"...Non si potrà avere un globo pulito se gli uomini sporchi restano impuniti. E' un ideale che agli scettici potrà sembrare utopico, ma è su ideali come questo che la civiltà umana ha finora progredito (per quello che poteva). Morte le ideologie che hanno funestato il Novecento, la realizzazione di una giustizia più giusta distribuita agli abitanti di questa Terra è un sogno al quale vale la pena dedicare il nostro stato di veglia".
domenica 30 novembre 2014
Primo convegno ombra sui rom
Riceviamo la seguente comunicazione dall'Associazione 21 luglio che ringraziamo.
"I rom sono qui, erano qui e rimarranno qui": si chiude Roma il primo “convegno ombra” della società civile europea rom e pro rom
Si è da poco concluso, a Roma, il primo "convegno ombra" delle organizzazioni della società civile europee rom e pro rom, ospitato dall'Associazione 21 luglio.
Gli attivisti, provenienti da vari Paesi europei, si sono radunati nella Capitale, in concomitanza con due eventi di alto livello sul tema organizzati dalla Presidenza Italiana dell'Unione europea: l’incontro dei Punti di Contatto Nazionali per l’attuazione delle Strategie di Inclusione dei rom e l’Equality Summit europeo.
Il loro obiettivo è stato quello di porre all'attenzione dei decision makers proposte alternative riguardo a politiche di inclusione sociale di rom e sinti e alla non-discriminazione.
I rom erano qui, sono qui e rimarranno qui
Questa settimana, la presidenza italiana dell’UE ha organizzato due incontri sull’eguaglianza e sui rom in Europa. Ancora una volta, questi summit sono a porte chiuse.
Nella stessa settimana, noi, leaders delle organizzazioni rom e a favore dei rom ci siamo riuniti in un meeting alternativo per esprimere le nostre esigenze.
Siamo stufi. Noi rom non vogliamo essere usati come oggetti disumanizzati dai governi e dall’UE, ma valorizzati come parte costituente nelle decisioni che hanno un impatto sulle nostre vite e sulle vite delle altre persone. Oggi, l’UE e i governi adottano politiche che sono il risultato della manipolazione di paure a lungo radicate sull’“invasione degli zingari” o sulla “criminalità degli zingari”, che aumentano il numero dei voti invece che essere basate sui valori che sono rispettati per tutte le altre persone. Noi rom rimarremo qui, siamo cittadini degli stati europei, siamo parte dell’Europa.
Siamo tutti, rom e gli altri europei, nella stessa barca. Decisioni sbagliate, corruzione e governi incapaci peggiorano la situazione per tutti i popoli d’Europa. Siamo tutti trattati come un problema sociale da sanare e non come persone con delle identità, dei diritti e del potenziale. L’arroganza di un sistema politico che si vuole la “culla della civiltà” ci ha traditi tutti. Facciamo appello a tutte le persone oppresse affinchè manifestino solidarietà, unità e forza per fermare l’ipocrisia dei governi.
sabato 29 novembre 2014
Presentazione libro "Sulle onde della libertà" per le scuole
L'ASSOCIAZIONE
PER I DIRITTI UMANI
propone
per le classi terze medie la presentazione del libro “Sulle onde
della libertà” di Nicoletta Bortolotti edito da Mondadori
"Mi
chiamo Mahmud e abito in un posto che dicono terra di tutti e di
nessuno.
O anche prigione a cielo aperto. Ma il suo vero nome è Gaza City. Ho un'unica passione, un unico sogno, un'unica fissa: il surf."
Mahmud vive a Gaza City, una città colpita ogni giorno dai bombardamenti, e adora il surf. Anche Samir adora il surf. Ma il primo è palestinese e l'altro israeliano. Ma che differenza fa? Hanno tutti e due gli stessi sogni e aspettano tutti e due la stessa onda da cavalcare. E non importa se quell'onda sarà israeliana o palestinese...
O anche prigione a cielo aperto. Ma il suo vero nome è Gaza City. Ho un'unica passione, un unico sogno, un'unica fissa: il surf."
Mahmud vive a Gaza City, una città colpita ogni giorno dai bombardamenti, e adora il surf. Anche Samir adora il surf. Ma il primo è palestinese e l'altro israeliano. Ma che differenza fa? Hanno tutti e due gli stessi sogni e aspettano tutti e due la stessa onda da cavalcare. E non importa se quell'onda sarà israeliana o palestinese...
Nicoletta
Bortolotti,
nata in Svizzera, vive in provincia di Milano. Lavora come redattrice
e ghost writer nell’editoria per ragazzi, e ha firmato diversi
libri di successo per adulti, tra i quali E qualcosa rimane
(Sperling&Kupfer). Mamma di due bambini trova il tempo di
scrivere in treno, che è la sua “casa viaggiante”.
Sarà
presente l’autrice per un dibattito con insegnanti e alunni
Coordina
l'incontro: Alessandra Montesanto, Vicepresidente dell'Associazione
per i Diritti Umani
Contributo
volontario di 2 euro
Per
informazioni e prenotazioni peridirittiumani@gmail.com
La nostra intervista all'autrice:Quando e perchè nasce l'idea di questa storia?
L'idea si è fatta strada nella mia mente circa tre anni fa, quando correggendo un altro libro per lavoro (sono redattrice di libri per ragazzi nella redazione Mondadori) e dovendo fare delle ricerche su Internet, mi sono imbattuta per caso nella storia di Doc Paskowitz, un maestro di surf che negli anni '70 fece arrivare sulla Striscia di Gaza delle tavole nuove affinché i giovani palestinesi e israeliani potessero divertirsi e sfidarsi sulle onde.
Poi ho scoperto che in questa lingua di terra i ragazzini adorano fare surf e la cosa mi ha molto colpita, vista la drammatica condizione che si trovano a vivere tutti i giorni. Ho pensato al concetto di resilienza, cioè a come i giovani possano subire traumi inimmaginabili conservando, nonostante tutto, la voglia di lottare, di vivere, di divertirsi e raccontarsi barzellette, di fare sport.
Però, all'inizio, temevo di non essere in grado di raccontare una storia tanto lontana dalla mia realtà... Ci ho provato.
Quanto è importante far conoscere la situazione di alcune popolazioni ai bambini e ai ragazzi italiani?
Moltissimo. Mi sono resa conto, per esempio, documentandomi, che si sa veramente poco su come vivono davvero i bambini nella Striscia di Gaza, e ancor meno ne sanno i nostri bambini. Non solo i più giovani sono continuamente esposti al rischio delle mine, delle bombe e delle mitragliatrici, ma anche a quello delle malattie, causate per esempio dalla mancanza di acqua potabile e dal blocco al confine degli aiuti umanitari. Il mare poi è uno dei più inquinati al mondo, una sorta di fogna a cielo aperto... Eppure i ragazzi cavalcano le onde sulle tavole da surf proprio in queste acque, perché dicono, cito una frase di "Sulle onde della libertà", "il mare è l'unica terra in cui siamo liberi." Ma il discorso potrebbe essere esteso a migliaia di altre situazioni e zone del mondo dove i diritti dei bambini vengono continuamente calpestati.
Recentemente guardavo con i miei figli una trasmissione alla tv dove un bambino indiano raccontava che il padrone della fabbrica tessile in cui lavorava (e i cui abiti vengono rivenduti in Europa a prezzi esorbitanti), se lui si assentava, lo "appendeva" dopo avergli cosparso il corpo di acqua e zucchero in modo che mosche e formiche gli si attaccassero... Forse sarebbe il caso di guardare meglio le etichette degli indumenti che compriamo?
Le è capitato di leggere il suo libro nelle scuole e - in caso affermativo - quali sono state le domande che le hanno posto gli studenti?
Gli studenti mi tempestano sempre di domande. E' straordinario ascoltare bambini di quarta, quinta elementare o ragazzini di prima e seconda media e scoprire la profondità delle loro osservazioni: si chiedono se loro sarebbero in grado di rischiare la vita per un amico, come Mahmud e Samir, i protagonisti del libro, si chiedono cosa significa accarezzare un'onda o cosa significano per loro la paura e la libertà. Si chiedono qual è la differenza fra la guerra in un videogioco (Mahmud e Samir sono appassionati di gameboy) e la guerra vera. Ma mi pongono anche molte domande sulla scrittura, sulle tecniche per inventare una buona storia che coinvolga e mi raccontano che anche loro scrivono e hanno una storia nel cassetto. E poi sono sorprendentemente interessati alle questioni pratiche ed economiche legate all'oggetto-libro: il copyright, i diritti nel caso in cui un ghost writer scriva per un calciatore, i soldi delle vendite dopo la morte di un autore...
Quali sono i valori che possono essere veicolati dallo sport?
Il gioco di squadra, il rispetto per l'avversario, la lealtà, la competizione pacifica. Nei miei incontri con i ragazzi li faccio parlare molto dei vari sport che praticano: chi fa basket, calcio, nuoto, danza... E dico loro che se alcuni capi di Stato potessero governare secondo le regole che i bambini imparano e mettono in pratica tutti i giorni nello sport, forse ci sarebbero meno conflitti nel mondo e meno ingiustizie...
Da chi sono realizzate le illustrazioni, nel testo, e che come le avete preparate?
Dal bravissimo Fabiano Fiorin, che ha avuto l'idea di mettere in copertina i due surfisti che reggono una sorta di aquilone coi colori della pace. Ha creato dei disegni freschi, pieni di movimento, dei personaggi simpatici e trendy, ma non troppo "californiani"...
Prima si preparano le matite, cioè i disegni al nero, poi ci si rivolge a un coloritore per colorarli al computer. Il coloritore che ha colorato i disegni di "Sulle onde della libertà" è Michele Frigo, che in casa editrice cura insieme a me, fra gli altri, i libri di Ben 10.
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venerdì 28 novembre 2014
Intervento di Barbara Spinelli su Mos Maiorum
BRUTALITA’
SISTEMICHE CONTRO I MIGRANTI
Sessione
plenaria del Parlamento europeo, 22 ottobre 2014
“Senza
che il Parlamento europeo sia stato informato, sono in corso nello
spazio Schengen retate brutali contro migranti e persone in fuga da
zone di guerra, carestie, disastri climatici. La più importante di
queste operazioni poliziesche porta un nome classicheggiante, Mos
Maiorum.
Iniziata il 13 ottobre, finirà il 26. È stata proposta il 10 luglio
dalla Presidenza italiana ai partner europei in un Consiglio dei
ministri dell’Interno e della Giustizia. Lo scopo che si pretende
di raggiungere con l’operazione: debellare il traffico di
immigrati. Il risultato rischia di essere ben diverso: i fuggitivi
senza documenti saranno più che mai spinti nella clandestinità e
nella dipendenza da reti malavitose.
Abbiamo
appreso nel frattempo che le forze dell’ordine italiane vengono
incaricate nell’ambito di operazioni simili di identificare con la
violenza i migranti privi di documenti. Una circolare di cui siamo in
possesso, anche se non sappiamo la data esatta, ordina alla polizia
italiana di procedere - cito - all’”acquisizione di foto e di
impronte digitali anche con l’uso della forza se necessario”.
È
evidente la violazione dei diritti della persona, del principio di
non discriminazione etnica, del non respingimento dei migranti. Mos
Maiorum si iscrive in una violenza ormai sistemica di cui chiedo
conto al Consiglio. Chiedo anche alla nuova Commissione se non sia il
caso, come già rivendicato l’estate scorsa dall’europarlamentare
Harlem Désir – quando il governo francese annunciò lo
smantellamento di alcuni campi Rom, il 5 agosto scorso – di
attivare procedure d’infrazione a seguito di queste operazioni.”
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giovedì 27 novembre 2014
Un passaporto dei diritti per minori stranieri non accompagnati
In occasione del 25mo anniversario della Convenzione internazionale sui diritti dell'infanzia (20 novembre 1989), è partita la distribuzione del Welcome Kit, un passaporto dei diritti realizzato dall’Authority per dare informazioni ed indicazioni preziose ai minorenni stranieri che arrivano nel nostro Paese senza adulti di riferimento.
Nelle molte occasioni in cui il Garante Spadafora ha incontrato i minorenni stranieri appena arrivati in Italia, a Lampedusa, ad Augusta e nelle comunità di accoglienza, in tanti gli hanno raccontato ansie e paure: il Welcome Kit è la risposta concreta al loro bisogno di essere informati e di capire il “nuovo mondo” nel quale si sono ritrovati.
Il Kit stato realizzato attraverso un processo partecipativo che ha coinvolto, in prima battuta, i minorenni stranieri ospitati presso la comunità di accoglienza “I Girasoli” di Mazzarino (CL) e quelli presenti a Roma, seguiti da esperti del settore, poi associazioni e istituzioni competenti che nel corso di focus group hanno fornito altre indicazioni utili. Infine Ibby Italia, struttura nazionale dell’International Board on Books for Young people che raccoglie i maggiori esperti di letteratura ed editoria per ragazzi, ha realizzato il Welcome Kit assicurandone la qualità editoriale.
L’obiettivo dell’Autorità è che il Welcome Kit venga consegnato ai minorenni subito dopo il loro arrivo in Italia: in questa prima fase, la distribuzione avviene principalmente con il supporto delle associazioni che a livello nazionale e territoriale si occupano di minorenni stranieri non accompagnati, delle comunità di accoglienza e dei Garanti per l’infanzia e l’adolescenza delle Regioni e delle Province Autonome.
Istituzioni e strutture che si occupano di accoglienza di minorenni stranieri non accompagnati possono scrivere, per informazioni, a areadiritti@garanteinfanzia.org
*****IL WELCOME KIT*****
26 carte colorate, in italiano, inglese, francese e arabo, per rompere il muro della diffidenza e della paura che spesso induce i minorenni alla fuga o ad assumere comportamenti a rischio. Contiene informazioni pratiche, logistiche e di contesto, insieme ad un piccolo dizionario, oltre a contenuti specifici finalizzati a trasmettere messaggi rassicuranti; particolare attenzione è stata riservata alla scelta dei colori, delle immagini e dell’impaginazione: l’Autorità garante ha voluto uno strumento esteticamente gradevole e agile da consultare in cui i testi fossero accompagnati da immagini esplicative delle situazioni che i giovani migranti si troveranno a vivere sul nostro territorio. Il Kit non si sfoglia come un libro, ma si apre come un ventaglio: le carte sono rigide e plastificate, legate fra di loro da una vite per consentire una consultazione veloce ed immediata. I ragazzi e le ragazze che lo riceveranno potranno tenerlo facilmente con sé (si può mettere in tasca) e utilizzarlo, non solo, per capire meglio che cosa devono aspettarsi qui in Italia e quali sono i loro diritti, ma anche per imparare parole di uso comune, scrivere appunti e cose personali (con il kit viene distribuita anche una penna), personalizzarlo con il proprio nome. Alcune sezioni sono dedicate a situazioni particolari come quella dei minorenni eritrei (per i quali sono previste alcune pagine in tigrino) o delle ragazze che sbarcano sulle nostre coste che, nelle pagine dal contorno rosa trovano indicazioni di natura soprattutto sanitaria.
Per scaricare il PDF: www.garanteinfanzia.org
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mercoledì 26 novembre 2014
Una manifestazione per una città antifascista
L'Associazione per i Diritti Umani sostiene la seguente manifestazione:
Sabato
29 Novembre 2014: mobilitazione antifascista dell'ANPI di Milano
nella
giornata del tesseramento
Sulla
base delle notizie apparse sulla stampa dovrebbe svolgersi a Milano
un raduno neonazista degli Hammerskin, con band musicali provenienti
da diversi Paesi europei.
Il
raduno nenoazista, per i suoi contenuti antisemiti e razzisti si pone
in aperto contrasto con i principi della Costituzione repubblicana
nata dalla Resistenza, con le leggi Scelba e Mancino e costituisce
una inaccettabile offesa a Milano Città Medaglia d'Oro della
Resistenza.
L'ANPI
Provinciale di Milano fa appello alle forze politiche democratiche,
alle istituzioni, e alle autorità perchè intervengano per impedire
che il raduno si svolga ancora una volta a Milano,come avvenuto lo
scorso anno nel quartiere di Rogoredo.
L'ANPI
di Milano si rivolge in particolare al Sindaco Giuliano Pisapia, al
quale chiede una
sua autorevole pubblica presa di posizione in cui si ribadisca che,
soprattutto in vista del
70° anniversario della Liberazione, Milano, capitale della
Resistenza, non venga invasa e oltraggiata da simboli e
manifestazioni neonaziste e neofasciste che offendono la memoria dei
Caduti per la Libertà.
L'ANPI
Provinciale di Milano si ritroverà, sabato 29 Novembre a partire
dalle ore 14, in via Mercanti, davanti alla Loggia, luogo emblematico
della Resistenza milanese, per la giornata nazionale del tesseramento
che assumerà quindi il carattere di una ferma e unitaria risposta a
questa ennesima provocazione neofascista e per riaffermare il
carattere antifascista della nostra Carta Costituzionale.
Chiamiamo
sin d'ora le Associazioni della Resistenza, le forze politiche
democratiche, i cittadini, a partecipare alla mobilitazione da noi
promossa per ribadire la nostra ferma opposizione al preoccupante
ripetersi di iniziative e manifestazioni antisemite, razziste e
xenofobe che si ripetono a Milano, città antifascista, democratica e
multietnica.
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Brutto episodio razzista a Milano
Venerdì scorso, 21 novembre 2014, si è verificato un brutto episodio razzista, a Milano, che ha visto coinvolto Abdullah Ablo Traorè, musicista e griot.
Abbiamo chiesto al Sig. Traorè di raccontarci la sua esperienza e lo ringraziamo tantissimo per aver accettato. A lui tutta la nostra solidarietà.
Ci può raccontare l' episodio di razzismo di cui è stato vittima?
Premetto
che vivo in Italia da 12 anni, sono sposato e sono cittadino
italiano. Ho sempre abitato nel quartiere di Precotto, una zona
tranquilla dove mi sono bene integrato senza mai avere nessun tipo di
problema. Peraltro con il mio lavoro (sono un musicista e faccio
parte anche dell'Orchestra di Via Padova), ho relazioni con molte
persone, con le istituzioni cittadine e le scuole.
Venerdì pomeriggio mi stavo recando a prendere la metro e passando vicino al parco dove giocano i bambini, alcuni di questi di età compresa tra gli 8 e i 10 anni, mi hanno rivolto pesanti insulti razzisti (terrone, negro, torna al tuo paese, stai rubando agli italiani, ladro, ecc.). Sconvolto, mi sono avvicinato alla panchina dove c'erano degli adulti ed ho chiesto loro chi fossero i genitori di quei bambini e nessuno mi ha risposto. Questo atteggiamento mi ha ferito profondamente, perchè il loro silenzio legittimava la mancanza di rispetto nei miei confronti.
E' la prima volta che mi accade un episodio del genere e spero che non succeda mai più. Mi sono sentito estraneo e sgradito nel quartiere che considero ormai casa mia.
Venerdì pomeriggio mi stavo recando a prendere la metro e passando vicino al parco dove giocano i bambini, alcuni di questi di età compresa tra gli 8 e i 10 anni, mi hanno rivolto pesanti insulti razzisti (terrone, negro, torna al tuo paese, stai rubando agli italiani, ladro, ecc.). Sconvolto, mi sono avvicinato alla panchina dove c'erano degli adulti ed ho chiesto loro chi fossero i genitori di quei bambini e nessuno mi ha risposto. Questo atteggiamento mi ha ferito profondamente, perchè il loro silenzio legittimava la mancanza di rispetto nei miei confronti.
E' la prima volta che mi accade un episodio del genere e spero che non succeda mai più. Mi sono sentito estraneo e sgradito nel quartiere che considero ormai casa mia.
La città di Milano e l' Italia sono ancora indietro in merito a una cultura del rispetto degli altri? O certi episodi si possono riferire anche a una politica che si basa sulla paura e sul pregiudizio?
Ho
sempre trovato Milano molto aperta rispetto ad altre città italiane,
ma di recente (purtroppo a causa della propaganda politica e dei
media che parlano di noi africani solo per i fatti di cronaca e
probabilmente anche a causa del disagio sociale derivato dalla crisi
economica) vedo che anche qui sta venendo a crearsi una certa deriva
razzista. Ovviamente rispetto ad altri paesi Europei, l'Italia è
meno abituata all'integrazione e alla convivenza tra culture
differenti. Paragonata a Parigi o Londra siamo ancora molto indietro.
Quali sono le buone pratiche per sconfiggere il razzismo ?
Secondo
me il razzismo, nella maggior parte dei casi, ha origine dalla paura
di quello che non si conosce. Quindi una buona pratica, sarebbe
quella di incentivare la conoscenza delle culture diverse e
l'incontro tra cittadini di differente provenienza. Soprattutto,
bisognerebbe educare i bambini al rispetto per il diverso.
In questi giorni sente la solidarietà dei cittadini?
Ho avuto molte manifestazioni di
solidarietà, dai vicini di casa, dai colleghi, dagli amici ed anche
dalle istituzioni come il Consiglio di Zona 2 ed il Forum città
Mondo del Comune di Milano.
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La campagna per il diritto all'identità
30.000
persone scomparse tra il 1976 – 1983 e tra questi anche tanti
bambini. Stiamo parlando della dittuatura argentina, di quei troppi
desaparecidos e di quei loro figli presi, rubati come se non bastasse
la violenza già subìta e la perdita della vita.
Da
allora, le madri, le mogli, le sopravvissute - soprattutto le abuelas
de Palza de Mayo - lottano e continuano a cercare i loro nipoti
perchè questi sono ancora vivi e potrebbero risiedere anche in
Italia.
Proprio
in occasione della democrazia nel Paese sudamericano a distanza di
trent'anni, l'Ambasciata italiana, nel 2013, ha lanciato una campagna
per il diritto all'identità: su circa 500 bambini, nati da donne
sequestrate e uccise dai militari e dati illegalmente in adozione, ne
sono stati rintracciati 109, ma bisogna fare di più: “ La
macro-tragedia della ditttaura argentina è fatta di tante
micro-tragedie familiari” ha sostenuto Carlos Cherniak, capo
dell'ufficio politico e diritti umani dell'Ambasciata argentina
durante un incontro che si è svolto presso l'Università di Pisa;
“Se l'Argentina è riuscita a uscire dagli anni bui del terrore ed
entrare in un processo democratico che oggi compie 30 anni, è anche
grazie alla capacità delle singole persone che hanno saputo
trasformare la loro sofferenza in impegno concreto per la
riaffermazione dei diritti civili. Le nonne di Plaza de Mayo ne sono
un esempio concreto: da 26 anni si battono per ritrovare i loro
'nietos', portando in giro una causa che oggi ha acquistato una
dimensione internazionale”, ha continuato Cherniak.
All'incontro
era presente anche Estela Carlotto che ha ricordato la sua storia: “
Nel 1977 mia figlia Laura è stata sequestrata mentre era incinta di
tre mesi ed è stata assassinata dai militari argentini dopo aver
partorito. Come succedeva in questi casi, il bambino è stato
immediatamente consegnato a una famiglia considerata 'affidabile', in
grado di crescerlo secondo i 'principi' della dittatura, gli stessi
per cui i genitori naturali venivano assassinati” e ha continuato
dicendo: “Visti i legami tra l'Italia e l'Argentina, dove metà dei
cognomi è di origine italiana, pensiamo che sia possibile che
qualche 'nieto' sia arrivato e rimasto qui da voi, forse nelle stesse
università in cui erano venuti a studiare. Preghiamo chiunque abbia
dubbi sulla propria identità di farsi avanti”. L'accertamento
dell'identità viene fatto attraverso l'analisi del DNA.
La
campagna, quindi, è ancora in corso.
Per
rispondere alla campagna, il riferimento è l'ambito diplomatico
argentino, consolati e ambasciata. Si può scrivere alle mail:
dirittiumani@ambasciatargentina.it
oppure dubbio@retexi.it,
entrambi protetti dallo spam bot.
Si
possono anche chiamare i seguenti numeri: 335-5866777 oppure
06-48073300, i funzionari garantiscono assoluta discrezionalità.
martedì 25 novembre 2014
Carovana per i diritti dei migranti per la dignità e la giustizia
Riceviamo questo comunicato e lo facciamo girare perché anche l'Associazione per i Diritti Umani aderirà a questa iniziativa.
Soleterre ha aderito come soggetto promotore alla Carovana Italiana per i diritti dei Migranti per la dignità e la giustizia che attraverserà l’Italia partendo da Lampedusa il 23 novembre per arrivare a Torino il 6 dicembre. Sta inoltre lavorando con altre realtà milanesi all’organizzazione di due momenti di approfondimento e confronto in occasione della tappa di Milano il prossimo 4 dicembre
La Carovana è la prima iniziativa per i diritti dei migranti realizzata in collaborazione e in simultanea alla Carovana delle Madri centroamericane in cerca dei parenti scomparsi, che per il decimo anno, percorrerà le strade che dal Centroamerica arrivano fino agli Stati Uniti attraversando il Messico, sulla rotta dei nuovi schiavi: ogni anno 400.000 migranti irregolari, senza autorizzazione o documenti, attraversano la frontiera tra Messico e Guatemala. La maggior parte di loro - uomini, donne e sempre più bambini e adolescenti - sono centroamericani che lungo le rutas verso gli Stati Uniti subiscono abusi, rapine, violenze e sequestri da parte della criminalità organizzata e dai funzionari, militari e agenti della migrazione con essa collusi. Solo il 20% riesce a raggiungere gli Stati Uniti. Ogni anno migliaia di persone scompaiono senza lasciare traccia mentre la tratta di esseri umani, dopo droga e armi, è diventata la terza fonte di guadagno della criminalità organizzata con introiti tra i 7 e i 10 miliardi di dollari l’anno. Scarica da qui il rapporto di Soleterre sulla situazione dei migranti in Messico.
In collaborazione con Amnesty International, Soleterre ha organizzato gli eventi della tappa di Milano di giovedì 4 dicembre. Siete invitati ad unirvi a noi in un doppio appuntamento:
Leggi il programma
Leggi il programma
Volontà della Carovana è di richiamare l’attenzione sulla crudeltà e l’iniquità di politiche migratorie che a livello globale, in Italia come in Messico, sono caratterizzate dal disprezzo per i diritti umani di centinaia di migliaia di persone, che scappano da guerre, violenza e fame.
Politiche che invece di accogliere, sono pensate per respingere e criminalizzare e che hanno come effetto quello di lasciare campo libero alla criminalità organizzata, che del traffico e della tratta di persone ha fatto ormai una delle sue attività più lucrative.
Vogliamo, oggi più che mai, esprimere la nostra vicinanza e solidarietà a centinaia di migliaia di bambini, donne e uomini migranti che subiscono abusi, violenze e muoiono ovunque nel mondo. Morti che con leggi diverse si potrebbero evitare.
Faranno parte della Carovana italiana un gruppo di ospiti in rappresentanza delle esperienze solidali e di lotta dei migranti mesoamericani. Testimoni straordinari, che rischiano quotidianamente la vita per opporsi al potere delle bande criminali e dei settori corrotti dello stato: ci racconteranno di come agiscono i mercanti di esseri umani in Centro America e Messico, di come le autorità e gli Stati non abbiano saputo e voluto contrastarli. Clicca qui per i loro nomi e le loro biografie.
INVITIAMO ANCHE VOI A SOSTENERE, PROMUOVERE ED ADERIRE ALLA CAROVANA E A PARTECIPARE ALLA RACCOLTA FONDI CHE CONSENTIRÀ DI COPRIRNE LE SPESE, DAL MOMENTO CHE NON RICEVE ALCUN FINANZIAMENTO PUBBLICO.
Clicca qui per conoscere tutte le tappe della Carovana Italiana.
PER MAGGIORI INFORMAZIONI E PER ADERIRE ALLA CAROVANA
Web: www.carovanemigranti.org
Facebook: https://www.facebook.com/carovanemigranti
Twitter: https://twitter.com/Cmigranti
La Carovana è la prima iniziativa per i diritti dei migranti realizzata in collaborazione e in simultanea alla Carovana delle Madri centroamericane in cerca dei parenti scomparsi, che per il decimo anno, percorrerà le strade che dal Centroamerica arrivano fino agli Stati Uniti attraversando il Messico, sulla rotta dei nuovi schiavi: ogni anno 400.000 migranti irregolari, senza autorizzazione o documenti, attraversano la frontiera tra Messico e Guatemala. La maggior parte di loro - uomini, donne e sempre più bambini e adolescenti - sono centroamericani che lungo le rutas verso gli Stati Uniti subiscono abusi, rapine, violenze e sequestri da parte della criminalità organizzata e dai funzionari, militari e agenti della migrazione con essa collusi. Solo il 20% riesce a raggiungere gli Stati Uniti. Ogni anno migliaia di persone scompaiono senza lasciare traccia mentre la tratta di esseri umani, dopo droga e armi, è diventata la terza fonte di guadagno della criminalità organizzata con introiti tra i 7 e i 10 miliardi di dollari l’anno. Scarica da qui il rapporto di Soleterre sulla situazione dei migranti in Messico.
In collaborazione con Amnesty International, Soleterre ha organizzato gli eventi della tappa di Milano di giovedì 4 dicembre. Siete invitati ad unirvi a noi in un doppio appuntamento:
Migrazione e criminalità organizzata in Messico
h.15:00 presso l'Università degli studi di Milano, via Conservatorio, 7 - Milano
Realizzato con l’Osservatorio sulla Criminalità Organizzata dell'Università degli Studi di Milano, l'incontro vuole far luce sulla realtà del processo migratorio che porta centinaia di migliaia di bambini, donne e uomini centroamericani verso gli Stati Uniti attraverso il Messico - primo corridoio migratorio del mondo - e sui meccanismi che trasformano i migranti in vittime di abusi e violenze, traffico e tratta da parte della criminalità organizzata. Il tutto nell’indifferenza, che troppo spesso si trasforma in connivenza, delle istituzioni statali. Ma anche sul ruolo fondamentale della società civile per denunciare quanto accade, proteggere le vittime e sostenere i difensori dei diritti umani.Leggi il programma
Frontiere. In Messico come nel Mediterraneo: esseri umani, non numeri
h.19:00 presso la casa dei Diritti, via De Amicis, 10 - Milano
Una serata di approfondimento e riflessione per avvicinare la società all’esperienza che vivono le persone che lasciano il proprio Paese e vengono spesso disumanizzate nella loro condizione di migranti. Un’occasione per ascoltare le testimonianze dirette di attivisti e difensori dei diritti umani provenienti da Messico, Centroamerica e Tunisia, persone che ogni giorno rischiano la vita per denunciare quanto accade e proteggerle. Seguendo un filo che unisce il Messico al Mediterraneo, luoghi dove ogni giorno si consuma il dramma di migliaia di uomini, donne e bambini che, cercando di scappare da violenza, povertà e guerra, troppo spesso trovano solo altro dolore e morte. Il confronto sarà preceduto da una performance teatrale sul tema della migrazione "Sogno, libertà, disobbedienza"presentato da Fandema - Teatro sociale.Leggi il programma
Volontà della Carovana è di richiamare l’attenzione sulla crudeltà e l’iniquità di politiche migratorie che a livello globale, in Italia come in Messico, sono caratterizzate dal disprezzo per i diritti umani di centinaia di migliaia di persone, che scappano da guerre, violenza e fame.
Politiche che invece di accogliere, sono pensate per respingere e criminalizzare e che hanno come effetto quello di lasciare campo libero alla criminalità organizzata, che del traffico e della tratta di persone ha fatto ormai una delle sue attività più lucrative.
Vogliamo, oggi più che mai, esprimere la nostra vicinanza e solidarietà a centinaia di migliaia di bambini, donne e uomini migranti che subiscono abusi, violenze e muoiono ovunque nel mondo. Morti che con leggi diverse si potrebbero evitare.
Faranno parte della Carovana italiana un gruppo di ospiti in rappresentanza delle esperienze solidali e di lotta dei migranti mesoamericani. Testimoni straordinari, che rischiano quotidianamente la vita per opporsi al potere delle bande criminali e dei settori corrotti dello stato: ci racconteranno di come agiscono i mercanti di esseri umani in Centro America e Messico, di come le autorità e gli Stati non abbiano saputo e voluto contrastarli. Clicca qui per i loro nomi e le loro biografie.
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Terre d'Islam: storia delle rivolte arabe
Un documentario, quello di Italo Spinelli e Alberto Negri, che indaga una storia complessa che vede coinvolte un milardo e trecento milioni di persone: Terre d'Islam – Storia delle rivolte arabe dà voce ai diretti interessati per parlare dell'Islam politico che noi occidentali iniziamo a conoscere, forse, solo adesso.
Abbiamo rivolto alcune domande ad Alberto Negri che ringraziamo tantissimo per la sua disponibilità.
Tunisia,
Egitto, Libia e Iran: qual è lo scenario politico attuale in questi
Paesi?
La Libia
è un Paese che sta attraversando una situazione molto difficile: è
un Paese spaccato in due tra Cirenaica e Tripolitania con due
governi, due parlamenti e addirittura due agenzie-stampa ufficiali,
quindi la spaccatura non può essere più profonda di così e sarà
difficile, per la comunità internazionale, trovare un punto di
equilibrio.
In
Tunisia ci sono state, recentemente, le elezioni generali politiche e
il 26 novembre ci saranno le presidenziali: questa volta ha vinto il
fronte laico, superando il partito islamico, e questo è un aspetto
importante perchè è l'unica transizione araba che si è svolta
pacificamente, nonostante le difficoltà attraversate dal Paese in
questi ultimi anni in quanto gli jihadisti e i salafiti hanno più
volte messo in pericolo questa transizione con due assassinii
politici. Inoltre, c'è una crisi economica molto forte con una
disoccupazione al 40%. La situazione è tale per cui anche il partito
che ha vinto le elezioni, probabilmente, continuerà una politica di
unità nazionale.
L'Egitto,
dopo il colpo di Stato dell'anno scorso, sta attraversando una fase
ancora complicata perchè in Sinai vediamo che i gruppi jihadisti
contrastano il governo e hanno fatto fuori i Fratelli Musulmani.
L'Egitto ha grandi problemi: con 90 milioni di abitanti, le risorse
della Banca Centrale sono ¾ volte inferiori rispetto a quelle del
Libano che ha 6 milioni di abitanti.
Per
quanto riguarda l'Iran bisogna vedere se si troverà un accordo sul
tema del nucleare, se ci sarà o se si arriverà a un ennesimo
compromesso, ovvero a un altro rinvio.
Parliamo,
in particolare, dell'Iran: quale può essere la sua influenza nella
situazione presnete e può essere determinante per una soluzione che
vada in direzione di un nuovo assetto geopolitico?
L'Iran è
un Paese fondamentale per gli equilibri del Medioriente: per l'Iraq,
per la Siria fino alle sponde del Mediterraneo. L'Occidente deve
trovare un accordo con l'Iran per pensare di ottenere una
stabilizazione in quest'area. Ma nonostante questo dato
incontrovertibile, sappiamo bene che la rivalità nel Golfo tra Iran
e Arabia Saudita continua a condizionare tutta la politica di quella
parte di mondo e anche la politica estera di Washington che si ostina
ad appoggiare l'Iraq.
Quali
potranno essere, invece, gli sviluppi futuri nel rapporto tra
Occidente e Paesi arabi?
Saranno
determinanti gli sviluppi che ci sono sul terreno, soprattutto il
conflitto che si è aperto adesso con il califfato. Questa è una
guerra molto complicata e anche assai ambigua perchè è un conflitto
a bassa intensità che viene condotto da una coalizione guidata dagli
Stati Uniti senza troppa convinzione. Non è escluso che tra Siria e
Iraq possa nascere uno Stato sunnita con risorse petrolifere presenti
in tutta la Siria.
Mi
sembra evidente che si stiano rifacendo le frontiere del Medioriente
e questo determinerà in gran parte anche tutte le altre questioni
tra l'Occidente e il mondo arabo.
Nel
docufilm sono stati intervistati esponenti politici, funzionari e
persone comuni. Sono tutti arabi e non c'è il commento di un
mediatore occidentale. Ci spiega il motivo di questa scelta?
Volevamo
delle voci senza filtro, senza mediazioni che, in qualche modo, le
condizionassero. E questa è proprio la caratteristica principale del
nostro lavoro.
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lunedì 24 novembre 2014
Profughi: nuova condanna all'Italia per i respingimenti
Violazione
dei diritti umani: con questa accusa l’Italia è stata condannata
dalla Corte Europea di Strasburgo, insieme alla Grecia, per una serie
di respingimenti indiscriminati alla frontiera nei confronti di
numerosi migranti sbarcati in tre porti dell’Adriatico. E’ la
terza condanna che subisce l’Italia, nel giro di appena tre anni, a
livello europeo. La prima, nel febbraio del 2012, sempre da parte
della Corte di Strasburgo e sempre per respingimenti avvenuti nel
2009, questa volta direttamente in mare, in ossequio alla “linea
dura” contro l’emigrazione decisa dal governo Berlusconi. La
seconda, nel marzo successivo, da parte del Consiglio d’Europa, per
la vicenda dei 63 profughi lasciati morire di sete e d’inedia su un
gommone abbandonato alla deriva per quindici giorni, nell’aprile
del 2011. Ora arriva questa terzo, pesante verdetto, proprio mentre è
in corso in tutta Europa, sotto la guida italiana, la contestatissima
Mos Maiorum, l’operazione di polizia volta a individuare, fermare e
schedare quanti più migranti possibile.
La
Corte ha pronunciato la sentenza il 21 ottobre. Vittime del sopruso
sono 35 profughi: 32 afghani, 2 sudanesi e un eritreo, giunti con un
ferry di linea ad Ancona, Venezia e Bari. Era il 2009, uno degli anni
più bui della “politica dei respingimenti” voluta con forza
soprattutto dall’allora ministro dell’intero leghista Roberto
Maroni, con disposizioni capestro per tutte le forze di polizia e la
stessa Marina Militare. Non a caso si tratta di tre episodi distinti
ma del tutto simili: il più grave ad Ancona, dove è stato bloccato
il gruppo più numeroso di rifugiati, tutti afghani. Intercettati
alla frontiera al momento dello sbarco, i migranti – ad Ancona come
a Venezia e a Bari – sono stati fermati, identificati e affidati al
comandante della nave, con l’incarico di riportarli in Grecia, a
Patrasso, e consegnarli alla polizia ellenica. Tutto in un arco di
tempo brevissimo, senza esaminare le loro storie e senza che fosse
data a nessuno la possibilità di appellarsi al diritto di asilo.
Senza, anzi, che fosse loro almeno spiegato cosa stesse accadendo. Ad
alcuni, tutti afghani, ad esempio, ad Ancona gli agenti hanno
consegnato delle brochures nelle quali, in effetti, venivano elencati
i diritti dei migranti, solo che erano scritte in arabo, una lingua
che nessuno di loro conosceva. C’è da chiedersi perché non siano
stati usati opuscoli in inglese. Soltanto un imperdonabile errore?
Sembra una farsa ma, purtroppo, è un dramma consumato sulla vita di
decine di persone.
Sta
di fatto che quei richiedenti asilo non hanno potuto rendersi conto
di nulla: si sono ritrovati di nuovo sul ferry con cui erano
arrivati, sotto chiave in una cabina, senza neanche poterne
capire il perché. Trattamenti sostanzialmente analoghi hanno
ricevuto gli altri profughi, a Venezia e a Bari. Trattamenti che la
Corte di Strasburgo, dopo cinque anni di istruttoria, ha considerato
una forma di espulsione collettiva indiscriminata, in contrasto con
le norme del diritto di asilo. In particolare, i giudici ritengono
che siano stati violati tre articoli della Convenzione Europea a
salvaguardia dei diritti dell’Uomo: il numero 3 (“Nessuno
può essere sottoposto a torture né a
pena
o trattamenti inumani o degradanti”);
il 13 (“Ogni
persona i cui diritti e le cui libertà siano stati violati ha
diritto a un ricorso effettivo davanti a una istanza nazionale, anche
quando la violazione sia stata commessa da persone che agiscono)
nell’esercizio
delle loro funzioni ufficiali”),
e il numero 4 del quarto protocollo (“Le
espulsioni collettive di stranieri sono vietate”).
L’Italia
si è giustificata asserendo di essersi solo attenuta alle norme del
trattato di Dublino per cui i rifugiati vanno presi in carico dal
primo Stato dell’Unione Europea dove arrivano e al quale rivolgono
la richiesta di aiuto. In questo caso, la Grecia. La Corte ha però
eccepito che il trattato di Dublino non poteva essere applicato a
causa della difficile situazione che attraversava la Grecia e, in
particolare, per il trattamento che veniva riservato nel paese ai
migranti. Atene – dicono infatti i giudici – non era nella
posizione di garantire il diritto d’asilo e l’Italia non poteva
non saperlo. Era più che noto, insomma, che la Grecia era sconvolta
in quei mesi da duri contrasti politici e si respirava un diffuso
senso di ostilità e risentimento nei confronti dei numerosi
stranieri che erano riusciti in qualche modo a varcare le frontiere:
ben 146.337 nell’arco del solo 2008. Eloquenti i rapporti del
Commissariato dell’Onu (Unhcr), che aveva denunciato numerosi
arresti arbitrari di gruppo, contro gli immigrati, da parte della
polizia, e pessime condizioni di vita nei centri di raccolta, spesso
privi di qualsiasi forma o servizio di assistenza. Senza contare la
prospettiva di espulsione e rimpatrio forzato nei paesi d’origine
dove, essendo fuggiti da clandestini, quei profughi rischiavano di
subire carcerazioni pesantissime, forse persino la tortura e la
morte. Vale la pena ricordare che non per niente, in quello stesso
periodo, diversi tribunali tedeschi bloccarono la “restituzione”
all’Italia di profughi giunti in Germania dalla Grecia passando per
la nostra penisola, nel timore che poi Roma li consegnasse alle
autorità elleniche.
L’Italia
non ha avuto questi stessi scrupoli. Così, una volta rispediti
indietro e arrivati a Patrasso, tutti quei 35 profughi respinti da
Ancona, Venezia e Bari sono stati fermati e rinchiusi in un campo di
smistamento e poi rilasciati solo alla condizione di andarsene dalla
Grecia entro 30 giorni. Le loro strade, a quel punto, si sono divise.
Molti, dopo altre traversie, hanno avuto modo di arrivare in vari
Stati europei. Uno è approdato di nuovo in Italia. Ma uno è dovuto
ritornare in Afghanistan.
Il
procedimento che ha portato a ricostruire questa vicenda e poi alla
condanna è stato lungo e complicato. Il caso è stato subito
sollevato dall’Unhcr, da Amnesty e da Aire Centre (Centro per i
diritti individuali in Europa), ma non è stato facile rintracciare
le vittime, disperse ormai per ogni dove, per poter impostare la
procedura legale. “Anche perché la polizia greca – denuncia
Fulvio Vassallo Paleologo, dell’Associazione giuristi per i diritti
degli immigrati (Asgi) – nell’estate del 2009, alcuni mesi dopo
il ricorso, ha sgomberato violentemente il campo di Patrasso,
distrutto documenti e beni personali ed eseguito numerose
deportazioni”. A ritrovare e a ricucire almeno parte delle singole
storie, rendendo così possibile il ricorso alla Corte di Strasburgo,
è stato il lavoro assiduo, spesso rischioso, di associazioni e
volontari coordinati da Alessandra Sciurba e dagli avvocati Ballerini
di Genova e Mandro di Venezia. Grazie a loro, dopo mesi di ricerca,
sono stati rintracciati quattro di quei 35 profughi, tutti afghani,
tutti respinti da Ancona e tutti finiti in varie parti d’Europa,
dopo l’espulsione dalla Grecia. Raccolta in un articolo di
Alessandra Sciurba, la loro voce è diventata la struttura portante
del dossier fatto pervenire a Strasburgo. E la Corte, ora, ne ha
confermato la denuncia: nei loro confronti è stato perpetrato un
sopruso.
E’
una sentenza importante. Dovrebbe segnare una svolta. O quanto meno
suonare come un monito per la politica europea sull’immigrazione.
Eppure la Grecia, malgrado la condanna appena ricevuta – come fa
notare Fulvio Vassallo Paleologo – pare stia per eseguire un altro
respingimento collettivo dall’isola di Simi, nel Dodecaneso, verso
la costa turca, distante poche miglia di mare fortemente presidiato
dalla Guardia Costiera. L’Italia non è da meno: proprio in questi
giorni si sono registrati almeno altri due casi di respingimento: un
piccolo gruppo di siriani sbarcati all’aeroporto di Crotone e una
signora, sempre siriana, arrivata all’aeroporto di Fiumicino da
Istanbul insieme al marito, residente già da tempo in Europa. La
“giustificazione” della polizia di frontiera è stata che quei
migranti avevano documenti falsi. E’ vero. Lo hanno ammesso gli
stessi interessati, specificando però che erano stati costretti a
usare documenti falsificati per poter uscire dalla Siria travolta
dalla guerra di tutti contro tutti che dura da anni. Ma nessuno ha
preso in considerazione la loro “storia” nel contesto degli
avvenimenti tragici che si stanno verificando: ci si è limitati
all’identificazione anagrafica e alla constatazione materiale del
“falso”. Nessun peso è stato dato neanche al fatto che la donna
arrivata da Istanbul è malata di cancro e non può essere dunque
respinta, se non altro per ragioni umanitarie.
Italia
e Grecia, come avverte la stessa Corte di Strasburgo, hanno ora tre
mesi di tempo per impugnare eventualmente la sentenza, ricorrendo in
appello davanti alla Gran Camera. Ecco il punto, allora: si tratta di
vedere, adesso, se lo Stato italiano intende contestare il verdetto o
ne farà invece davvero un punto di svolta, accettando le condanna e
facendone tesoro per impostare un rapporto diverso con la tragedia
dei profughi che premono dal Sud del mondo verso la Fortezza Europa.
Stando agli episodi di Crotone e di Fiumicino, però, le premesse non
sono incoraggianti. Ed è indicativo che questa nuova condanna sia
passata pressoché inosservata: la stampa ne ha parlato poco o
niente, la “politica” ancora di meno. Quasi si volesse far finta
di non vedere per poter continuare ad avere mano libera nei
respingimenti.
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domenica 23 novembre 2014
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Comunicato sui rom e per i rom
Roma, tre presunti ordigni esplosivi in una struttura che ospita i rom. Artificieri dei carabinieri intervenuti per rimuoverli. Associazione 21 luglio: «Gesto grave per creare panico e intimidazione»
Roma, 17 novembre 2014 – Tre presunti ordigni esplosivi sono stati rinvenuti nel primo pomeriggio di oggi nel cortile esterno del “Centro di raccolta rom” di via Salaria, a Roma. A denunciarlo sono stati gli stessi abitanti del centro, dove vivono 380 rom, tra cui circa 200 minori.
I tre presunti ordigni sono stati individuati da uno dei residenti all’interno e nei pressi di un cassone adibito alla raccolta dei rifiuti che si trova nei pressi della recinzione esterna della struttura. In seguito alla segnalazione, uomini della polizia e dei carabinieri sono intervenuti sul posto e hanno immediatamente presidiato e chiuso l’accesso alla porzione di cortile dove sono stati ritrovati i presunti ordigni, che sono stati quindi rimossi dagli artificieri dei carabinieri.
Secondo gli osservatori dell’Associazione 21 luglio, che si sono subito recati nel centro di via Salaria e hanno assistito all’intervento di rimozione da parte delle forze dell’ordine, gli oggetti presentavano effettivamente l’aspetto di “bombe a mano”, come denunciato dai rom residenti nella struttura, pur non essendovi ancora la certezza se si trattasse di ordigni veri o di manufatti finti con lo scopo di intimidire.
«I rom che vivono nel centro di via Salaria erano tutti molto spaventati da quanto accaduto – afferma l’Associazione 21 luglio -. A prescindere dalla veridicità o meno degli ordigni, siamo di fronte a un gesto grave e inaccettabile che sembra assumere i contorni di un crimine motivato dall’odio e volto a creare panico e intimidazione».
Secondo l’Associazione 21 luglio, il ritrovamento dei presunti ordigni in una struttura abitata da rom non fa che aggiungere ulteriore tensione al clima difficile che la periferia della Capitale sta vivendo in questi giorni, in seguito ai ben noti fatti di Tor Sapienza.
«Auspichiamo una immediata e ferma condanna, da parte delle istituzioni locali e nazionali, rispetto a quanto accaduto questo pomeriggio e rispetto al panico e alla paura che la presenza dei tre presunti ordigni è riuscita a creare soprattutto nelle donne e nei bambini che vivono nel centro di via Salaria – conclude l’Associazione 21 luglio -. È quanto mai opportuno evitare, prodigando ogni sforzo possibile, che la tensione che in questi giorni ha riguardato rifugiati, immigrati e rom nel quartiere di Tor Sapienza si sposti in altre zone della città alimentato da un pericoloso spirito di emulazione».
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Tutti diversi, tutti uguali
TUTTI
DIVERSI, TUTTI UGUALI
sabato
29 novembre 2014 - ore 19,00
presso
CENTRO
ASTERIA
Piazza
Carrara 17.1, ang. Via G. da Cermenate, 2 – Milano (MM2 Romolo)
In occasione della Giornata internazionale del disabile la curatrice del progetto “DIVERSO DA CHI? Per una nuova cultura del rispetto” , Eva Schwarzwald, esperta in educazione ai media, introdurrà la proiezione di alcuni cortometraggi adatti alle scuole e alle famiglie.
Quindici racconti sulla disabilità, sui sentimenti e sul rispetto della vita delle persone con bisogni speciali, una guida per gli insegnanti ed attività didattiche complementari compongono il DVD, offrendo la possibilità, attraverso i film, di imparare, capire e combattere gli stereotipi sulla disabilità.
Agli insegnanti che prenotano la propria partecipazione alla serata verrà consegnato in omaggio una copia del dvd per la loro scuola!
Per informazioni e prenotazioni: peridirittiumani@gmail.com
sabato 22 novembre 2014
Lettera aperta da TOR SAPIENZA
Lettera
aperta dei rifugiati del centro di accoglienza di Viale Giorgio
Morandi, TOR SAPIENZA, Roma.
Riceviamo
questa lettera aperta degli ospiti del Centro “Un sorriso” di Tor
Sapienza (Roma), scritta in seguito agli episodi di razzismo,
intolleranza e di violenza verificatisi negli ultimi giorni.
Tutti parlano di noi, ma nessuno veramente ci conosce. Siamo trentacinque persone provenienti da diversi paesi: Pakistan, Mali, Etiopia, Eritrea, Afghanistan, Mauritania. Non siamo tutti uguali, ognuno ha la sua storia; ci sono padri di famiglia, giovani ragazzi, laureati, artigiani, insegnanti, ecc. ma tutti noi siamo arrivati in Italia per salvare le nostre vite. Abbiamo conosciuto la guerra, la prigione, il conflitto in Libia, i talebani in Afghanistan e in Pakistan. Abbiamo viaggiato, tanto, con ogni mezzo di fortuna, a volte con le nostre stesse gambe; abbiamo lasciato le nostre famiglie, i nostri figli, le nostre mogli, i nostri genitori, i nostri amici, il lavoro, la casa, tutto. Non siamo venuti per fare male a nessuno.
In questi giorni abbiamo sentito molte cose su di noi: che rubiamo, che stupriamo le donne, che siamo incivili, che alimentiamo il degrado del quartiere dove viviamo. Queste parole ci fanno male, non siamo venuti in Italia per creare problemi, né tanto meno per scontrarci con gli italiani. A questi ultimi siamo veramente grati, tutti noi ricordiamo e mai ci scorderemo quando siamo stati soccorsi in mare dalle autorità italiane, quando abbiamo rischiato la nostra stessa vita in cerca di un posto sicuro e libero. Siamo qui per costruire una nuova vita, insieme agli italiani, immaginare con loro quali sono le possibilità per affrontare i problemi della città uniti insieme e non divisi.
Da tre giorni viviamo nel panico, bersagliati e sotto attacco: abbiamo ricevuto insulti, minacce, bombe carta. Siamo tornati da scuola e ci siamo sentiti dire negri di merda; non capiamo onestamente cosa abbiamo fatto per meritarci tutto ciò. Anche noi viviamo i problemi del quartiere, esattamente come gli italiani; ma ora non possiamo dormire, non viviamo più in pace, abbiamo paura per la nostra vita. Non possiamo tornare nei nostri Paesi, dove rischiamo la vita, e così non siamo messi in grado nemmeno di pensare al nostro futuro.
Vogliamo dire no alla strada senza uscita a cui porta il razzismo, vogliamo parlare con la gente, confrontarci. Sappiamo bene, perché lo abbiamo vissuto sulla nostra stessa pelle nei nostri Paesi, che la violenza genera solo altra violenza. Vogliamo anche sapere chi è che ha la responsabilità di difenderci? Il Comune di Roma, le autorità italiane, cosa stanno facendo? Speriamo che la polizia arresti e identifichi chi ci tira le bombe. Se qualcuno di noi dovesse morire, chi sarebbe il responsabile?
Non vogliamo continuare con la divisione tra italiani e stranieri. Pensiamo che gli atti violenti di questi giorni siano un attacco non a noi, ma alla comunità intera. Se il centro dove viviamo dovesse chiudere, non sarebbe un danno solo per noi, ma per l’intero senso di civiltà dell’Italia, per i diritti di tutti di poter vivere in sicurezza ed in libertà. Il quartiere è di tutti e vogliamo vivere realmente in pace con gli abitanti. Per questo motivo non vorremmo andarcene e restare tutti uniti perché da quando viviamo qui ci sentiamo come una grande famiglia che nessuno di noi vuole più perdere, dopo aver perso già tutto quello che avevamo.
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Riceviamo questa comunicazione che riteniamo interessante, per chi è a Roma
Espulsi trattenuti. Gli esiti estremi dell’immigrazione in Italia
Presentazione
del libro:
“Crimini
contro l’ospitalità. Vita
e violenza nei centri per stranieri”
24
Novembre, ore 17 – Sala della Mercede, Via della Mercede 55
Un
libro di denuncia politica e un reportage filosofico.
Un
viaggio nei CIE,
quei Centri di Identificazione ed Espulsione dove vengono trattenuti
gli immigrati irregolari in attesa del ripatrio. Un limbo invisibile
e nascosto, spesso collocato ai margini delle città, dove vengono
relegate le vittime della Fortezza Europa. Nei CIE vengono private
della libertà personale donne
e uomini che
non hanno commesso alcun reato. Esso è descritto come “campo”, e
i detenuti sono chiamati "ospiti". Eppure troppo spesso
siamo in presenza di un luogo del non diritto, dove la legge è
emanazione diretta di chi ha responsabilità di controllo in
quell'istante.
On.
Khalid Chaouki,
deputato del PD, Coordinatore intergruppo immigrazione
On.
Gennaro Migliore,
deputato PD, Presidente Commissione d’inchiesta Centri di
accoglienza
Roberto
Zaccaria,
Costituzionalista, ex presidente Rai, Presidente del Cir (Consiglio
Italiano per i Rifugiati)
Simone
Regazzoni,
docente universitario, filosofo e scrittore
Gabriella
Guido,
coordinatrice della campagna “LasciateCIEntrare”
Modera:
Iman
Sabbah,
giornalista di RaiNews
Donatella
Di Cesare è
professore ordinario di Filosofia Teoretica all’Università La
Sapienza di Roma.
Per
accreditarsi all’evento segnalare il proprio nominativo a Silvia De
Marchi silvia.demarchi@camera.it
venerdì 21 novembre 2014
Memoria storica e attualità
Associazione
per i Diritti Umani
PRESENTA
D(i)RITTI
AL CENTRO
Memoria
storica e attualità
presentazione
del saggio “LE CATACOMBE DELLA ROMANIA – Testimonianze dalle
carceri comuniste 1945 - 1964”
alla
presenza di Violeta P. Popescu, Antonio Buozzi, Mirela Tingire, Vlad
Scolari
MERCOLEDI'
26 NOVEMBRE
ore
19.00
presso
BISTRO'
DEL TEMPO RITROVATO
Via
Foppa, 4 (MM Sant'Agostino) Milano
– L’Associazione
per i Diritti Umani
presenta il nono appuntamento della serie di incontri dal titolo
“DiRITTI
AL CENTRO”,
che affronta, attraverso incontri con autori, registi ed esperti,
temi che spaziano dal lavoro, diritti delle donne in Italia e
all’estero, minori, carceri, disabilità.
In
ogni incontro l’Associazione per i Diritti Umani
attraverso
la sua vice presidente
Alessandra Montesanto,
saggista e formatrice, vuole dar voce ad uno o più esperti della
tematica trattata e, attraverso uno scambio, anche con il pubblico,
vuole dare degli spunti di riflessione sull’attualità e più in
generale sui grandi temi dei giorni nostri
L'appuntamento
è per mercoledì 26 novembre, alle ore 19.00, presso il Bistrò del
tempo ritrovato,
Via
Foppa, 4 (MM Sant'Agostino) Milano
|
|
IL
LIBRO:
“...La
Romania non ha ancora chiuso tutti i conti con il proprio passato. Il
passo successivo nel processo che impone di confrontarsi con il
passatocomunista e recuperare la memoria è quello di conoscere i
responsabili del gulag romeno. Accettare il passato comunista
significa anche chiarire i fatti che hanno condotto a un vero e
proprio genocidio di massa”.
“Per
rendere onore a tutti romeni che hanno sofferto in nome della
libertà, della dignità e della fede, durante il regime comunista
della Romania”.
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Storia
STRIPLIFE: la quotidianità a Gaza e il popolo palestinese
L'Associazione
per i Diritti Umani ha organizzato un incontro con Alberto Mussolini,
uno dei registi del documentario STRIPLIFE: per conoscere la Palestina
da dentro, per capire meglio come si vive nella Striscia di Gaza, per
conoscere le persone e le loro aspettative, in particolare quelle dei
giovani.
Un
viaggio nell'attualità, nella Storia e nella geopolitica.
Con un
intervento importante di Meri Calvelli direttamente da Gaza City e
dal centro di scambio interculturale “VIK” (dedicato a Vittorio
Arrigoni), ringraziando Monica Macchi e il Centro Asteria.
TUTTO il nostro materiale video è disponibile anche sul canale Youtube dell'Associazione per i Diritti Umani. Seguiteci anche lì...
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apprezzate il nostro lavoro e volete aiutarci, potete fare una
piccola donazione, anche di due euro: in alto a destra sulla homepage
trovate la scritta “Sostienici”. Cliccate e potrete fare la
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Potremo, così, continuare con il nostro lavoro e offrire altri approfondimenti. GRAZIE!
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vita
giovedì 20 novembre 2014
Guida psicosociale per operatori che si occupano di Minori Stranieri non Accompagnati
In
occasione della Giornata mondiale dell'infanzia e dell'adolescenza
l'Associazione per i Diritti Umani propone una settimana di
proiezioni cinematografiche presso il cinema Beltrade di Milano, in
collaborazione con il C.O.E. (Centro Orientamento Educativo) che
ringrazia.
E, di
seguito, un articolo sulla Prima
guida psicosociale per Operatori impegnati nell'accoglienza dei
Minori Stranieri Non Accompagnati.
Minori non accompagnati (MSNA): l'importanza dell'ascolto
Dobbiamo iniziare da alcuni dati statistici: il 23,1% dei minori stranieri non accompagnati registrati risulta irreperibile; dei 9.337 minori segnalati, 693 sono ragazze e bambine; di queste, 176 sono scomparse. In generale, circa un quinto dei migranti che arrivano in Italia è costituito proprio da individui al di sotto della maggiore età.
Arrivano
spesso da soli - o affidati a persone estranee - e senza un adeguato
accompagnamento pratico e psicologico, come afferma Federica
Giannotta, Responsabile Advocay e Programmi Italia di Terres des
Hommes: “Nelle strutture deputate alla primissima accoglienza di
questi ragazzi non sono previsti servizi di adeguata assistenza
psicologica e psicosociale in grado di ascoltare i bisogni più
profondi di questi minori estremamente vulnerabili...Ansia, paura,
depressione, rabbia, confusione, persino paranoia, accompagnano
questi giovani che hanno come unico obiettivo iniziare prima
possibile il progetto di vita per il quale hanno lasciato tutto. Se
non si sentono ascoltati, compresi o supportati o riscontrano una
carenza d'informazioni sui propri diritti, sono spinti alla fuga”.
Da qui nasce la Prima Guida
psicosociale per Operatori impegnati nell'accoglienza dei Minori
Stranieri Non Accompagnati, realizzata
proprio da Terres des Hommes grazie al finanziamento della
Fondazione Prosolidar e scaricabile sul sito www.terresdeshommes.it
Come
ha recentemente ricordato il Garante per l'infanzia e l'adolescenza,
Vincenzo Spadafora: “ Sappiamo tutti in che situazioni
emergenziali lavorimo spesso gli operatori impegnati con i minorenni
stranieri non accompagnati. Sappiamo quanto pesino la mancanza di un
sistema di accoglienza basato sull'interesse dei minorenni in
viaggio e la scarsità di fondi. Questa Guida è uno stimolo per
tutti noi a fare meglio”. Curatori della Guida sono Giancarlo
Rigon, psichiatra e neuropsichiatra infantile, e Federica Giannotta;
hanno collaborato anche Alessandra Ballerini, avvocato esperta in
Diritto dell'Immigrazione, Lilian Pizzi, psicologa e psicoterapeuta,
coordinatrice del progetto Faro
a
Siracusa e Zouhaira Ben Abdelkader, mediatrice culturale.
L'obiettivo
del progetto Faro è
quello di “offrire una protezione afficace ai ragazzi e alle
ragazze che fuggono da conflitti, violenza, povertà e
sfruttamento”, come afferma Vittoria Ardino, Presidente Società
Italiana per lo Studio e lo Stress Traumatico, “ Vogliamo evitare
che corrano rischi anche nel nostro Paese, per esempio
allontanandosi dai centri di accoglienza sentendosi non compresi o
trascurati”. La Dott.ssa Ardino, nella prefazione della Guida,
infine, ribadisce: “ L'approccio psicosociale, trattandosi di
minori in una situazione di emergenza complessa, permette di mettere
il bambino in sicurezza mitigando, attraverso un'accoglienza che
cura, la riattivazione di sintomi post-traumatici”.
Bambini
e ragazzi a rischio, dunque, che vanno sostenuti e aiutati nel loro
percorso di adattamento ad una situazione completamente nuova, ma
che devono anche elaborare tutto il male che hanno visto e vissuto,
pur essendo così giovani.
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mercoledì 19 novembre 2014
Looking for Kadija: l'Eritrea, il colonialismo, l'amore
Il regista Andrea Patierno, lo sceneggiatore Alessandro Caruso e il regista Francesco Raganato, con l'aiuto di Francesco Sardello, organizzatore sul posto, pianificano i provini per trovare l'attrice principale, poi sistemano i set, chiedono alle maestranze di costruire un carrello per il dolly: questo per girare Looking for Kadija, lavoro girato tra le città di Asmara e Massaua e i villaggi di Agada, Cheren, Cheru, ricostruendo una vicenda poco nota e molto avventurosa (raccontata da Vittorio Dan Segre in "La guerra privata del tenente Guillet. La resistenza italiana in Eritrea durante la seconda guerra mondiale", Corbaccio 2008). Sono giovani donne che raccontano del servizio militare civile oppure obbligatorio, di amori e di emigrazioni. Si racconta, così, un Paese fortemente militarizzato che fa molta fatica ad ottenere qualche spiraglio di democrazia. |
Il
suo documentario nasce da una storia lontana: ce la può raccontare?
La
storia che raccontiamo nel documentario nasce da lontano, sia nel
tempo che nello spazio.
Siamo
in Eritrea, colonia italiana, alla fine della seconda guerra
mondiale. Dopo la resa e la firma dell’armistizio in Europa, un
ufficiale di cavalleria italiano di stanza in Eritrea, Amedeo
Guillet, si rifiuta di consegnare il paese agli inglesi e organizza
la resistenza eritrea, di fatto diventandone il capo carismatico. Al
suo fianco Kadija, la bellissima figlia di un capotribù locale.
Dopo
oltre mezzo secolo, una troupe italiana, composta da me, dal
produttore Andrea Patierno e dallo sceneggiatore Alessandro Caruso,
giunge in Eritrea per preparare un film dedicato a questa grande
storia di amore ed eroismo.
I
casting per trovare la protagonista del film diventano l'occasione
per conoscere, attraverso le storie delle giovani aspiranti e delle
loro famiglie, la condizione e le speranze di un paese isolato dal
resto del mondo da vent'anni di dittatura militare.
Così
nasce “Looking for
Kadija”.
L'Eritrea,
come molti Paesi africani, vede molte persone emigrare verso un
futuro migliore e, spesso, però sono gli uomini a farlo. Molte
madri, mogli, sorelle restano e aspettano: avete raccolto le storie
di queste famiglie spezzate?
Inevitabilmente
intervistando le ragazze è venuta fuori la questione
dell’emigrazione, soprattutto di quella maschile. In ogni famiglia
c’è almeno un caso di emigrazione, è una situazione che tocca
davvero tutti.
L’argomento
però non è mai approfondito, è sempre accennato, velato, forse per
paura, forse per pudore, questo non lo sappiamo.
Qual
è la condizione femminile nell'Eritrea di oggi?
E’ una
domanda a cui posso rispondere solo parzialmente, poiché il nostro
film non è un’inchiesta, ma è un viaggio incentrato sulla ricerca
di una attrice.
Quello
che posso dire con certezza, perché mi si è palesato davanti agli
occhi durante i casting, è che le donne eritree hanno una fierezza
ed una dignità invidiabili. Hanno una scintilla nei loro occhi che
mette quasi soggezione, hanno voglia di fare, di emergere, di
realizzare i loro sogni, ai quali per fortuna non rinunciano. Hanno
amore fortissimo per il loro paese e per la loro cultura, un amore
sano, oltre a una enorme voglia di riscatto, una voglia reale, che si
tocca con mano.
Il
film intreccia presente e passato. Una domanda che ci sta sempre
molto a cuore è: quanto è importante la memoria storica, anche alla
luce degli avvenimenti attuali, nei naufragi nel Mediterraneo?
La
memoria storica è sempre di fondamentale importanza, non solo perché
banalmente si può imparare a non ripetere gli errori del passato, ma
soprattutto perché tutto ciò che è accaduto in passato ci dà una
chiave per leggere e interpretare (e migliorare) il presente.
Per
essere più concreti, ad un certo punto del film, un signore di
Massaua, con un italiano impeccabile, ci racconta di come gli
italiani durante gli anni del colonialismo erano arrivati in Eritrea
per rimanere, per vivere una vita magari migliore di quella che
avevano in Italia. Di conseguenza hanno costruito edifici
meravigliosi, strade efficienti, ferrovie all’avanguardia. Hanno
dotato il paese di infrastrutture da cui ancora oggi gli Eritrei
traggono beneficio.
Ci ha
raccontato sostanzialmente un esempio di una sana compenetrazione
culturale ed economica, in cui tutte e due le parti traggono
beneficio.
All’opposto,
e non dico nulla di nuovo, i naufragi del Mediterraneo in realtà
sono l’evidente risultato di una scellerata politica colonialista,
un colonialismo da saccheggio, perpetrata da molti governi
extra-africani (non è esatto dire “occidentali”) a danni delle
fragili democrazie africane (ove ce ne siano). Ma è un discorso
lungo e complicato da affrontare in poche battute.
Quando
e come è stato realizzato questo suo lavoro?
Nell’ottobre
del 2013 siamo stati in Eritrea per circa 20 giorni per fare le
riprese. Abbiamo visitato Asmara, poi Massaua e Cheren dove oltre
alla ricerca delle location per il fim che vogliamo fare abbiamo
organizzato i casting per trovare Kadija. Ci siamo spinti anche verso
la piana di Cheru, che fu il teatro della tremenda battaglia in cui
morirono molti italiani e ascari eritrei che fianco a fianco
combatterono contro gli inglesi.
Poi da
gennaio 2014 fino ad aprile c’è stato un lunghissimo lavoro di
montaggio con Alice Roffinengo, la nostra editor, e Chiara Laudani,
autrice del documentario con Alessandro Caruso.
Rai
Cinema ha creduto sin da subito al progetto e ci ha concesso il
sostegno finanziario per realizzare questo lavoro.
La
vittoria al Festival di Roma è giunta davvero inaspettata, e questo
ha messo in moto ciò che speravamo, ovvero la possibilità di
pensare davvero di realizzare finalmente un film sulla storia di
Amedeo Guillet e Kadija.
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