In
occasione della Giornata mondiale del rifugiato abbiamo l'onore di
pubblicare alcune opere di Mohammad Amin Waidi, regista, giornalista, poeta. La
sua è una storia esemplare e il linguaggio poetico contribuisce ad
incidere i pensieri e le emozioni.
Mohammad
Amin Waidi Mohammad
Amin Wahidi è nato nella capitale afghana di Kabul nel 1982.
Nel
1993, durante la guerra civile afghana dei primi anni Novanta, la sua
famiglia lascia Kabul per Quetta
(Pakistan), dove nel 1999 Amin Wahidi finisce il liceo. Nel 2002 la
sua famiglia torna a Kabul e in seguito Amin inizia a lavorare e
studiare nella città afghana.
La
sua passione per le immagini risale
all’infanzia, quando disegnava ritratti e paesaggi a matita, usando
matite colorate e pastelli ad olio. Successivamente scopre di poter
mettere insieme parole in modo da dargli un senso e creare
immaginazioni favolose. È così che scopre che il cinema è l’arte
totale e la forma artistica migliore per esprimere sé stesso: unendo
immagini, parole e suoni!
Il
suo primo cortometraggio, “The red shoes” (20’), risale al
2003, ed è realizzato dopo aver seguito un workshop cinematografico
di tre mesi tenutosi alla Kabul Film Organization.
Nel
2004 si iscrive alla Kabul
University, Dipartimento di Cinema (Facoltà di Belle Arti) e la
frequenta per due anni, senza però ultimare gli studi. Dal 2005 al
2007 segue anche corsi di recitazione, digital filmmaking, montaggio
e sceneggiatura nella privata Academy of Art and Education of Cinema
di Kabul.
Negli
anni successivi inizia a collaborare con alcune case di produzione
cinematografiche, la AFC (Arman Film Company) e la Academy of Art and
Education of Cinema, dove era stato studente. Lavora anche per la ATN
(Ariana Television Network) come scrittore, produttore e presentatore
di tre programmi settimanali dal 2004 al 2006:
È
uno dei primi hazara ad apparire sullo schermo televisivo, fatto
intollerabile
per i fondamentalisti pashtun.
A
fine 2006 viene minacciato dai fondamentalisti per il suo programma
televisivo educativo “Let’s Learn Together”, considerato
promotore del linguaggio degli “infedeli” nella terra dei
Musulmani. I fondamentalisti del Sud del Paese minacciano di bruciare
gli uffici della ATN se il programma non viene cancellato, ma
soltanto per salvare il canale.
Nello
stesso anno, il suo programma settimanale sul cinema - un programma
per la promozione dei diritti umani – viene, invece, fermato. Amin
Wahidi decide quindi di lasciare la sua carriera televisiva per
ragioni di sicurezza.
Inizia
a lavorare come giornalista e produttore per un breve periodo per la
Farda Radio, attività che non riesce però a colmare la sua
“passione per le immagini”. A inizio 2007 fonda la Deedenow
Cinema Production Afghanistan, una piccola casa di produzione privata
con sede nella Kabul occidentale, con lo scopo di realizzare e
produrre cortometraggi e lungometraggi. Qui realizza il suo secondo
cortometraggio, “Treasure in the ruins” (27’, 2007), insieme
alla Razi Film House.
Sempre
nel 2007, mentre cerca le location per il suo primo lungometraggio
“The Keys
to Paradise”, viene ancora una volta minacciato dagli estremisti a
causa della trama del film. “The
Keys to Paradise”
racconta la storia di un attentatore suicida talebano, che negli
ultimi minuti cambia idea e non commette l’attacco terroristico,
vivendo il resto della sua vita con incubi, rimpianti e sensi di
colpa per aver tradito i suoi amici.
A
seguito di queste minacce di morte, il progetto resta irrealizzato e
Amin
Wahidi lascia l’Afghanistan con l’aiuto di amici giornalisti e
attivisti dei cinema e diritti umani, giungendo in Italia dove chiede
asilo politico a fine 2007 – asilo che gli viene concesso nel 2008.
Attualmente
Amin
Wahidi vive come rifugiato a Milano, lavorando part-time come
librario alla Feltrinelli e studiando cinema nella prestigiosa scuola
di cinema di Milano.
La
differenza fra qua e di là
Qui,
sulla
collina verde,
dove
c’è la pace e la tranquillità
in
mezzo all’erba fresca,
e
la vita è dolce e bella
anche
i diritti delle pecore
vanno
rispettati.
Mentre
da dove vengo io
terra
di cenere e polvere
la
cosa meno costosa è
il
sangue di un uomo
e
la vita di un essere umano
che
costa
meno
del prezzo di una pecora
*****
Qui,
sopra
questa bella collina
è
blu il cielo
con
un sole sorridente in mezzo,
c’è
attorno il mare clamoroso
che
rilassa la mente e
coccola
l’anima
scrosciandosi
e
poi i diritti dei pesci di specie diverse
anche
vanno rispettati!
Mentre
da noi come una giungla selvaggia
chi
ha le zampe più
forti,
è
lui il leone del territorio
e
se hai un colore un po’ diverso
ti
prendono la vita
strappandoti
il corpo
o
sparandoti nella testa
*****
E
con tutto questo
io
qui, migliaia di chilometri
oltre
il mare, lontano da casa
dopo
ormai tanti anni
ancora
vivo
con
tutto ciò
che
avevo portato
dentro
di me,
dalla
mia terra madre;
amore,
dolori e valori!
a
tenermi sempre pronto
a
qualsiasi ora
per
il momento del volo di ritorno
*****
E
tu che mi chiedevi sempre
Cosa
ho nascosto nel mio petto
Che
è così gonfio
Ma
tu che ne sai
dei
miei valori e dolori?!
Basta
così,
O
vuoi che ti racconti ancor di più?!!
Strage
di Hazara a Quetta- Pakistan
Non
è
più rosso
il
mio cuore,
non
c’è più sangue
nelle
mie vene
da
quando l’hanno succhiato
tutto,
fino infono,
inserendomi
le zanne
nella
gola
e nel cuore.
Non
ha più
senso
per
me, niente,
da
quando non c’è più
nessun
segno dell’umanità,
sulla
mia terra in giro.
Ovunque
c’è
il buio
è
il tempo di crepuscolo
e
di ulule dei lupi matti, scatenati
e
urli dei vampiri ubriachi
che
sono in giro e la loro
voci
si sentono nel vuoto,
nel
aria,
al buio in assenza di uomo.
La
terra è
diventata foresta;
una
giungla piena
di belve,
un
posto per i lupi e vampiri
dove
si parla soltanto di caccia,
e
si beve soltanto il sangue
e
si mostra soltanto i denti
e
si gioca soltanto con i cadaveri!
E
niente altro; non si sente, non si vede
e
non
si capisce atorno!
Dapertutto,
c’è solo il rosso del sangue!
La
fragilità
della vita
Forse,
ho saputo
un
po’
in ritardo
che
la vita è così
fragile
come
un
pezzo di vetro
che
può
essere rotta in pezzi facilmente
e
diventa così tagliente
come
un coltello senza proprietario
e
che può
far male
a
chiunque lo tocca per sbaglio
*****
Da
quando ho visto
che
il confine fra
essere
e non essere
è
così stretto e sottile
come
un filo di seta
mi
sono anche accorto
che
non va
più bene
lasciar
passare i momenti della
vita
con
tristezza e senza sorrisi
*****
Come
un essere umano
pieno
d’amore, sensi e sentimenti
Non
so, di quale dissidi miei vi parlo,
delle
guerre che mi stanno dentro
o
del
fatto che neanche si può viver
in
pace senza di queste guerre interiori
ma
comunque, vivo la vita in ogni caso
con
un sorriso
sul viso contro
tante
difficoltà che mi circondano
anche
se ho
un piccolo nemico mortale
che
si chiama ulcera!
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Mohammad Amin Waidi |