà dei profughi siriani (e non solo) che arrivano nella città di Milano per poi cercare di recarsi in Nord Europa (Svezia, Germania) per ricongiungersi ad altri familiari, per avviare un nuovo percorso di vita dopo aver vissuto la guerra e le sue tragiche conseguenze. Si parlerà del romanzo “Il silenzio e il tumulto” dello scrittore siriano Nihhad Sirees e verrà presentata la mostra fotografica “Siriani in transito”.
  



IL LIBRO:

Fathi, scrittore osteggiato dal regime e dal Leader della nazione (Sirees non dirà mai il nome del Paese nel quale si svolge la vicenda, a causa degli ovvi rischi – censura e arresto), uscendo di casa si trova coinvolto nelle celebrazioni dei vent’anni dalla presa del potere del Presidente. Una folla oceanica, chiassosa, imperversa per le strade della città alzando al cielo migliaia di ritratti del Leader, quasi fosse un Dio in terra.




L' AUTORE

Nihad Sirees, scrittore siriano, fuggito dalla Siria nel 2012, racconta nel suo libro, “Il silenzio e il tumulto” – pubblicato dalla casa editrice Il Sirente e tradotto da Federica Pistono (traduttrice di un altro libro fondamentale per comprendere la Siria contemporanea, “La conchiglia” di Mustafa Khalifa, ed Castelvecchi) –, la storia di Fathi Shin, alter ego di Nihad.


LA MOSTRA FOTOGRAFICA

Tre mediatrici interculturali frequentando i centri di accoglienza per i siriani a Milano come operatrici e volontarie, sono diventate testimoni dirette dell’assurdo viaggio a cui l’UE costringe i siriani in fuga dalla guerra, già provati da anni di conflitto e di esilio nei paesi limitrofi. Di fronte a storie simili e uniche al contempo, unite tutte dal non avere eco, è emersa l’esigenza di dar voce a queste persone per portare informazione sul viaggio da loro compiuto.    





Oltre i tre metri quadri: il nuovo rapporto di Antigone relativo alle carceri


 


Colpisce subito un numero: il 100,8%, che si riferisce al tasso di affollamento delle carceri italiane. Si tratta di uno dei tanti numeri che fanno parte delle ricerche svolte per l'annuale rapporto di Antigone sullo stato degli istituti di pena, quest'anno intitolato "Oltre i tre metri quadri".

Nel testo si legge che i detenuti presenti al 28 febbraio 2015 erano 53.982, di cui il 32% stranieri. Al 31 dicembre 2013 erano invece 62.536. Ad oggi sono dunque 8.554 in meno rispetto a fine 2013. Antigone sottolinea che questo cambiamento "non è tuttavia servito a risolvere completamente il problema del sovraffollamento: i posti regolamentari in tutte le carceri del Paese sono infatti 49.943 secondo il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (Dap). "Se si tiene conto delle detenzioni transitorie - si legge nel documento - il tasso di sovraffollamento potrebbe salire al 118%". Sono poi circa 4.200 i posti inutilizzabili per manutenzione. I reati L’Italia è tra i Paesi più sicuri al mondo con un tasso di 0,9 omicidi ogni 100mila abitanti, addirittura al di sotto della media Ue.

Dall'inizio dell'anno sono stati regitrati 9 suicidi e 44 i detenuti si sono tolti la vita nel corso del 2014. Numeri, superiori alla media europea. Nelle nostre carceri sono inoltre detenuti 14 combattenti jihadisti.

Il rapporto parla anche dei braccialetti elettronici: sono duemila circa quelli in uso oggi e il loro noleggio costa 2,4 milioni di euro.

La ricerca ha riguardato anche il 41 bis, il carcere duro che viene commentato con i seguenti dati: "Nelle carceri italiane, il numero complessivo di detenuto sottoposti al regime duro del 41 bis è pari a 725 e, secondo quanto dichiarato dall'amministrazione penitenziaria, sarebbero 14 i detenuti accusati o condannati per terrorismo internazionale jihadista".


Giovanni Torrente, di Antigone, ha così risposto alle nostre domande:


Come avete condotto l'indagine e quali i risultati significativi che emergono per quanto riguarda il sovraffollamento?



L’osservatorio di Antigone opera attraverso diversi strumenti, fra i quali uno dei più importanti è la visita all’interno degli istituti penitenziari. Antigone dispone infatti di un’autorizzazione ministeriale in base alla quale i suoi osservatori hanno la possibilità di visitare le carceri italiane e, attraverso una griglia di raccolta dati, verificarne le maggiori criticità.

Accanto a tale strumento, gli osservatori si avvalgono di informazioni raccolte tramite testimoni privilegiati, cronache giornalistiche e confronti con operatori del settore.

Tale attività quest’anno ha osservato la quotidianità detentiva a seguito dei provvvedimenti emanati per incidere sul sovraffollamento penitenziario. Il quadro che ne emerge mostra come, a fronte della diminuzione del numero di detenuti, non sia significativamente mutato il clima di tensione all’interno degli istituti. Ciò si deve anche al fatto che i provvedimenti adottati, pur incidendo significativamente sul numero di persone recluse, non ha invece toccato la composizione sociale della popolazione detenuta, che ancora oggi appartiene in larga parte a gruppi sociali fortemente marginali.




Un tema a noi caro: cosa scrive Patrizio Gonnella a proposito degli stranieri detenuti? E della possibilità, per loro, di professare la religione?



Chiaramente l’esercizio della propria religione costituisce un problema. Ciò si deve sia alla mancanza di spazi, sia alle limitate possibilità di accesso per i ministri del culto di alcune religioni – soprattutto islamica – sia infine per i pregiudizi culturali che ancora oggi accompagnano molti operatori della giustizia penale.



Nel report sono inserite infografiche che permettono di fare un confronto con la situazione carcaeraria di due anni fa: c'è stato un miglioramento? In che modo si dovrebbe intervenire per garantire i diritti di base ai detenuti?



Come dicevo, un miglioramento chiaramente c’è stato. Tuttavia non è riuscito ad incidere su quei fattori che ancora oggi incidono pesantemente sulla dignità della pena: dalla fatiscenza dei luoghi alla inadeguatezza del carcere nell’affrontare le situazioni di disagio in cui versano molti condannati (tossicodipendenza, malattia mentale, percorsi migratori irregolari ecc.).

Gli interventi necessari sarebbero naturalmente numerosi. La madre di tutte le riforme dovrebbe essere l’approvazione di un nuovo codice penale attraverso l’introduzione di un sistema di diritto penale minimo consono ai principi del garantismo penale. Ciò si tradurrebbe, tra l’altro, in una differenziazione delle pene, con la perdita della centralità del carcere a favore di altri strumenti puntivi (risarcitori, riparativi, interdittivi ecc.) A ciò si potrebbe accompagnare una riforma dell’ordinamento penitenziario in senso più favorevole alla tutela dei diritti fondamentali del condannato e che limiti i meccanismi più infantilizzanti delle procedure penitenziarie. Infine, occorrerebbe intervenire anche a livello organizzativo e strutturale. Il luogo di espiazione della pena dovrebbe infatti mutare radicalmente nelle sue pratiche e nei suoi luoghi, in modo da divenire qualcosa che ricordi sempre meno la prigione così come oggi noi la conosciamo.



Cosa recita l'Art. 35 e qual è il bilancio a sei mesi dalla sua entrata in vigore?



Il biliancio, allo stato attuale, è purtroppo piuttosto deludente. Come noto, la norma prevede un rimedio risarcitorio per quei detenuti che siano stati reclusi in condizioni ritenute dalla CEDU come inumane e degradanti. Tale rimedio si concretizza in un risarcimento pecuniario di 8 Euro per ogni giorno di detenzione in condizioni inumane e degradanti per quei detenuti che attualmente sono in libertà, e di uno sconto di pena di 1 giorno ogni 10 trascorsi nelle medesime condizioni per chi attualmente è ancora detenuto. Purtroppo tali rimedi si stanno attualmente scontrando con una giurisprudenza della magistratura di sorveglianza (che è l’organo preposto a riconoscere i risarcimenti) piuttosto altalenante e in alcuni casi eccessivamente restrittiva. Ne deriva quindi, in diverse situazioni, una scarsa effettività della norma nel porre rimedio alle violazioni commesse.
 
 

domenica 29 marzo 2015

Mappare le mafie: un progetto importante per la legalità


Mappare le mafie: un nuovo progetto etico da sostenere



L'Associazione per i Diritti Umani ringrazia Marco Fortunato, Osservatorio sulla 'ndrangheta e decide di dare visibilità a questo progetto, utile e importante per garantire un futuro di legalità e giustizia al nostro Paese. Ogni cittadino può fare qualcosa e tutti insieme possiamo dar vita al cambiamento.





MafiaMaps è il primo progetto di un’App per smartphone e tablet che permetta a chiunque la ricerca e la visualizzazione di carte geografiche sul fenomeno mafioso in tutta Italia.



Nata dall’evoluzione di un progetto di WikiMafia – Libera Enciclopedia sulle Mafie, grazie alla completa integrazione con quest’ultima sarà qualcosa di più di semplici mappe: sarà la prima enciclopedia geografica sul fenomeno mafioso.



Il cittadino potrà avere sempre a portata di mano il più grande database sulla criminalità organizzata e non solo avrà accesso a tutte le informazioni rilevanti sul fenomeno mafioso di tutta Italia, ma sarà in grado di fare ricerche avanzate in maniera semplice e veloce in qualsiasi luogo d’Italia si trovi su qualsiasi aspetto di suo interesse.



Uno strumento per diffondere conoscenza, ma anche per coltivare Memoria: di quello che è stato il fenomeno mafioso in Italia e di chi lo ha combattuto, molto spesso pagando con il sacrificio estremo della vita.  E proprio per evitare che si ripetano scenari già visti, dare visibilità a chi oggi li combatte tutti i giorni sul territorio, rilanciando direttamente le iniziative e gli eventi, ma anche notificando in tempo reale le ultime notizie di mafia provenienti da un territorio, grazie alla collaborazione con le nostre testate partner.



Come è nata l’idea di MafiaMaps



Quando è nata WikiMafia - Libera Enciclopedia sulle Mafie nel 2012, uno dei principali progetti che avevamo annunciato erano le "Mappe delle principali attività mafiose in Italia", in quanto eravamo convinti che non vi fosse solo l’esigenza di riorganizzare in maniera scientifica tutta la conoscenza accumulata in oltre 30 anni sul fenomeno mafioso, ma anche di dare a questa conoscenza una proiezione geografica che aiutasse il cittadino a comprendere effettivamente l’entità della minaccia mafiosa. Eravamo e siamo convinti che la mancata consapevolezza del cittadino comune (che permette alle organizzazioni mafiose di radicarsi e di inquinare sempre più territori al di fuori degli originari contesti di insediamento) sia anche figlia della mancata percezione anzitutto geografica del fenomeno nel proprio territorio.



Questa mancata percezione, nonostante svariate e documentate inchieste giornalistiche che irrimediabilmente finiscono nel dimenticatoio, è la prima ragione del dominio mafioso in sempre più ampi settori della vita socio-economica in Italia (e non solo). Per questo nel dicembre 2014 abbiamo deciso di dare una propria autonomia alle "Mappe", trasformandole nel progetto di MafiaMaps.



Perché il Crowdfunding



La mole di informazioni da processare e la necessità di un team che si occupi a tempo pieno del progetto fa sì che non possiamo affidarci alle esigue risorse (poco più di 150 euro) con cui in due anni siamo riusciti a far conquistare a WikiMafia non solo il titolo di "prima", ma anche di "più grande" enciclopedia sul fenomeno mafioso. Per questo motivo sabato 21 marzo 2015 abbiamo lanciato la campagna di crowdfunding #mappiamolitutti, perché pensiamo che questa nuova e innovativa pagina della Storia del contrasto alle organizzazioni mafiose debba essere scritta anche con voi che come noi condividete l’ideale di un mondo senza mafie. Perché questa volta c’è bisogno dell’aiuto di TUTTI affinché il sogno si concretizzi.



Ci rivolgiamo, quindi, a VOI, studenti, studiosi, giornalisti, professori, blogger, appassionati, associazioni, comitati, antimafiosi e cittadini di ogni ordine e grado. Scrivete questa pagina del movimento antimafia con NOI, condividete la nostra PASSIONE, realizziamo INSIEME questo sogno.



Perché aveva ragione Paolo Borsellino, quel 18 dicembre 1991, quando diceva che “lo Stato può cambiare se la società civile prende coscienza di se stessa e delle sue potenzialità. Se il cittadino non aspetta che dall’alto arrivi qualche cambiamento ma si adopera per trasformare”.



Per realizzare il sogno dobbiamo raccogliere almeno 100mila e ci serve un anno di lavoro: poiché le probabilità di successo della campagna sono molto basse, persone più sagge di noi ci hanno sconsigliato di imbarcarci in questa avventura. Ma a noi non importa: qualora non dovessimo raccogliere tutti i soldi necessari, useremo quelli raccolti per realizzare una versione “minima” ed “essenziale” di MafiaMaps.



Perché noi non facciamo questa cosa per guadagnarci uno stipendio: lo facciamo perché ci siamo stancati di subire questa gente. Non siamo noi che dobbiamo andarcene, sono loro che devono andarsene, li dobbiamo cacciare a pedate dai nostri quartieri e dalle nostre città: ovunque ci sia un mafioso devono esserci cento antimafiosi preparati e consapevoli che gli stanno col fiato sul collo.



Diceva Giovanni Falcone che “se le cose vanno così non è detto che debbano andare così. Ma per cambiarle bisogna pagare un prezzo ed è qui che la stragrande maggioranza delle persone preferisce lamentarsi piuttosto che fare.”



Noi abbiamo deciso di smettere di lamentarci e di fare. Ci auguriamo che vogliate combattere questa battaglia insieme a noi. Perché l’Italia è un paese troppo bello per lasciarlo in mano loro. Riprendiamocelo.



Come puoi finanziare il progetto



Puoi contribuire come Singolo, Associazione o Sponsor. La via più rapida è su www.mafiamaps.it: scegli l’importo da donare ed esegui la donazione con PayPal. Puoi però anche sostenerci durante gli eventi di WikiMafia di sostegno a MafiaMaps: compili al momento il modulo di donazione con i tuoi dati, fai la donazione in contanti e penseremo noi a registrare il tuo contributo sul sito.



Se preferisci usare la formula del bonifico bancario, inviaci via mail la ricevuta (mafiamaps@wikimafia.it) con i tuoi dati, penseremo noi a registrare il tuo profilo e il tuo contributo. Le donazioni vanno fatte su un conto dedicato che abbiamo aperto appositamente per la campagna, intestato a Pierpaolo Farina, responsabile del progetto, con la causale "Raccolta Fondi MafiaMaps", IBAN IT 68 F 02008 01621 000103664219.





La nostra squadra



MafiaMaps viene pensata a metà dicembre 2014 da Pierpaolo Farina, con l’idea di rilanciare il progetto originario della “Mappa delle Principali attività mafiose in Italia” di WikiMafia. Il progetto iniziale è stato elaborato insieme a Francesco Moiraghi, Chiara Sanvito, Adriana Varriale, Marco Fortunato ed Ester Castano. La campagna di crowdfunding #mappiamolitutti è stata ideata anche grazie al supporto di Hermes Mariani, Samuele Motta, Thomas Aureliani, Mattia Mercuri, Claudio Paciello, Eleonora Di Pilato, Francesco Terragno, Monica De Astis, Ilaria Meli, Federica Cabras, Martina Bedetti, Dario Parazzoli, Marco Salfi.



Il team di sviluppo sarà composto da giovani ricercatori under-30, la gran parte dei quali appartenenti a WikiMafia, tutti laureati con tesi sulla criminalità organizzata con il Prof. Nando dalla Chiesa. La Startup che nascerà dopo la campagna di crowdfunding avrà sede a Milano.



Vogliamo fare Rete!



Siamo consapevoli che esistono tante realtà sul territorio che hanno svolto lavori eccellenti di mappatura (non dinamica). Il nostro obiettivo è instaurare quante più partnership possibili con realtà e associazioni che lavorano quotidianamente sul territorio, dando visibilità a loro e al loro lavoro, che andrebbero a far parte della bibliografia e dei Credits dell’App. Le associazioni che vogliono sostenere il progetto possono farlo o con un semplice contributo economico oppure dichiarando di volerci aiutare nella mappatura (in questo caso, scriveteci a mafiamaps@wikimafia.it). In entrambi i casi guadagnano la possibilità di caricare i propri eventi sulla criminalità organizzata nell'App e un account gratuito di 1 anno per usare l'App. Le associazioni "mapper" ottengono la geolocalizzazione sulla mappa in qualità di associazione partner di MafiaMaps.



Cosa succede dopo?



La campagna di crowdfunding partirà sabato 21 marzo 2015, nella Giornata della Memoria e dell'Impegno per ricordare le vittime innocenti di tutte le mafie, e terminerà sabato 23 maggio 2015, nel 23° anniversario della Strage di Capaci. Qualora alla chiusura della campagna di crowdfunding venisse raggiunto il traguardo per sviluppare l’App sia per Android che per IoS con la mappatura in tutta Italia (100mila euro), il team di ricerca comincerebbe subito a lavorare e si impegna a rilasciare l'App nella primavera 2016. Qualora dovessimo superare il minimo individuato per la campagna, useremmo le maggiori risorse per sviluppare l’App anche per i dispositivi Windows e per assumere nuovi collaboratori e velocizzare i lavori di sviluppo. Molte delle informazioni necessarie sono state già da noi raccolte in questi due anni di lavoro con WikiMafia, necessitano solamente di essere riorganizzate. Altre invece vanno reperite ex-novo e sistematizzate.



Qualora non raggiungessimo il traguardo iniziale, ma dovessimo fermarci a molto meno, useremmo comunque le minori risorse per sviluppare un'App "minima", con la mappatura delle principali città italiane.



I sostenitori del progetto potranno in qualsiasi momento seguire i progressi dell’App dalle pagine social (Facebook, Twitter, Google+) e dalla newsletter preposta (che invierà ogni mese 1 mail di aggiornamento). In esclusiva per i "Gold Supporter" (vedi sezione ricompense), il 21 marzo 2016 verrà rilasciata una beta in anteprima. L’App sarà completamente gratuita per i sostenitori del progetto, a seconda dell'importo donato (vedi la sezione ricompense per maggiori dettagli), mentre costerà 0,99 centesimi ogni anno per tutti gli altri. L’abbonamento ricorsivo all’applicazione implica l’assoluta assenza di qualsiasi tipo di pubblicità al suo interno. Puntiamo nel lungo periodo a rendere completamente gratuita l'App.



Cosa puoi fare (oltre a sostenere economicamente il progetto)



Se credi in questo progetto e vuoi aiutarci a far diventare il sogno una realtà nel 2016, sarà determinante il “passaparola”: è decisamente improbabile che finiremo in televisione o sui grandi giornali, quindi far conoscere il progetto ai propri amici e convincerli a donare anche solo 1 euro è importante.



Condividi la pagina della campagna sui social network e segnalala via mail ai tuoi contatti. Crea un cartello con #mappiamolitutti e scattati una foto, usando l’hashtag per dare visibilità alla campagna.



Se conosci qualche giornalista che potrebbe fare eco alla campagna, fagliela notare. Se MafiaMaps diventerà realtà, dipende anzitutto da te: anche un piccolo gesto, come una condivisione su Facebook, può essere determinante.
 


 


Il messaggio di Alexis Tsipras per i partecipanti al World Social Forum





Dear friends and comrades,

Fourteen years ago, at the beginning of the new millennium, the World Social Forum came to the fore as the response of the people to the globalization of the markets. It was deliberately meant as versatile meeting of movements, trade unions and associations from around the world, looking for progressive solutions to global problems: poverty, social inequality, lack of democracy, racism, environmental destruction, and absence of economic and social justice. By using dialogue among equals, as well as horizontal processes, it provided proof that social forces from different parts of the world, which may be militant against different problems, can still converge around common goals and so formulate an alternative vision and blueprint for the planet. With values like these, condensed in such slogans as "people before profits" and "another world is possible", the World Social Forum was the space in which ideas and modes of action were born and grew which would eventually question the global neoliberal supremacy.

Our common responsibility to build a different prospect for the world is much greater these days, at a time that blind fanaticism, violence and social regression appear as alternative perspectives before the menacing force of the markets. Such were the motives behind those who, just the other day, spread death and fear in Tunis. The movements ought to block decisively the way to them by winning the hearts and minds of the poor and the oppressed. Neither the combination of fanaticism and intolerance, nor that of fascism and racism can open any new way for the future. The world will move ahead only thanks to democracy, respect for rights, solidarity and common struggles.

Dear friends,

As you know, Greece has for some time now been on a collision course with the tenets of neo-liberalism. Faced with the disastrous policy of austerity and extortion by the markets, our people is determined to defend democracy, the welfare state, public goods and the right to an adequately paying job. We offer a fight for life, dignity and social justice, all within a struggle to orient the economy towards the needs of society, instead of society towards the needs of the economy and sheer financial profit.

Our horizons are not limited by the boundaries of our own country. They extend across all of Europe. We know that on our footsteps other people are following too, determined to use the power provided by democracy to make the world more just and the future more bright. The front that will clash with the current balance of power in Europe is already being formed and it becomes stronger every day.

We know that these developments will be discussed this year during the proceedings of the World Social Forum in Tunis. We know that a key consideration is the all-round support to Greece, but also to all the people fighting for a historic change in Europe and throughout the world. This is why Greece is sending today to those who participate in this year's Forum, a greeting of optimism, strength and determination. Using solidarity as their weapon, the people will win!

Alexis Tsipras

Cari amici e compagni,
quattordici anni fa, all'inizio del nuovo millennio, il Forum Sociale Mondiale è venuto alla ribalta come la risposta del popolo alla globalizzazione dei mercati. E 'stato volutamente inteso come incontro versatile di movimenti, sindacati e associazioni di tutto il mondo, alla ricerca di soluzioni innovative a problemi globali: la povertà, la disuguaglianza sociale, la mancanza di democrazia, il razzismo, la distruzione ambientale, e l'assenza di giustizia economica e sociale. Utilizzando il dialogo tra uguali, così come i processi orizzontali, ha fornito la prova che le forze sociali provenienti da diverse parti del mondo - che possono combattere i diversi problemi - possono ancora convergere intorno ad obiettivi comuni e quindi formulare una visione alternativa e un progetto per il pianeta . Con valori come questi, condensati in slogan come "le persone prima dei profitti" e "un altro mondo è possibile", il Forum Sociale Mondiale è lo spazio in cui le idee e le modalità di azione sono nate e cresciute, lo spazio dove mettere in discussione la supremazia globale neoliberista.
La nostra responsabilità comune per costruire una prospettiva diversa per il mondo è molto più grande in questi giorni, in un momento in cui il fanatismo cieco, la violenza e la regressione sociale appaiono come punti di vista alternativi alla forza minacciosa dei mercati. Queste erano le motivazioni che stavano dietro coloro che, proprio l'altro giorno, hanno diffuso la morte e la paura a Tunisi. I movimenti dovrebbero bloccare decisamente la loro strada, vincendo i cuori e le menti dei poveri e degli oppressi. Né la combinazione di fanatismo e intolleranza, né quella del fascismo e del razzismo sono in grado di aprire qualsiasi nuova strada per il futuro. Il mondo si muoverà avanti solo grazie alla democrazia, al rispetto dei diritti, della solidarietà e con le lotte comuni.


Cari amici,
Come sapete, la Grecia è da tempo ormai in rotta di collisione con i principi del neo-liberismo. Di fronte alla disastrosa politica di austerità e di estorsione da parte dei mercati, il nostro popolo è determinato a difendere la democrazia, lo stato sociale, i beni pubblici e il diritto a un lavoro adeguatamente pagato. Offriamo una lotta per la vita, la dignità e la giustizia sociale, il tutto in una lotta per orientare l'economia verso le esigenze della società, invece della società verso i bisogni dell'economia e il puro profitto finanziario.
I nostri orizzonti non sono limitati dai confini del nostro paese. Si estendono in tutta Europa. Sappiamo che sui nostri passi altre persone ci stanno seguendo, decise a usare il potere fornito dalla democrazia per rendere il mondo più giusto e un futuro più luminoso. Il fronte con cui si scontrerà l'attuale equilibrio del potere in Europa è già in forma e diventa ogni giorno più forte.
Sappiamo che questi sviluppi saranno discussi quest'anno durante i lavori del Forum Sociale Mondiale a Tunisi. Sappiamo che una considerazione chiave è il supporto a tutto tondo per la Grecia, ma anche a tutte le persone che lottano per un cambiamento storico in Europa e in tutto il mondo. Questo è il motivo per cui la Grecia sta inviando oggi, a coloro che partecipano quest' anno al Forum, un saluto di ottimismo, forza e determinazione. Utilizzando la solidarietà come arma, il popolo vincerà!


Alexis Tsipras

sabato 28 marzo 2015

Dal World Social Forum: Vittorio Agnoletto

 
 
 
 
 



E' in corso, dal 24 al 28 marzo, il Social Forum mondiale 2015 che si è aperto al Campus Farhat Hached El Manar, a Tunisi, dieci giorni dopo l'attentato jihadista al Museo del Bardo. Più di 70mila persone parteciperanno a seminari, convegni ed eventi culturali in programma.

Il motto della giornata inaugurale è stato: «Popoli di tutto il mondo uniti per la libertà, l'uguaglianza, la giustizia sociale e la pace. In solidarietà con il popolo tunisino e tutte le vittime del terrorismo, contro ogni forma di oppressione» e nei prossimi giorni il Forum darà vita ad una specifica commissione per redigere la “Carta internazionale altermondialista contro il terrorismo”.

Durante i lavori si parlerà di giustizia sociale e fiscale e sarà affrontata anche la questione palestinese, soprattutto dopo la vittoria del Likud ad Israele. Mustafa Barghouti, politico e medico attivo nelle Organizzazioni non governative, nel giorno di apertura del Forum, ha affermato: «Siamo qui come palestinesi per esprimere la nostra solidarietà al popolo tunisino, ma anche per promuovere la nostra lotta contro l'apartheid imposta da Israele». Tra le delegazioni presenti a Tunisi anche quella proveniente dall’Algeria.



Iniziamo a riportare due report di Vittorio Agnoletto, attivista ed eurodeputato, dal Forum e, prossimamente, l'Associazione per i Diritti Umani vi terrà aggiornati con le interviste ad altri partecipanti.







TUNISI: IL SOCIAL FORUM IN UN PAESE CHE VUOLE RESTARE NORMALE


Dopo il 18 marzo il rischio e' che nella popolazione cresca la richiesta di un regime forte,
una dittatura, per fronteggiare il rischio del terrorismo e dell'integralismo islamico, mi racconta Fathi Chamkni, deputato tunisino del Fronte Popolare all'opposizione dell'attuale governo. Sull'esercito non abbiamo timori; quattro anni fa ha difeso la rivoluzione e nella nostra storia e' sempre stato leale verso chi governava, chiunque fosse e qualunque sistema ci fosse. Diversa e' la situazione della polizia che nel passato ha represso i movimenti democratici e in gran parte rimpiange il regime precedente. Oggi le cose vanno un po' meglio perche' è nato un sindacato di polizia che difende gli spazi di democrazia. Ma alcuni dei vertici della polizia che il governo ha dimesso dopo l'attentato del 18 marzo erano tra quelli che sostenevano il regime precedente.

La polizia si divide quindi in tre parti: una minoritaria che sostiene la democrazia, una che ha simpatia verso settori islamici integralisti e la maggioranza che e' a favore di un regime forte. E questo e' un problema. Il governo attuale e' debole. Il Fronte Popolare ha convocato una propria conferenza nazionale per maggio, abbiamo grande urgenza di aggiornare la nostra strategia e dobbiamo riuscire a rendere evidente alla popolazione che esiste un'alternativa al terrorismo e al richiamo al governo forte e dittatoriale.
"Dopo la manifestazione di apertura che si e' svolta ieri sera sotto una pioggia torrenziale si e' aperto oggi il Forum. Decine di migliaia i partecipanti da tutto il mondo, moltissimi giovani tunisini, molte le delegazioni dai Paesi del Maghreb, ampia la presenza di giovani dal resto del continente africano e, come consueto, varie centinaia i sono i brasiliani.
Tantissimi sono i temi discussi nelle decine di seminari che si svolgono nell'Universita' di
El Manar. Ampio spazio hanno sia i temi legati alla sovranita' alimentare e alla lotta contro l'accapparramento delle terre con la denuncia da parte di Via Campesina del ruolo che giocano in questo fenomeno oltre alle grandi compagnie internazionali anche alcuni Paesi europei; sia la lotta al traffico degli esseri umani che e' stata al centro di un seminario organizzato da Libera e da alcune associazioni tunisine al quale hanno partecipato i comboniani e la Federazione delle
Chiese Evangeliche: in assenza di una collaborazione umanitaria tra gli Stati il tentativo e' quello di rafforzare la collaborazione tra la societa' civile dalle due sponde del Mediterraneo.

Se si eccettua il discreto controllo da parte della polizia al quale devono sottoporsi tutti coloro che entrano al Forum e la presenza di alcune camionette militari davanti ai punti sensibili situati nel centro della citta' e i rotoli di filo spinato in alcune traverse della centrale Avenue Burghiba non e' facile per i partecipanti al Forum rintracciare i segni della strage del 18 marzo. Ma il museo del Bardo rimarra' chiuso tutta la settimana.
Ho incontrato un gruppo di ragazzi tunisini che partecipano al Forum e ho chiesto loro come e' cambiata la loro vita dopo il 18 marzo. "In nulla, tutto prosegue come prima - mi hanno risposto - non deve cambiare nulla, altrimenti diamo ragione ai terroristi. Certo che abbiamo paura, e' vero che alcune migliaia di nostri connazionali combattono in Siria a fianco dell'ISIS ed anche vero che qui ci sono delle cellule dormienti, ma la nostra vita non deve cambiare. Noi dobbiamo difendere la democrazia che abbiamo conquistato con la nostra rivoluzione cinque anni fa e se sara' necessario sapremo resistere.
“Non sono solo i ragazzi presenti al Forum a pensarla cosi'. L'impressione che si ha qui a Tunisi e' quella di uno sforzo nazionale collettivo per cercare di mostrare in ogni aspetto della vita quotidiana un senso di normalita'. La maggioranza dei quotidiani tunisini riporta le notizie relative alle indagini sui fatti del 18 in prima pagina ma spesso non dedica loro l'apertura e gli articoli riprendono nelle pagine interne e spesso precedute da altre notizie nazionali o internazionali. Questa scelta ha certamente anche motivazioni economiche: evitare un forte calo del turismo, si considera che siano alcune migliaia (tra i 3 e i 5.000) i turisti che hanno cancellato le loro prenotazioni per le vacanze pasquali. L'obiettivo delle autorita' tunisine e' quello di considerare l'attentato una parentesi in un Paese che rimane "normale" a differenza di quanto avviene in tutti i Paesi confinanti.


DEBITO E MEDIO ORIENTE AL CENTRO DEL DIBATTITO

Si e' svolto oggi il Forum Parlamentare mondiale con al centro il tema della giustizia sociale e della critica all'enorme potere concentrato nelle mani di poche multinazionali. Sono interventi diversi parlamentari tunisini che hanno sottolineato come la Tunisia negli ultimi decenni sia stata terreno di conquista delle grandi compagnie soprattutto europee con la complicità' del regime tunisino. "Ben Ali' in 20 anni ha ricevuto grandi "prestiti" dalle nazioni europee; abbiamo restituito già' ben più' di quanto abbiamo ricevuto - hanno dichiarato i tunisini - ma a causa degli interessi il debito non si estinguera' mai . Se l'Europa vuole veramente aiutare la Tunisia allora cancelli il debito residuo contratto dal regime precedente. Se veramente l'UE e' interessata al nostro futuro e alla lotta contro il terrorismo integralista allora ci aiuti nella lotta alla poverta' che e' l'antidoto migliore contro il reclutamento dei giovani da parte dei gruppi terroristi. Non si limiti la UE a chiederci di rafforzare i confini e a mandare fondi per costruire campi dove fermare i disperati che cercano di attraversare il Mediterraneo, ma cancelli il nostro debito." A questa richiesta fino ad ora ha risposto, almeno stando alle dichiarazioni ufficiali, solo l'Italia con la disponibilità' a cancellare parte del debito. Una senatrice svizzera intervenendo nel corso del Forum Parlamentare ha confermato che nelle banche del suo Paese sono stati congelati gli ingenti depositi fatti nel corso degli anni da Ben Ali, quando era il signore assoluto della Tunisia. La cosa più ovvia sarebbe restituire quei beni allo stato tunisino, considerando che si tratta di ricchezze sottratte alla collettività' nazionale. Ma, secondo la senatrice, la questione e' tecnicamente complessa e per ora si e' in una situazione di stallo.
Il Forum e' anche occasione per incontri fino a poco tempo fa impensabili. Accopagnati dall'associazione "Un ponte per Baghdad" e' giunta una delegazione di 25 iracheni rappresentanti di varie realtà' locali impegnate in patria nelle vertenze sulla difesa dei diritti umani, per l'acqua pubblica ecc. All'interno della medesima delegazione convivono sunniti, sciti e realtà' fra loro profondamente
differenti impegnate in uno sforzo comune per ricostruire un Iraq degno di essere abitato. Queste realtà' nel settembre 2013 avevano dato vita al primo Forum iracheno molto partecipato e qui a Tunisi hanno annunciato che ad ottobre di quest'anno si svolgerà' la seconda edizione aperta a delegazioni di tutto il medio oriente e della Mesopotamia. Ma la cosa più interessante e' la riunione a porte chiuse che si e' svolta tra la delegazione irachena e i siriani partecipanti al Forum. Un primo tentativo di incontro tra rappresentanti della societa' civile di due Paesi attraversati dalla guerra che ha avuto come tema la ricerca di modalità' per costruire percorsi condivisi e di pace in situazioni di conflitto.

Il Forum e' anche questo: fornire la possibilità' d'incontrarsi tra soggetti che a casa propria percorrono strade differenti: un'esperienza importante di diplomazia dal basso che apre qualche spiraglio di speranza. Tutt'altro clima quello che si e' respirato in un altro seminario svoltosi poco distante: alcuni uomini e donne di Kobane hanno raccontato la tragedia della loro citta', la distruzione, la guerra, la mancanza di cibo. Non e' mancata oltre all'accusa alla Turchia di fiancheggiare l'ISIS, una dura critica ai paesi occidentali che si rifiutano di appoggiare in modo consistente i curdi. Una storia che conosciamo, ma ascoltarla dalla viva voce di queste donne produce un effetto ben diverso.




venerdì 27 marzo 2015

Rogo di libri? E' inaccettabile !



Domani 28 marzo alle 15 Forza Nuova intende allestire un banchetto in Piazza Oberdan, a Milano, sul quale distribuirà una lista di libri che a loro giudizio diffondono la cosiddetta "ideologia gender" tra i bambini, con esplicito invito ai genitori di bruciarli.
Si tratta di un gesto gravissimo che ricorda fin troppo da vicino le azioni dei nazisti:
gli antifascisti e antirazzisti milanesi non possono tollerare che nella nostra città vengano organizzati o suggeriti roghi di libri. Invitiamo, quindi, tutte e tutti a mobilitarsi con la presenza domani in Porta Venezia e dando la massima diffusione alla notizia attraverso tutti i canali disponibili (mailing list, facebook e twitter, contatto diretto).

Portate e dite di portare un libro dedicato ai temi della lotta al fascismo, al razzismo, all'omotransfobia.
In allegato l'articolo del "Giorno" sul banchetto di domani.



L'ultimo inganno per i migranti



di Stefano Liberti  (da internazionale.it)


L’idea di istituire in alcuni paesi africani dei campi dove esaminare le richieste d’asilo verso l’Unione europea è sempre più dibattuta a Bruxelles e nelle varie capitali. Lanciata dal governo italiano durante il suo semestre di presidenza nel 2014 con il nome di “processo di Khartoum”, la proposta ha raccolto l’adesione del ministro dell’interno tedesco Thomas de Maizière e dei governi francese e austriaco. In linea teorica, tale idea avrebbe alcuni risvolti positivi: come ha sottolineato Luigi Manconi, presidente della commissione diritti umani del senato, che ne è un sostenitore, essa “permetterebbe di evitare l’attraversamento illegale del Mediterraneo, con i rischi che comporta, e distribuire i richiedenti asilo in Europa secondo quote equilibrate di accoglienza”. Ma siamo sicuri che questo sia l’obiettivo principale di chi l’ha lanciata? E, soprattutto, siamo sicuri che sia praticabile?
Basta guardare al precedente più vicino alla proposta italiana, nel tempo e nella sostanza, per avanzare qualche perplessità: nel 2011, quando scoppiò la guerra in Libia, migliaia di profughi fuggirono in Tunisia, dove fu allestito il campo di Choucha, a poca distanza dalla frontiera libica. Questo campo era un esempio ante litteram di quelli che oggi si discutono a livello europeo: le domande dei richiedenti asilo erano esaminate alla presenza dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati e dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni. E chi aveva diritto alla protezione otteneva un via libera per il “reinsediamento” in paesi terzi. Nella vicina Europa? Non proprio. Delle 3.167 persone alle quali era stato riconosciuto il diritto di asilo, circa 2.600 sono state accettate dagli Stati Uniti, e solo qualche decina da Svezia, Norvegia e Germania (unici stati europei a dare il proprio assenso).
L’Italia, che aveva ricevuto la richiesta di cinque casi di ricongiungimento familiare (cioè di profughi con famiglia nel nostro paese), ha impiegato più di un anno a rilasciare i visti necessari – che pure, secondo le nostre leggi e le convenzioni internazionali, spettavano di diritto ai richiedenti. I numeri poi ci dicono anche altro: a Choucha, dopo lo scoppio della guerra, vivevano 18mila persone. Che fine hanno fatto? Molte di loro, stanche di aspettare che la loro richiesta fosse esaminata, sono rientrate in Libia e hanno preso un barcone per l’Italia.
Cosa fa pensare che, una volta realizzati, questi campi non diventeranno parcheggi a tempo indeterminato come fu Choucha? E perché, se si vuole evitare l’attraversamento del mare, non prevedere da subito la possibilità di chiedere asilo presso le ambasciate nei paesi di transito piuttosto che in megacampi allestiti ad hoc? Tutto lascia presagire che il processo di Khartoum non sia tanto un modo per bloccare il business del trasporto clandestino e distribuire più equamente i rifugiati tra i vari stati membri, ma piuttosto uno stratagemma per delegare ancora una volta la gestione dei flussi migratori a paesi terzi che hanno delle dubbie credenziali democratiche.


giovedì 26 marzo 2015

NO a manifestazioni nazifasciste in città




Appello al Prefetto di Milano Dott. Francesco Paolo Tronca, al Questore di

Milano Dott. Luigi Savina e al Sindaco di Milano Avv. Giuliano Pisapia:





Non è più tollerabile che Milano debba assistere ogni 29 Aprile alla parata

nazifascista che da anni deturpa la nostra città strumentalizzando il ricordo dei tragici episodi da noi duramente condannati, avvenuti quaranta anni fa, con l’uccisione del giovane Sergio Ramelli. Il 29 aprile prossimo ricorrerà il quarantesimo anniversario della morte di Sergio Ramelli.

L’esperienza degli anni passati lascia certamente presagire che tale pur

legittima manifestazione di ricordo sarà il pretesto, come avvenuto in occasione delle manifestazioni precedenti, per frange di neofascisti di tutta Italia, per inscenare l’ennesima parata militare con l’utilizzo e la magnificazione di simboli neonazisti e neofascisti. Naturalmente, non si vuole mettere in discussione il fondamentale principio di libertà di manifestazione del proprio pensiero sancito dall’art. 21 della nostra Carta Costituzionale.

È altresì vero, tuttavia, che tale principio incontra limiti ben precisi e

anch’essi sanciti per Legge laddove si risolva nella apologia del fascismo.
Tutti noi rivolgiamo un forte appello al Sindaco di Milano e invitiamo il Prefetto e il Questore perchè quest’anno, a soli quattro giorni dal settantesimo della Liberazione, a due giorni dalla Festa del Primo Maggio e dall’inaugurazione di EXPO 2015, con la presenza di un nutrito numero di rappresentanze internazionali, non si ripeta questa grave offesa a Milano Città Medaglia d’Oro della Resistenza e venga impedita l’ennesima manifestazione di aperta apologia del fascismo che si porrebbe in aperto contrasto con i principi sanciti dalla Costituzione repubblicana e con le leggi Scelba e Mancino.

Chiediamo pertanto, alla luce di quanto esposto, che la manifestazione e il corteo vengano vietati dalle Autorità competenti.

Milano, 23 marzo 2015





Sottoscrivono l’appello:

Associazione Nazionale Partigiani d’Italia – ANPI Provinciale di Milano;
Associazione Nazionale Perseguitati Politici Antifascisti – ANPPIA Milano;
Associazione Italiana Combattenti Volontari Antifascisti di Spagna – AICVAS;
Associazione Nazionale Ex Deportati – ANED di Milano;
Associazione Nazionale Partigiani Cristiani – ANPC;


Associazione per i Diritti Umani;
Federazioni Italiane Associazioni Partigiane – FIAP Lombardia ;
Camera del lavoro Metropolitana di Milano – CGIL;
CISL Milano Metropoli;
UIL Milano e Provincia;
Partito Democratico Area Metropolitana di Milano;
Partito Comunista d’Italia – Milano;
Partito della Rifondazione Comunista – Federazione di Milano;
Sinistra Ecologia Libertà Milano – SEL;
ACLI Milano; ARCI;
Centro Puecher.

Un mondo virtuale anti-terrorismo grazie alla letteratura




A pochi giorni dalle elezioni di Israele, che hanno riconfermato al potere Benyamin Netanyahu, vi proponiamo un testo di una collega israeliana che si occupa di diritti umani.
Il testo seguente è stato scritto subito dopo l’attentato a Charlie Hebdo, ma può essere interessante - e suscitare riflessioni - anche alla luce degli atti di terrorismo accaduti in Tunisia.





di Vered Cohen Barzilay (Novel Rights – Human Rights Literature)




I recenti attacchi terroristici in Europa sono un altro segno della erosione della morale del mondo.


Oltre al male assoluto di togliere la vita a civili innocenti, abbiamo visto che nei recenti attentati di Parigi il terrore porta con sé il vento del fondamentalismo religioso: la disumanizzazione delle minoranze; il divieto di istruzione, in particolare per le donne; la considerazione della democrazia come qualcosa di dannoso; e la negazione dei diritti umani. Di solito, il vento del fondamentalismo viene prima e poi gli omicidi. 


The Guardian ha recentemente riferito che, secondo un rapporto di Watchdog Freedom House, la democrazia nel mondo è a rischio, più di quanto non sia stato in qualsiasi momento negli ultimi 25 anni. Le persone in quasi ogni parte del mondo sono in pericolo per le gravi minacce alla loro libertà e che il livello di brutalità sotto i regimi autoritari è il più alto di tutti i tempi.


Il terrore non ha confini, geografici o morali, e non è esclusiva di nessuna religione, non dell’Islam o di qualsiasi altra religione al mondo. Il terrore arriva nei nostri quartieri, uffici, strade, anche nelle nostre case.
Internet, insieme con il processo di globalizzazione, ha unito i popoli del mondo e ha offuscato i confini geografici. Viviamo ancora in Paesi, ma creiamo diverse definizioni per i nostri confini e comunità. Viviamo in Europa, per esempio, ma facciamo parte di una comunità globale di terrore organizzato.


Questo perché su Internet il terrorismo diventa un Paese con sostenitori virtuali sparsi in tutto il mondo. Uno dei metodi del terrorismo è quello di instillare la paura e l'orrore. Ci costringe a sentirci protetti. Fa un uso intelligente delle reti di commercializzazione e sociali per comunicare con i suoi sostenitori e fa piovere la paura sul mondo attraverso attacchi terroristici strategici o attraverso YouTube, come visto di recente nella pubblicazione, da parte dell’ ISIS, di video orribili raffiguranti le decapitazioni delle sue vittime. Gli ultimi rapporti dalla Francia indicano che Amedie Coulibaly ha utilizzato una telecamera GoPro per documentare l'attacco terroristico al supermercato Kosher a Parigi. Il prossimo obiettivo, gli esperti avvertono, è di trasmettere in diretta dall'arena del terrore.


I civili di questo "Paese del terrorismo virtuale" sono diversi. Possono essere la ragazza di scuola o il rapper vicino a casa. Possono essere trascinati nel terrorismo attraverso i social network, dove erano in cerca di avventura, di vendetta, o addirittura per un motivo sentimentale. Il terrorismo invade i luoghi dove la speranza ha cessato di esistere e influenza le persone che sono diventate invisibili al resto della società, coloro che non sono riusciti a essere trattati da pari a pari, perchè la parità di diritti è stata tenuta rinchiusa nelle nostre comunità. I terroristi promettono che (queste persone) saranno ascoltate - insieme con l'erosione della moralità - e attraverseranno tutte le linee rosse per prendere vite innocenti al fine di ridare dignità ai loro nomi, alle famiglie o anche alla loro religione.
Queste persone sono spesso reclutate per un singolo attacco suicida strategico di terrorismo o per gli attacchi più grandi, operando in piccoli gruppi. Questi attacchi non sono solitamente mai fermati, come sostengono gli esperti. 


Perché questi attacchi terroristici in Francia hanno avuto un impatto così forte (soprattutto considerando che, in confronto, con gli attacchi dell'11 settembre negli Stati Uniti hanno perso la vita tremila persone e sono stati utilizzati almeno 10 miliardi di dollari in beni e danni alle infrastrutture)?


La Francia è una repubblica di fama mondiale fondata sulla democrazia e sulla libertà, un simbolo mondiale di accettazione e integrazione delle minoranze, rifugiati e migranti lavoratori. E 'un simbolo del socialismo e di politiche di welfare progressiste. I terroristi non solo hanno ucciso giornalisti innocenteie dei civili, hanno ucciso anche il concetto che la Francia è immune all’orrore del Paese terrorismo virtuale. L'attacco terroristico è stato per lo più strategico, attaccando deliberatamente il fondamento della libertà, della libertà di parola.
I terroristi avevano due obiettivi:


Il primo: inviare un messaggio di orrore a coloro che credono nella libertà di parola e restringere i confini globali della conversazione. Sì, la solidarietà dimostrata da tutti i leader del mondo è molto impressionante e stimolante, ma allo stesso tempo, molti mezzi di comunicazione in tutto il mondo hanno iniziato a censurare le caricature di Charlie Hebdo a partire dagli attacchi terroristici. Un nuovo decreto, entrato in vigore di recente, permette al governo francese di bloccare i siti web accusati di terrorismo, senza un ordine del tribunale. I regolamenti sono stati presi in esame dal 2011, ma hanno guadagnato un nuovo slancio dopo gli attacchi terroristici a Charlie Hebdo.


Il secondo obiettivo era quello di inviare un messaggio di coraggio e forza ai loro sostenitori virtuali, diffondendo un orrore così forte da far convocare tutti i leader di Francia. Per le persone che non vengono ascoltate o viste nei propri Paesi, questo tipo di attacco sarà più impressionante e contribuirà a reclutare più sostenitori nel Paese del terrorismo virtuale. Sarà inoltre più facile arrivare ad attacchi terroristici simili in altri posti in Europa o nel resto del mondo.
 

L'unico modo per sovrastare il Paese virtuale del terrorismo è di creare un "Paese virtuale anti-terrorismo."

Eserciti forti e armi sofisticate non sono sufficienti. Sì, sono molto importanti nella lotta contro il terrorismo, ma così non si ferma il vento del terrore. Gli eserciti useranno i mezzi violenti della guerra per combattere i violenti. Ma essi non servono a ricostruire la nostra democrazia o accendere la nostra solidarietà. Per questi, è necessario il potere della penna.
Dobbiamo creare un forte movimento globale per diffondere la speranza invece dell’ orrore; le nostre armi non saranno pistole o bombe, ma il potere delle parole, della letteratura. Il nostro esercito sarà composto da autori e sostenitori della letteratura, e noi diffonderemo i nostri valori attraverso i social media e Internet. Lavoreremo in solidarietà, per accettare tutti gli uomini e le donne come uguali, non importa la loro etnia, sesso o religione. Adotteremo la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (DUDU) come nostra "Costituzione" per ricacciare indietro il vento del terrorismo.


Perché la letteratura?


Non è un caso che i diritti umani siano entrati in vigore come il primo vocabolario morale universale del mondo e che, allo stesso tempo, il romanzo di formazione sia diventato una forma letteraria in cui si privilegia l’autonomia dell’individuo. Mentre la DUDU è spesso criticata per questo, la letteratura fornisce una forma di espressione che può rappresentare l'esperienza umana (e dei diritti) e raccontare storie altrui liberamente e senza pregiudizi. La capacità della letteratura di penetrare la coscienza di un altro individuo è il punto in cui si collega con i diritti umani: la letteratura crea e salva la nostra moralità. Dall'inizio dell'umanità, le persone hanno sfruttato il ruolo morale della letteratura, la diffusione della morale e dei valori attraverso storie, prima verbalmente e poi per iscritto. Oggi, la letteratura ha perso molta della sua popolarità tra il pubblico (in particolare il pubblico giovane). I lettori non considerano più la letteratura come necessaria per la loro vita.


Secondo l'Istituto Nazionale di Statistica in Italia nel 2013, il 57% della popolazione un libro se non per motivi professionali o di studio, anzi circa il 10% delle famiglie italiane non possiede alcun libro. Secondo il rapporto dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), quasi il 70% del Paese non è in grado di "capire e rispondere in modo appropriato ai testi densi o lunghi." Un altro sondaggio pubblicato nel 2013 ha rivelato che nel Regno Unito quasi 4 milioni di adulti non legge libri per piacere e il 25% degli americani di età superiore ai 16 anni non aveva letto neanche un libro all’anno. 


C'è un forte legame tra il deterioramento della popolarità della letteratura soprattutto tra i giovani e la crescita di empatia verso il terrorismo nel mondo.


La letteratura può contribuire a salvare le nostre fondamenta morali . Essa ci aiuta ad analizzare ed esprimere sentimenti profondi e a comunicare meglio. Ci incoraggia a sollevare e risolvere i problemi e a esprimere il nostro dolore, la nostra storia o la nostra rabbia.
Il progetto “Novel Rights” riporta la letteratura di nuovo alla popolarità. I giovani potenziali sostenitori del terrorismo virtuale si riappropriamo della morale attraverso la letteratura. Si apre nuova comunicazione con loro e la letteratura offre loro un modo per essere ascoltati.
Il filosofo francese Jean-Paul Sartre (1905-1980), che ha vissuto le due guerre più traumatiche dell'umanità, sviluppò la teoria della "letteratura impegnata" come parte del suo impegno nella resistenza francese durante la seconda guerra mondiale. Ha pubblicato sulla sua rivista, Les Temps Modernes (Modern Times) e successivamente nel 1947 nel suo libro Che cosa è la letteratura, (queste parole), parole che riflettono il nostro intento:


"Se lo scrittore è intriso, come lo sono io, dell’urgenza di questi problemi, si può essere sicuri che offrirà soluzioni con il proprio lavoro creativo cioè con un movimento di libera creazione. Non vi è alcuna garanzia che la letteratura sia immortale. La sua chance oggi, la sua unica possibilità, la possibilità dell’ Europa del socialismo, della democrazia e della pace. Dobbiamo giocare. Se noi scrittori perderemo, sarà un male per noi, ma soprattutto per la società…Se dovesse scadere nella pura propaganda o nel puro intrattenimento, la società sguazzerebbe nell'immediatezza di una vita senza memoria, come quella degli di imenotteri e dei gasteropodi. Naturalmente, tutto questo non è molto importante. Il mondo può benissimo fare a meno della letteratura. Ma può fare a meno dell’uomo, ancor di più".


Vered Cohen Barzilay è il fondatore di “Novel Rights”, un movimento globale, che utilizza la potenza della letteratura per guidare il cambiamento. Ha tenuto conferenze in università come Oxford e LSE e fiere internazionali del libro. 





The Anti-Terror Virtual Country

Vered Cohen Barzilay

The recent terror attacks in Europe are another sign of the wearing away of the world's morality.

Besides the absolute evil of taking innocent civilian lives—as we saw in the recent Paris attacks—terror brings with it the wind of religious fundamentalism: dehumanizing the treatment of minorities; preventing education, particularly for women; damaging democracy; and preventing human rights. Usually, the wind of fundamentalism comes first, followed by murder.

The Guardian recently reported that, according to a landmark report by independent watchdog Freedom House, our democracy is at greater risk than it has been at any time in the past 25 years. People in nearly every part of the world are in danger of significant threats to their freedom, and the level of brutality under authoritarian regimes is at an all-time high.

Terror has no borders—geographical or moral—and it is not exclusive to any religion, not Islam or any other religion in the world. Terror reaches into our neighborhoods, offices, streets, even our houses.

The Internet, together with the globalization process, has united the people of the world and blurred our geographical borders. We still live in countries, but we create different definitions for our borders and communities. We may live in Europe, for example, but still be part of a global community of organized terror.

This is how terror becomes a virtual country—with supporters spread all over the world. One of the methods of terror is to instill fear and horror. It forces us to feel unprotected. It makes clever use of marketing and social networks to communicate with its supporters, and rains terror upon the world through strategic terror attacks or through YouTube, as recently seen in ISIS’s release of horrific videos depicting the beheadings of its victims. Last reports from France suggest that Amedie Coulibaly used a GoPro camera to document the terror attack at the Jewish Kosher supermarket in Paris. The next goal, experts warn, is to broadcast live from the terror arena.

The civilians of this "virtual terror country" are diverse. They can be the girl from school or the rapper down your street. They can be dragged to terror through social networks, where they were looking for adventure, or revenge, or even a romantic cause. Terror invades places where hope has ceased to exist, and influences people who have become invisible to the rest of society—those people we have failed to treat as equals, holding equal rights, in our communities. Terror promises that they will be heard, together with the erosion in morality—they will cross all red lines and take innocent lives in order to restore dignity to their names, families, or even religion.

These people are often recruited for a single strategic suicide terror attack, or for larger attacks operating in small groups. These attacks are usually never stopped, claim experts.

Why have these terror attacks in France had such a strong impact (especially considering that, by comparison, the September 11 attacks in the US took the lives of three thousand people and caused at least $10 billion US Dollars in property and infrastructure damage)?

France is a world-renowned republic of democracy and liberty, a world symbol of accepting and integrating minorities, refugees, and working migrants. It is a symbol of socialism and progressive welfare policies. The terrorists not only murdered an innocent journalist and civilians, they also killed the concept that France is immune to the horror of the virtual terror country. The terror attack was mostly strategic, deliberately attacking the foundation of liberty—the freedom of speech.

The terrorists had two goals with their attack.

One: To send a message of horror to those who believe in freedom of speech and to narrow the global boundaries of the conversation. Yes, the solidarity shown by all world leaders is very impressive and inspiring; but at the same time, many in communications media worldwide have since the attacks censored Charlie Hebdo's caricatures. A new decree that went into effect recently allows the French government to block websites accused of promoting terrorism, without seeking a court order. The regulations have been under consideration since 2011, but gained new momentum following Charlie Hebdo terrorist attacks.

The second goal was to send a message of bravery and sophistication to their virtual supporters by spreading the horror so strongly that it summoned all leaders to France. For people who feel that they aren’t heard or seen in their countries or by their leaders, this kind of attack will be most impressive, and it will help recruit more supporters to the virtual terror country. It will also most likely lead to similar terror attacks in other places in Europe or the rest of the world.

The only way to overpower the terror virtual country is to create an “anti-terror virtual country.”

Strong armies and sophisticated weapons are not enough. Yes, they are very important in fighting terror, but they will not stop the winds of terror from blowing. Armies will use the violent means of war to fight the violent people who choose the means of war. But they will not rebuild our democracy or ignite our solidarity. For these, we need the power of the pen.

We must create a strong global movement that will spread hope instead of horror; our weapon will not be guns or bombs, but the power of words, of literature. Our army will be authors and literature supporters, and we will spread our values through social media and the Internet. We will work in solidarity and accept all men and women as equal, no matter their race, gender or religion. We will adopt the Universal Declaration of Human Rights (UDHR) as our "constitution" and turn back the winds of terror.

Why literature?

It is no coincidence that human rights came into vogue as the world’s first universal moral vocabulary at the same time that the Bildungsroman became a popular literary form—both of them equally privileging the individual autonomous being. While the UDHR is often criticized for this, literature can both conform to and subvert this conceptualization, providing a form of expression that can represent human experience (and rights) and narrate others’ stories freely and without prejudice. Literature’s ability to penetrate the consciousness of another individual is where it excels—and where it stands in solidarity with human rights.

Literature creates and saves our morality. Since the beginning of humanity, people have exploited literature’s moral role, spreading morals and values through stories, first verbally and then in writing. Today, literature has lost much of its popularity among the public (in particular its young audience). Readers no longer consider literature as relevant or necessary to their lives.

According to Italy’s National Institute of Statistics in 2013, 57% of the population of that country had never read a book for nonacademic or nonprofessional reasons—indeed, some 10% of Italian households reported not owning a single book. According to the 2013 Survey of Adult Skills by the Organization for Economic Cooperation and Development (OECD), nearly 70% of the country is unable to “understand and respond appropriately to dense or lengthy texts.” Another survey published in 2013 revealed that in the UK almost 4 million adults never read books for pleasure, and 25% of Americans over the age of 16 had not read a book that year.

There is a strong connection between the deterioration of the popularity of literature especially among young people and the growth of empathy, toward terror in the world.

Literature can help save our moral global foundations. It helps us analyze and express deep feelings and communicate better. It encourages us to raise and solve problems, and to express our grief, history, or anger.

The Novel Rights movement brings literature back into popularity. It re-engages the young potential supporters of the virtual terror country with morality through literature. It opens up new communication with them and offers them a way to be heard.

French philosopher Jean-Paul Sartre (1905-1980), who lived through the two most traumatic wars of humanity, developed the theory of “engaged literature” as part of his leadership in the French resistance during the second world war. He published it first in his magazine Les Temps modernes (Modern Times) and later in 1947 in his book What Is Literature?! His words reflect our resolve and we must use them in order to overpower the growth of the virtual terror country:

"If the writer is imbued, as I am, with the urgency of these problems, one can be sure that he will offer solutions to them in the creative unity of his work, that is, in the indistinctness of a movement of free creation. There is no guarantee that literature is immortal. Its chance today, its only chance, is the chance of Europe, of socialism, of democracy, and of peace. We must play it. If we writers lose it, too bad for us. But also, too bad for society. ...If it were to turn into pure propaganda or pure entertainment, society would wallow in the immediate, that is, in the life without memory of hymenoptera and gasteropods. Of course, all of this is not very important. The world can very well do without literature. But it can do without man still better.”

Vered Cohen Barzilay is the founder of Novel Rights, a global movement, utilizing the power of literature to drive change. She lectured in Universities such Oxford and LSE and international book fairs. Her publications, translated and distributed in many countries, include her personal experience as a war reporter in Israel covering couple of dozens of suicide terror attacks.